17 Gennaio 2022

Metano 2022: volatilità dei prezzi e interdipendenza dei mercati

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Le punte dei prezzi spot toccate a dicembre si sono di molto attenuate, ma il mercato europeo del gas rimane ancora molto fragile. I due principali fattori da cui dipenderà l’evolversi della crisi sono le condizioni metereologiche (freddo e ventosità) e i flussi di gas dalla Russia. A preoccupare restano inoltre le basse scorte. Queste incognite motivano l’elevata volatilità dei prezzi, con variazioni quotidiane anche a due cifre percentuali. Al di là dei fondamentali reali di mercato, la crisi mostra un’estrema reattività a qualsiasi pur minimo evento a livello continentale ma anche internazionale, espressione della sempre più stretta interdipendenza che corre tra i pezzi del puzzle energetico mondiale e che dovrebbe chiamare maggior coordinamento. Che purtroppo in Europa non si vede.

Nel pieno dell’inverno il mercato europeo del gas rimane ancora molto fragile anche se le punte dei prezzi spot toccate a dicembre si sono di molto attenuate nei valori quotidiani. Le curve forward hanno registrato invece un andamento crescente per la prevista maggior competizione tra gli hub europei (e l’Asia) per accaparrarsi i cargo disponibili di GNL americano.  

Fonte: Bloomberg Finance via ZeroHedge

I prezzi spot sulla piattaforma italiana PSV che avevano superato il 22 dicembre i 62 doll/Mil Btu si sono dimezzati a metà gennaio intorno ai 30 doll/Mil Btu. Prezzi comunque superiori ai 25,5 dollari su cui erano stati calcolati gli aumenti dei nostri prezzi finali del gas naturale del 41,8% dal primo dell’anno. Le riduzioni ad oggi non motivano quindi da inizio aprile, quando si ricalcoleranno i nuovi prezzi, alcuna flessione

In balia di meteo e Russia

I principali fattori da cui dipenderà l’evolversi delle cose a livello europeo sono: (a) le condizioni metereologiche (freddo e ventosità) e quindi i livelli di domanda che ha segnato sinora una consistente resilienza alla crescita dei prezzi; (b) i flussi di gas dalla Russia anche in relazione all’acuirsi delle tensioni con l’Ucraina (attraverso cui transita larga parte delle esportazioni russe).

I flussi verso l’hub austriaco di Baumgarten (via Slovacchia) da cui il gasdotto TAG veicola il metano verso Tarvisio, sono calati ai livelli più bassi degli ultimi sette anni. Quel che il 12 gennaio ha sospinto i nostri prezzi spot a livelli superiori di un terzo a quelli del benchmark olandese TTF.

Il miglioramento della temperatura (e della ventosità), i maggiori arrivi di carichi di GNL dagli Stati Uniti, minori pressioni speculative, hanno guidato il ribasso dei prezzi dai livelli record registrati alla fine dello scorso anno.

Preoccupano le basse scorte

A preoccupare restano comunque le basse scorte di metano che a inizio anno in Europa si aggiravano sul 56% della complessiva capacità di stoccaggio contro il 72% di un anno fa, per ridursi a metà gennaio addirittura sotto il 50%. Più elevate in Italia, intorno al 60%, anche se inferiori a quelle dello scorso anno.

I prezzi registrano un’elevata volatilità, con variazioni quotidiane molto spesso a due cifre percentuali dovute sia ai fondamentali reali del mercato che in misura rilevante, come vedremo, alle decisioni assunte dai diversi paesi europei sui loro sistemi energetici.

Lato offerta

Quanto ai flussi di gas dalla Russia rimane alta l’incertezza sulla loro possibile dinamica, in relazione soprattutto all’impasse sull’avvio del Nord Stream 2 (NS2), almeno fino a luglio, a causa delle condizioni poste dal regolatore tedesco a Gazprom in tema di unbundling.

Un’impasse aggravato negli ultimi giorni dall’acuirsi della crisi ucraina e dalla minaccia del Senato americano di decidere sanzioni contro il gasdotto che attraverso il Mar Baltico trasporta direttamente il metano dalla Russia in Europa occidentale attraverso la Germania.

Perché non agire per vie diplomatiche?

L’assenza di una qualsiasi azione diplomatica dell’Unione Europea o di singoli paesi europei verso Mosca portano alla conclusione che essi preferiscano sopportare l’inflazione energetica piuttosto che contrastarla per vie diplomatiche.

Si tratta di vedere se Gazprom acconsentirà ad accrescere le sue forniture agli acquirenti che già dispongono di contratti a lungo termine o che si dicono disponibili a sottoscriverne di nuovi. Quel che sarebbe di vantaggio sia per il quasi monopolista russo che per i suoi acquirenti.

Vale rammentare che a gennaio il prezzo medio del metano nei contratti a lungo termine in Europa (intorno a 1/3 dei suoi approvvigionamenti) è poco al di sopra del 9 doll/Mil. Btu contro una media di circa 30 doll/Mil. Btu di quelli spot.

L’importanza dell’interdipendenza

Aspetto cruciale della crisi che stiamo attraversando – al di là dei fondamentali reali di mercato – è la sua estrema reattività a qualsiasi pur minimo evento a livello continentale ma anche internazionale.

