Classificabili come gas rinnovabili, biogas e biometano hanno coperto nel 2020 poco meno del 5% dei consumi di combustibili gassosi europei ed hanno ampie prospettive di crescita sospinte dalla transizione ecologica. Ma cosa sono e come si ottengono? Quali destinazioni d’uso hanno? Qual è lo stato della produzione in Italia e in Europa?
Biogas e biometano vengono classificati come gas rinnovabili, una categoria che, sebbene ancora non codificata in maniera chiara e univoca, comprende quei combustibili prodotti da una materia prima a sua volta rinnovabile e in grado di ridurre le emissioni di gas climalteranti del ciclo di vita di almeno il 70% dopo la combustione rispetto al gas naturale o a un equivalente combustibile fossile.
La categoria “gas rinnovabili” è quindi più ampia dei soli biogas e biometano e comprende, ad esempio, anche l’idrogeno verde. Un’altra categoria ancora più ampia è quella dei “low carbon gases” che andrebbe a comprendere l’idrogeno blu e il gas naturale con cattura e stoccaggio della CO2. Ma in questa sede ci concentreremo sui due “bio”, cominciando col descrivere cosa sono e come si ottengono.
La digestione anaerobica di biomasse consente di utilizzare il metano che altrimenti verrebbe rilasciato in atmosfera
Il biogas è una miscela di gas (prevalentemente metano, poi anidride carbonica e azoto) prodotti dalla digestione anaerobica di biomasse – quali scarti agro-forestali, colture dedicate, liquami zootecnici, scarti della lavorazione agroindustriale, rifiuti organici urbani – ad opera di batteri detti metanigeni.
Tale processo consente di utilizzare il metano che altrimenti verrebbe rilasciato in atmosfera con un risparmio evidente in termini di emissioni. La percentuale di metano presente nel biogas varia da un minimo del 50% fino ad un massimo dell’80% a seconda del tipo di biomassa utilizzata e delle condizioni di processo.
Il biometano è un upgrade del biogas, che consente la sua immissione nella rete gas senza necessità di modifiche agli impianti
Il biometano è invece il risultato della raffinazione e purificazione del biogas. Un upgrading che avviene tramite rimozione di acqua, CO2, contaminanti come silossani, anidride solforosa e ammoniaca, al fine di renderlo impiegabile nella rete e dalle utenze del gas naturale senza la necessità di apportare modifiche agli impianti.
Dove e come vengono impiegati? Mentre il biogas viene generalmente utilizzato in loco, soprattutto per produrre elettricità o calore, il biometano (che presenta una percentuale di metano superiore al 95%) può essere potenzialmente impiegato, insieme alle fonti fossili, sia nell’autotrazione che per soddisfare gli usi domestici e industriali. Nella sua forma liquefatta – il cosiddetto bioGNL – può inoltre essere utilizzato come biocarburante per i mezzi pesanti e navali.
Quanto ne viene prodotto e consumato? A livello europeo, nel 2020 solo il 4,6% dei consumi di combustibili gassosi è stato coperto da biogas e biometano, la cui produzione cumulata si è attestata a circa 18 mld mc.
Quasi 19.000 gli impianti a biogas in Europa (2.000 in Italia): sono triplicati in 10 anni, ma la crescita si è andata appiattendo nel tempo
Tra il 2009 e la fine del 2019 il numero di impianti di biogas è triplicato passando da 6.300 a quasi 19.000, distribuiti principalmente fra Germania, Italia, Francia, Regno Unito (dati European Biogas Association). Tuttavia, se nei primi anni la crescita è stata a doppia cifra, una situazione di sostanziale stabilità ha caratterizzato il periodo successivo: negli ultimi 4 anni l’output di biogas è stato pressappoco costante e nell’intorno di 160 TWh (circa 15 mld mc).
Poco più di 2/3 della materia prima utilizzata per produrre biogas deriva dall’agricoltura, mentre la restante parte proviene da liquami e rifiuti organici. Quanto alla destinazione finale, il 57% del biogas è utilizzato per la produzione di energia elettrica, il 12% per la produzione di calore, il 29% per gli usi diretti (agricoltura, industria e residenziale), il 2% per i trasporti dopo l’upgrading in biometano.
