13 Gennaio 2022

Non solo Tassonomia: la realpolitik tedesca contro il nucleare francese

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La Commissione apre al nucleare nella Tassonomia ma gli nega il regime di aiuti di Stato. Così non è per il gas, che beneficerà di entrambi. Secondo Michel Gay e Dominique Finon dietro questa doppiezza c’è senza dubbio la Germania. Una realpolitik industriale, quella tedesca, che determina la politica climatica europea, come già duramente criticato da GB Zorzoli su ENERGIA 4.20. Ma in un mercato dell’elettricità strettamente interconnesso, l’ostilità tra Francia e Germania pone un problema fondamentale per il futuro dell’Europa. Da Contrepoints.org.

Il 31 dicembre 2021, la Commissione europea ha pubblicato un documento chiamato ‘Tassonomia’ che illustra i criteri di classificazione delle tecnologie finanziabili in modo preferenziale dai fondi verdi. La Tassonomia include il nucleare e le centrali a gas (che in Francia emettono più di 400 gCO2eq/kWh), con il pretesto di facilitare la transizione energetica perché emettono meno rispetto alle centrali a carbone.

Questo documento, già trapelato da qualche giorno, il 29 dicembre è stato lanciato da Le Monde che titolava La Commission européenne s’apprête à classer le nucléaire comme énergie verte, trascurando totalmente la decisione della DG Concorrenza sugli aiuti di Stato.

Paradosso e doppiezza

Infatti, qualche giorno prima e con più discrezione, Bruxelles aveva presentato le Linee guida sugli aiuti di Stato per il clima, la protezione dell’ambiente e l’energia, il nuovo regime che autorizza i sussidi di Stato per tutte le tecnologie a bassa emissione di carbonio che contribuiscono alla transizione energetica.

L’energia nucleare, che non emette CO2, è stata esclusa da queste Linee guida per il raggiungimento degli obiettivi climatici in UE al 2030 e 2050. Sorprendentemente e illogicamente, però, le centrali a gas sono state incluse.

Negli ultimi mesi, l’attenzione dei paesi favorevoli al nucleare si è concentrata sul fatto che venisse incluso nella Tassonomia contrastando l’influenza della Germania, che era riuscita a farlo escludere dalla prima bozza alla fine del 2019.

Nel frattempo, la DG Concorrenza stava architettando da sola, senza aprire una reale consultazione con i governi, la riforma delle Linee guida sugli aiuti di Stato per il clima, che finora riguardavano solo le energie rinnovabili. Queste regolano, in via generale, il sistema delle tariffe associate al meccanismo degli obblighi di acquisto e i contratti che garantiscono una remunerazione di lungo termine per i produttori di elettricità a basso tenore di carbonio (in particolare i ‘contratti per differenza’).

Una differenza non da poco

Anche se sottile e tecnica, c’è una grande differenza tra il regime degli aiuti di Stato (che si applica al clima e all’energia) e la Tassonomia.

La Tassonomia riguarda il finanziamento di progetti con fondi verdi e a tassi ridotti da parte delle banche, mentre le Linee guida riguardano gli aiuti di Stato e i ‘contratti per differenza’, particolarmente rilevanti per il nucleare.

Secondo le nuove Linee guida, i contratti per i progetti di costruzione di centrali nucleari possono essere autorizzati solo caso per caso, il che porta a processi di negoziazione macchinosi, scadenze più lunghe e alti costi aggiuntivi.

La posta in gioco nascosta è quindi considerevole.

Aiuti di Stato rifiutati per l’energia nucleare…

In realtà, la questione della copertura da parte del regime degli aiuti di Stato è molto più importante di quella dell’inclusione nella Tassonomia, perché il finanziamento della costruzione delle centrali nucleari rappresenta una parte significativa dell’investimento iniziale e si riflette sul costo dell’elettricità prodotta.

Con i contratti di garanzia di remunerazione dello Stato (che Bruxelles vuole impedire per il nucleare) questo finanziamento potrebbe essere fatto prendendo in prestito a un costo ridotto di circa il 5%, invece dell’8-10%, il che abbasserebbe il costo di produzione dell’elettricità fino al 40%.

