7 Febbraio 2022

Zinco: tra sviluppo economico e transizione energetica

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Eolico, fotovoltaico, accumulo elettrochimico, la domanda di zinco è destinata a crescere trainata dalla transizione energetica, ma anche per il ruolo che ricopre per lo sviluppo delle economie emergenti e il rilancio economico post-pandemico di quelle avanzate. Una crescita esponenziale che comporterà una sostenuta crescita nel tempo dei costi di produzione, ma anche delle emissioni climalteranti legate alla sua estrazione.

Lo zinco è il quarto metallo più utilizzato al mondo dopo ferro, alluminio e rame e costituisce una parte importante delle nostre infrastrutture, grazie soprattutto al suo ruolo nella protezione dell’acciaio: dagli edifici ai ponti in acciaio.

L’importanza che questo metallo riveste nello sviluppo economico di una società consente di relazionarne l’impiego alla crescita del PIL. Quel che normalmente si verifica è un costante aumento della domanda, in linea con una società che si sta sviluppando economicamente costruendo infrastrutture a cui, successivamente, segue una progressiva riduzione grazie al riciclo e all’economia circolare consentiti dallo stock pro capite e dalla tecnologia.

Un metallo chiave per lo sviluppo infrastrutturale…

Una dinamica che è destinata ad interessare anche le economie cosiddette emergenti e ciò comporta una prospettiva di crescita sostenuta della domanda di zinco.

Correlazione tra PIL e consumo di alcuni metalli di base (sinistra)
Fonte: Sverdrup et al, On the long-term sustainability of copper, zinc and lead supply, using a system dynamics model, Resources, Conservation & Recycling: X
Andamento storico dello stock in uso (destra)
Fonte: zinc.org

…e per la transizione energetica

Ma l’importanza dello zinco è destinata a crescere ulteriormente per il ruolo che riveste anche nella corsa verso un mondo a basse emissioni di carbonio.

Cruciale è, ad esempio, per l’eolico offshore, settore previsto in grande crescita. Un rivestimento di lega di zinco è necessario infatti per proteggere le turbine dal potere corrosivo dell’acqua di mare e da condizioni meteorologiche estreme.

Domanda di zinco per il settore eolico offshore

Pur prevedendone un uso meno intensivo, anche gli impianti fotovoltaici richiedono l’utilizzo di strutture di montaggio zincate, soprattutto se di scala industriale e a terra (attualmente, circa il 70% della capacità fotovoltaica installata a livello globale).

Domanda di zinco per il settore fotovoltaico

Anche nel settore dell’accumulo di energia, pur rimanendo dominante la tecnologia agli ioni di litio, le proprietà elettrochimiche dello zinco stanno cominciando ad essere commercialmente valide e l’aumento della domanda potrebbe consentire alle tecnologie delle batterie allo zinco la possibilità di acquisire quote di mercato.

Domanda complessiva di zinco nel settore delle energie rinnovabili

Oltre allo sviluppo inerziale nelle economie avanzate, a quello crescente nelle economie emergenti e all’impiego nella transizione energetica, a sostenere la domanda di zinco concorreranno nei prossimi anni anche i pacchetti di spesa per le infrastrutture che i paesi avanzati hanno previsto per il rilancio delle loro economie dopo la pandemia.

Domanda e prezzi in ascesa, ma anche emissioni

Tutto ciò fa sì che la prospettiva di crescita della domanda di zinco non sia lineare ma esponenziale. Quel che comporterà, da una parte, una sostenuta crescita nel tempo dei costi di produzione; dall’altra, un esponenziale aumento delle emissioni climalteranti legate alla sua estrazione fintanto che l’attività mineraria continua a fare affidamento sui combustibili fossili.

Sul fronte dei costi bisogna considerare qualche dato. Nel 2020 l’estrazione primaria è stata di circa 12 milioni di tonnellate – circa il 33% in Cina, con Perù e Australia a seguire (10% ciascuno) – e da anni non si registrano grandi scoperte di zinco. Quel che porta a stimare una crescente importanza del riciclo, con conseguente impatto sui costi.

