10 Febbraio 2022

Il nucleare è accettato laddove è forte il consenso locale

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In un momento di particolare ritorno del dibattito sul nucleare – tra tassonomia, phase out, piani di rilancio, entrata in funzione di nuove centrali, notizie sul fronte fusione – proponiamo un’analisi di Fabio Pistella sulla sua accettabilità sociale: principale ostacolo alla sua diffusione, soprattutto nei paesi democratici. Il sostegno al nucleare varia da paese a paese; i più propensi ad accettarlo sono quelli in cui è forte il consenso tra i cittadini dove sono localizzati gli impianti. Da ENERGIA 3.21.

La tecnologia nucleare è potenzialmente in grado di fornire un prezioso contributo al raggiungimento dell’obiettivo net zero carbon e quindi al processo di mitigazione del cambiamento climatico. Una fonte che, al pari di altre, dovrebbe essere presa in considerazione, in ragione della limitata produzione di rifiuti residuali del processo, della sua disponibilità, scalabilità e flessibilità e in nome del principio di neutralità tecnologica.

Tuttavia, diverse ragioni concorrono a rendere questa tecnologia la più discussa nel panorama energetico. Basta vedere l’acceso confronto che ha accompagnato l’inserimento del nucleare nella Tassonomia europea degli investimenti verdi. Confronto che ha spaccato l’Europa in favorevoli e contrari, sia a livello di opinione pubblica che di Stati. Questi ultimi, in particolare, guidati dalla Francia e, pur con posizioni a tratti mutevoli, dalla Germania.

Scontentando praticamente tutti, la Commissione europea ha infine optato per il suo inserimento, in ragione, così si è espresso a marzo 2021 il Joint Research Centre, dell’assenza di prove scientifiche atte a dimostrare una maggiore dannosità per la salute umana o l’ambiente rispetto ad altre tecnologie di produzione di elettricità (il cosiddetto principio do not significant harm).

Non solo Tassonomia, anche il regime di Aiuti di Stato è cruciale per l’adozione del nucleare

A ben vedere lo scontro non si è limitato a un confronto sulle ragioni climatiche o di sicurezza, ma si è sviluppato in maniera meno evidente – ma altrettanto se non più rilevante come evidenziato da Michel Gay e Dominique Finon – sul terreno della realpolitik industriale tra i due principali paesi membri dell’Unione Europea andando oltre l’ambito della Tassonomia per sfociare in quello delle Linee guida sugli aiuti di Stato per il clima, la protezione dell’ambiente e l’energia. Un duplice binario passato per lo più inosservato e che, di fatto, rende più difficile valutare se quella sul nucleare possa ritenersi una vittoria dei suoi sostenitori o, al contrario, dei suoi oppositori.

Un’analisi dal punto di vista giuridico della decisione della Commissione di escludere il nucleare dal regime di Aiuti di Stato verrà proposta nel prossimo numero di ENERGIA in uscita a marzo a firma dell’avv. Lorenzo Parola (Herbert Smith Freehills).

Delle principali tematiche del dibattito sul nucleare ha trattato ampiamente Fabio Pistella (Consigliere di Amministrazione ENR) nel suo articolo La fissione nucleare come risposta all’emergenza climatica pubblicato su ENERGIA 3.21.

“L’opinione pubblica, i media e i vertici politici focalizzano preva­lentemente la loro attenzione su tre fattori percepiti come decisivi per lo sviluppo del nucleare: co­sto, sicurezza e ambiente. Analisti e decisori più consapevoli tengono conto di altri importanti elementi: l’accettazione sociale e il rischio di proliferazione nucleare. L’anali­si di quanto accaduto negli ultimi decenni mostra che sono molto si­gnificativi anche altri tre elementi, sui quali è opportuno concentrare l’attenzione, aventi rispettivamente carattere economico finanziario, socio-politico (politica interna) e geopolitico (politica internaziona­le). Un quadro organico delle que­stioni da affrontare per quanto ri­guarda gli Stati Uniti è esposto in un recentissimo studio curato da The Heritage Foundation(26). Nel seguito sono esposte brevi conside­razioni su ciascuno di questi fatto­ri”.

Quando si parla di nucleare viene prima il pregiudizio che la razionalità

Riproponiamo il paragrafo relativo all’accettabilità sociale (par. 2.1.)

“Da un’estesa indagine svolta nel 2008 dall’Unione Europea nel contesto Eurobarometro e riportata dall’IAEA risulta che un’ampia maggioranza dell’opinione pubblica europea condivide il parere che l’energia nucleare sia vantaggiosa perché consente ai paesi dell’UE di diversificare le proprie fonti energia (64%) e di ridurre la dipendenza dal petrolio e perché emette minori quantità di gas serra rispetto, per esempio, al petrolio e al carbone (62%).

Il livello di sostegno al nucleare varia fortemente tra i partecipanti all’indagine a seconda del paese. È evidente, comunque, che i cittadini dei paesi che hanno impianti nucleari in funzione sono molto più orientati a sostenere l’energia nucleare dei cittadini degli altri paesi.