Idealmente, il nucleare dovrebbe essere coperto sia dal regime di aiuti di Stato che integrato nella Tassonomia. Un progetto nucleare inquadrato in un ‘contratto per differenza’ consentirebbe di accedere più facilmente a un finanziamento ‘sostenibile’.

… ma più facili per il gas

La DG Concorrenza scrive anche che “tutto ciò che mina le ambizioni climatiche non può più essere riconosciuto nel regime degli aiuti di Stato”. Tuttavia, non esita a dichiarare che al gas naturale sarà applicata una clausola speciale affinché “gli Stati membri con il PIL più basso possano passare dal carbone al gas”.

Questo includerebbe paesi dell’UE come Polonia, Bulgaria e Romania, che sono ancora fortemente dipendenti dal carbone per la produzione di elettricità e che stanno pianificando di investire in progetti di gas per sostituirlo.

Ma la transizione energetica di questi Paesi gioverebbe maggiormente di una misura favorevole al finanziamento del nucleare, giacché hanno ambizioni in questo campo proprio per decarbonizzare la generazione elettrica.

Una manovra della Germania?

La doppiezza della Commissione europea, presieduta da Ursula Von der Leyen, è del tutto evidente. Da un lato, finge di aver tenuto conto degli interessi dei dieci paesi che vogliono perseguire l’opzione nucleare con l’apertura della Tassonomia e, dall’altro, rifiuta al nucleare il regime di aiuti di Stato, il che equivale ad ucciderlo.

Sorprendentemente, questo documento sugli aiuti di Stato non giustifica mai l’esclusione del nucleare, mentre è preciso sulle motivazioni per cui include una vasta gamma di tecnologie sostenibili.

Dietro tutte queste incongruenze, senza dubbio, c’è la Germania. Questa misura la avvantaggerebbe infatti sul gas, necessario per compensare le carenze di una transizione energetica nazionale basata sui capricci delle turbine eoliche e sui pannelli solari. Cerca così di imporre la propria politica antinucleare agli altri Stati membri senza tener conto dei relativi interessi.

E così, l’Europa della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA) e l’Europa dell’Energia Atomica (Euratom) hanno cessato di esistere.

Oggi, i maggiori Stati membri UE, che una volta erano il motore dell’Europa, divergono sulle scelte relative al mix elettrico: il più potente (la Germania) cerca di ostacolare l’opzione nucleare del secondo (la Francia), e di dettare la linea in materia di rinnovabili elettriche, favorendo l’eolico e il fotovoltaico.

In un mercato dell’elettricità strettamente interconnesso, questa situazione ‘ostile’ pone un problema fondamentale per il futuro dell’Europa.

La Francia dovrebbe accontentarsi di soffrire come uno Stato vassallo?

La decisione sulle Linee guida dovrà essere confermata dopo la deliberazione della Commissione. Ma la definizione di questo regime, così come le decisioni da prendere, dipendono ora solo dalla Commissione, mentre gli Stati membri non hanno più voce in capitolo!

Di fronte alla volontà della Commissione europea di affossare il nucleare sotto la pressione tedesca, è urgente che la Francia reagisca. Potrebbe approfittare della sua presidenza UE dal 1° gennaio 2022 per rafforzare la coalizione di dieci paesi europei che difendono il nucleare (Bulgaria, Croazia, Finlandia, Francia, Ungheria, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia e Repubblica Ceca), a cui potrebbe aggiungersi l’Olanda, il cui governo sta cercando di riaprire l’opzione nucleare.

Questo ritorno della Francia all’Europa dell’energia potrebbe in parte compensare la passività e la cecità dei suoi alti funzionari per anticipare la sfida della riforma del regime degli aiuti di Stato e facilitare la continuità negli investimenti nucleari in Francia e in Europa.


L’articolo di Michel Gay e Dominique Finon è stato pubblicato su Contrepoints.org il 4 gennaio 2022 con il titolo L’Union européenne veut saborder le nucléaire en Europe

Michel Gay è membro della Société française d’énergie nucléaire (SFEN)
Dominique Finon è Senior Research Fellow in Economics of the French National Center of Scientific Research (CNRS)

La traduzione è a cura della Redazione


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