Estrazione primaria di zinco

L’attuale tasso di riciclo, inteso come la percentuale che concorre a fornire la produzione secondaria, si attesta su un modesto 15%, a causa dei molti utilizzi dissipativi, che lo rendono non facilmente recuperabile e del fatto che il 60% dello zinco prodotto è stimato essere ancora in uso.

A bassi tenori del minerale corrispondono costi energetici sempre maggiori

Altra ragione di preoccupazione è il legame energetico tra estrazione e raffinazione e gli elevati costi dell’energia: il costo energetico del processo produttivo è strettamente connesso alla qualità del minerale che viene trattato, cioè dal suo tenore (come abbiamo avuto modo di vedere anche per il rame).

Per meglio quantificare, si consideri che assumendo un prezzo dell’elettricità come quello degli USA nel 2020 (111 doll./MWh), il costo dell’energia per un minerale con un tenore del 6,5% è di circa 1.570 doll./tonn. che diventa 2.855 se il tenore del minerale è di 0,24%. (Nel grafico si ipotizza che tutta l’energia utilizzata abbia lo stesso prezzo dell’elettricità: un assunto peggiorativo ma che permette di avere una uniformità nei calcoli).

Correlazione tra tenore e costi energetici
Fonte: Magdalena ed al., Mining energy consumption as a function of ore grade decline: the case of lead and zinc, Journal of Sustainable Mining

A questi costi, vanno poi aggiunti quelli riguardanti l’esercizio e la manutenzione, gli investimenti, le royalties e la marginalità che nel complesso sommano altri 1.285 dollari per tonnellata.

Alti prezzi elettrici bloccano la produzione europea di zinco

Questo dato spiega bene la difficoltà di operare con un PUN stabilmente superiore ai 200 €/MWh, com’è attualmente in Europa.

Non è un caso se il mese scorso Glencore ha annunciato che metterà lo stabilimento di solfuro di zinco di Portovesme in cura e manutenzione ” a causa degli alti prezzi dell’energia in Italia e nel resto d’Europa” e che analoga sorte stia interessando la fonderia Auby in Francia di proprietà di Nyrstar.

Secondo un’analisi di Macquarie Group anche se il prezzo dello zinco LME salisse a 4.000 dollari per tonnellata, una fonderia di zinco europea avrebbe bisogno di un prezzo dell’energia di pareggio di 157 dollari per MWh, che è ancora ben al di sotto dei prezzi attuali mentre sempre più concrete sono le prospettive che i prezzi del gas possano restare “higher for longer”, con conseguente impatto sui prezzi elettrici.

Una situazione che aumenta la dipendenza dell’Unione Europea dai minerali per la transizione energetica anche sul fronte dello zinco (la chiusura di questi due impianti porta in deficit la supply europea dello zinco di 260.000 tonn.) con la conseguente necessità di bussare alle porte del Dragone cinese anche per queste forniture (si citano, tra gli altri, il manganese e le terre rare).   

Ma più dei costi e della dipendenza, a preoccupare dovrebbe essere l’esponenziale aumento delle emissioni climalteranti legate all’estrazione di zinco.

Quanto carbon budget ci resta?

Come visto, al calare del tenore del minerale è necessario un maggiore impiego di energia, e fintanto che l’attività mineraria continua a fare affidamento sui combustibili fossili l’impatto in termini emissivi non può che essere negativo.

Le dinamiche dello zinco offrono in sostanza un’ulteriore conferma di ciò che da tempo sosteniamo e temiamo. Ovvero che, spinta dalla transizione energetica, l’industria mineraria si riveli paradossalmente al primo posto tra i settori economici che contribuiscono maggiormente al cambiamento climatico.

“Investire in infrastrutture rinnovabili in un’economia alimentata da un’energia fossile sempre più carbon intensive significa inevitabilmente alzare il livello di emissioni nel breve periodo col rischio di sforare il carbon budget prima del 2050” (da “Cannibalismo energetico” ed “effetto Regina Rossa”: scacco matto alla decarbonizzazione? di Michele Manfroni).


Giovanni Brussato è ingegnere minerario e autore del volume Energia verde? Prepariamoci a scavare, ed. Montaonda


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Foto: Pixabay

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