Il sostegno al nucleare varia da paese a paese; i più propensi ad accettarlo sono quelli in cui è forte il consenso tra i cittadini dove sono localizzati gli impianti

Un’approfondita analisi dei risultati dell’Eurobarometro, arricchita da altre considerazioni, è stata svolta dall’ENEA nel 2010 (28). Premesso che ai fini delle nuove localizzazioni non è tanto significativo il livello di consenso generico nel paese quanto piuttosto quello nell’area dove la localizzazione è prevista, la parte più interessante dello studio ENEA è quella relativa alle raccomandazioni sui processi decisionali.

Uno studio, di prossima pubblicazione sulla rivista «Energy» (29), svolto sul campo da ricercatori cinesi con il supporto di analisi di psicologia applicata (secondo il modello denominato convinzione-percezione-atteggiamento) suggerisce quali argomentazioni siano più convincenti per indurre l’accettazione del nucleare da parte della pubblica opinione: mentre è poco efficace una strategia di comunicazione mirata a rappresentare e a far percepire gli interessi della popolazione coinvolta (per esempio opportunità occupazionali o incentivi) è molto più efficace un approccio basato sull’enfasi dei risvolti negativi sull’ambiente e sulla disponibilità di energia dovuta alla mancata realizzazione di impianti nucleari. Sarebbe bene tener conto di queste indicazioni nei futuri procedimenti di localizzazione di impianti.”

Serve un approccio che contempli il costo della mancata realizzazione degli impianti nucleari

Serve quindi guidare l’opinione pubblica, specie quella locale e maggiormente interessata dalla costruzione di una nuova potenziale centrale nucleare, con chiarezza e trasparenza di informazioni, per far sì che l’accettazione sia volontaria e non subita.

Un tema di estrema attualità anche in Europa, che vede contestualmente: la Germania chiudere, anzitempo per volontà politica, le ultime centrali rimaste in funzione entro il 2022; la Francia pronta a lanciare un nuovo ambizioso piano nucleare che dovrebbe prevedere la costruzione di 6 centrali entro il 2050; la Finlandia entrare in funzione – dopo anni di ritardi e costi lievitati enormemente – la centrale nucleare più potente e avanzata d’Europa (Olkiluoto 3), fatto che nonostante che ha contribuito a spingere il supporto popolare verso questa tecnologia ai massimi degli ultimi 3 decenni (il 50% degli intervistati in un sondaggio ritiene che il paese dovrebbe espandere ulteriormente la sua capacità nucleare).

Il dibattito sul nucleare sta ricevendo inoltre un’ulteriore spinta dai recenti risultati che si stanno ottenendo nel campo della tanto agognata fusione. Dopo quella di settembre che vedeva protagonista Eni e “il primo test al mondo per «confinare» il plasma”, è di questi giorni la notizia che fisici e ingegneri di EUROfusion hanno ottenuto quantità di energia record da reazioni di fusione: “59 megajoules di energia, un risultato pienamente in linea con le previsioni teoriche e che conferma le motivazioni alla base del progetto ITER per garantire energia sicura, sostenibile e a bassa emissione di CO2”.

Di fusione nucleare tratteremo nel prossimo numero di ENERGIA in uscita a marzo con un articolo di Bruno Coppi del Massachusetts Institute of Technology.


Il post presenta l’articolo di Fabio Pistella La fissione nucleare come risposta all’emergenza climatica (pp. 18-25) pubblicato su ENERGIA 3.21.

Fabio Pistella è Consigliere di Amministrazione di ENR, Ente Nazionale di Ricerca e promozione per la standardizzazione


Sul nucleare leggi anche:
Non solo Tassonomia: la realpolitik tedesca contro il nucleare francese, di Redazione, 13 Gennaio 2022
La sindrome europea della ‘TassoNONmia’ di Carlo Stagnaro, Stefano Verde, 10 gennaio 2022
Nucleare e industria: i segnali dalla Francia all’Europa, di Orlando Ferrario, 27 settembre 2021
Pistella: Nucleare, emblema delle contraddizioni nella lotta ai cambiamenti climatici, di Redazione, 9 Settembre 2021
La (ciclica) corsa all’uranio, di Giovanni Brussato, 28 Luglio 2021
Fukushima 2011: cronache dal passato, di Redazione, 11 Marzo 2021
Scorie radioattive: una situazione non degna di un paese civile, di Alberto Clò, 11 Gennaio 2021
La discussione sul nucleare non è affatto chiusa, anzi… di Chicco Testa, 28 ottobre 2020
Rinascimento nucleare di Ettore Ruberti, 4 Novembre 2020
Intervista a Carlo Rubbia: tra nucleare e fossili a 0 emissioni, di Redazione, 26 Ottobre 2020
Nucleare tra clima e geopolitica/1, di Alberto Clò, 21 Ottobre 2020
A scanso di equivoci, di Sergio Carrà, 22 Luglio 2019


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Foto: Unsplash

1 Commento
maualberti 

Sulla Finlandia, dall’articolo linkato (https://yle.fi/news/3-12272789):
“…..
However nuclear remained less popular than many other forms of energy, including solar power, which 87 percent said should be used more. That was followed by wind power (81 percent), hydroelectric (52 percent) and wood and other biofuel (52 percent).
…..”


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