Il 57% del biogas in Europa è utilizzato per la produzione di elettricità, altri usi sono calore e trasporti
L’Italia oggi può contare su circa 2.000 impianti (rispetto ai 150 del 2007) e una produzione di circa 2,5 mld mc, il che rende il nostro paese secondo produttore di biogas in Europa e quarto al mondo. A livello regionale, gli impianti si concentrano nel territorio della Pianura Padana, con una percentuale consistente anche in Puglia e Veneto, interessando complessivamente quasi 1.300 Comuni. Viene prodotto per il 65% da scarti agricoli, il restante da effluenti zootecnici (20%), FORSU (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano, 2%) e fanghi di depurazione derivanti dal processo di trattamento delle acque reflue (3%).
Mediamente il 10% di biogas prodotto in Europa viene convertito in biometano e immesso in rete. Nel 2020, la produzione di biometano è stata pari a 32 TWh, in aumento del 25% rispetto al 2019 e di oltre 5 volte quella del 2011. Il comparto ha registrato una spinta propulsiva soprattutto a partire dal 2016, in concomitanza con la crescente maturità delle tecnologie e dell’industria del biogas e con l’implementazione di politiche pubbliche a supporto, tanto a livello comunitario che nazionale.
Poco più di 1.000 gli impianti a biometano in Europa, in netta crescita sul 2020
L’ultima mappa rilasciata da European Biogas Association e Gas Infrastructure Europe (ottobre 2021) indica in 1.023 il numero di unità operative di biometano. In netta crescita rispetto alle 729 individuate lo scorso anno e sono distribuite in una ventina di paesi.
Con 242 impianti e un output di circa 1,04 mld mc, la Germania è il principale produttore a livello europeo (il dato sulla produzione è relativo al 2020 mentre quello degli impianti a ottobre 2021). Seguono la Danimarca che, nonostante il basso numero di impianti (51), produce 380 mil. mc e la Francia che, pur avendo il maggior numero di strutture (337), genera 200 mil mc. Le differenze tra output e numero di impianti si spiega in ragione della taglia dei biodigestori, che differisce in maniera significativa nei vari paesi.
Anche la quota di biometano sul totale del gas consumato è differente tra i paesi, non raggiungendo in alcuni casi nemmeno l’1% (Italia e Spagna) o superandolo di poco (Francia e Germania). In altri, invece, va oltre il 10% (Danimarca e Svezia).
La Francia ha il più alto numero di impianti biometano, ma è la Germania il principale produttore europeo; e l’Italia?
In Italia la produzione di biometano è stata di circa 100 ml mc nel 2020. Gli impianti allacciati alla rete di trasporto erano 54 a fine 2021 (ultimi dati Snam) per una capacità totale di 479 mil. di mc l’anno (+34% sul 2020). Sono invece 50 gli allacciamenti in corso di realizzazione per una capacità annua di 300 mil mc.
Questi dati ci restituiscono il quadro di un settore che, pur in dimensioni ancora molto modeste, sembra presentare una maggiore maturità tecnologico/industriale e una potenzialità di crescita con minori incognite rispetto ad altre fonti rinnovabili come l’idrogeno verde con cui condividono la medesima categoria di “gas rinnovabile”.
Da qui muove l’interesse dei policy makers e delle istituzioni comunitarie nei confronti di queste fonti sia per il contribuito che possono fornire al raggiungimento degli ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione che per le ricadute positive in termini di economia circolare per il settore agricolo e zootecnico, per l’industria agroalimentare, per il trattamento dei fanghi di depurazione e dei rifiuti organici urbani.
Agata Gugliotta è analista di politiche energetiche, collabora con Rie-Ricerche Industriali ed Energetiche
Gian Paolo Repetto è economista dei mercati energetici, collabora con Rie-Ricerche Industriali ed Energetiche
Il post riprende contenuti di un’analisi più approfondita degli autori pubblicata sulla Newsletter del GME di gennaio 2022
Su biogas e biometano leggi anche:
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Foto: Unsplash
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