Una crisi che può dirsi la prima dell’era della globalizzazione ove fatti accaduti in un qualsiasi angolo del mondo – si tratti della siccità in Brasile o del grande freddo in Cina e Giappone – sono rimbalzati ovunque in tempo reale rendendo i sistemi energetici molto più instabili, imprevedibili, meno governabili, essendo esposti a variabili esogene fuori da ogni controllo.

Questa crisi ha evidenziato la sempre più stretta interdipendenza che corre tra i pezzi del puzzle energetico mondiale e, a maggior ragione, di ambiti più ristretti di mercato.

Così, la fermata – pianificata e non – di circa 13 GW nucleari in Francia (al minimo di potenza nucleare utilizzata) e la definitiva chiusura a fine 2021 di altri 4 GW nucleari in Germania si sono ripercosse sull’intero continente europeo accrescendo domanda e prezzi del metano.

L’altra faccia del market coupling che va evidenziando le sue controindicazioni.

Con 43 GW su 51 previsti operativi per tutto gennaio, il Ministero francese della transizione ecologica ha dichiarato di voler aumentare i limiti imposti nel 2019 al numero di ore in cui le tre restanti centrali a carbone sono autorizzate operare. Il resto verrà compensato da maggiori importazioni, verosimilmente con un impatto negativo sull’intensità carbonica del suo mix elettrico. Una dinamica destinata a consolidarsi nel corso dell’anno a causa dell’attesa riduzione dell’apporto nucleare per 30 miliardi di KWh.

Concreto è il rischio di nuovi strappi al rialzo…

Nel caso si verificassero nel prosieguo dell’inverno ondate di freddo e di bassa ventosità, i prezzi del metano potrebbero conoscere nuovi strappi verso l’alto.

Quel che comunque potrebbe verificarsi anche a causa di tre situazioni:

a) intensificarsi della competizione tra gli hub europei per gli acquisti di GNL americano;

b) rinfocolarsi di nuove tensioni geopolitiche tra Russia e paesi limitrofi (ad esempio con la Moldavia);

c) aumento della domanda di metano a seguito delle chiusure di centrali alimentate con altre fonti.

Come le chiusure di quelle a carbone che massicciamente dovrebbero avvenire nel prossimo futuro in Germania a seguito della decisione della nuova coalizione di governo di accelerare al 2030 il phase-out inizialmente previsto ultimarsi nel 2038. Con la conseguente necessità di costruire 20-30 GW di nuove centrali a metano.

…e che la crisi si riveli strutturale

Quel che porta a concludere che la crisi del metano rischia di essere strutturale e perdurare per anni. Per più ragioni.

Primo: la crescita della domanda in Asia per l’auspicabile riduzione del ricorso al carbone non rimpiazzabile con le sole rinnovabili.

Secondo: la conseguente necessità di aumentare la capacità estrattiva di metano (compagnie petrolifere volendo) non realizzabile in tempi brevi.

Terzo: la ridotta crescita della capacità di liquefazione a livello mondiale (specie negli Stati Uniti) almeno sino a metà decennio.

Quarto: le decisioni dei singoli paesi europei, come quelle menzionate in Francia e Germania.

Maggiore interdipendenza dovrebbe chiamare maggior coordinamento

Una loro anticipata conoscenza e coordinamento a livello europeo sarebbe oltremodo utile, come lo sarebbe stato nella gestione delle insufficienti scorte di metano.

Non sembra tuttavia che negli uffici di Bruxelles e nei loro vertici politici ve ne sia piena consapevolezza. Tutti protesi a sostenere il futuro dei loro scenari green e poco attenti a spegnere l’incendio della crisi energetica.

Né, a ben vedere, paiono averne consapevolezza gli Stati membri, che sul futuro delle tecnologie energetiche in Europa giocano una partita di realpolitik industriale per il tornaconto personale (si veda Non solo Tassonomia: la realpolitik tedesca si insidia nella riforma degli aiuti di Stato (per affossare il nucleare francese)).


Alberto Clò è direttore del trimestrale ENERGIA e RivistaEnergia.it


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Non solo Tassonomia: la realpolitik tedesca si insidia nella riforma degli aiuti di Stato (per affossare il nucleare francese), di Redazione, 13 gennaio 2022
La sindrome europea della ‘TassoNONmia’, di Carlo StagnaroStefano Verde, 10 Gennaio 2022
Nucleare e industria: i segnali dalla Francia all’Europa, di Orlando Ferrario, 27 settembre 2021
La realpolitik industriale tedesca (che determina la politica climatica europea), di Redazione, 4 Agosto 2021
La Tassonomia sta andando nella direzione sbagliata, di Ilkka Räsänen, 8 Luglio 2020

Sulla crisi gas ed energetica leggi anche:
Crisi energetica: le cause, ambientalismo irrazionale e mercato selvaggio, di Tullio FanelliAlessandro Ortis, 5 Gennaio 2022
Caro-energia ‘21-‘22: una crisi dagli effetti plastici, di Guido Bortoni, 23 Dicembre 2021
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Foto: Pixabay

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