Le grandi strutture amministrative che sostengono la ricerca scientifica e tecnologica e l’insorgere di interessi di grandi gruppi sono stati un rilevante ostacolo sulla strada della fusione nucleare. Su ENERGIA 1.22, Bruno Coppi (Massachusetts Institute of Technology) ne ricostruisce l’evoluzione per arrivare all’opportunità “di riaccendere le luci sulle ricerche in fisica del plasma e fusione nucleare in Italia”. Essenziale coinvolgere la comunità scientifica attiva a livello internazionale, soprattutto per valutare lo stato della ricerca e le prospettive di sviluppo.
Su ENERGIA 1.22, Bruno Coppi (Massachusetts Institute of Technology) da rilievo alla molteplicità delle reazioni nucleari e dei sistemi necessari per produrre energia in modo sostenibile, nel breve e lungo termine, e pone l’attenzione su quello che ritiene “un rilevante ostacolo allo sviluppo di reattori avanzati, come quelli basati sulla fusione nucleare”, ovvero “l’evoluzione delle grandi strutture amministrative cresciute nel Dopoguerra per sostenere la ricerca scientifica e tecnologica” che si sono scostate gradualmente dai valori per cui erano state fondate.
“Questa evoluzione, rivelatasi paralizzante, e l’insorgere di interessi di grandi gruppi hanno portato a rimandare la dimostrazione della fattibilità di un reattore a fusione in grado di accendersi al di là del prevedibile, nonostante le acquisite conoscenze di base necessarie a procedere”.
I governi dei principali paesi dovrebbero costituirsi in un gruppo di respiro mondiale
Prima di prendere in esame il caso della fusione nucleare (par.1), le luci ed ombre in Italia (par.2) e le opportunità (par.3), l’Autore lancia un appello per “coinvolgere la comunità scientifica attiva a livello internazionale, soprattutto per valutare lo stato della ricerca e le prospettive di sviluppo” e che riproponiamo in versione integrale.
“Nella comunità scientifica attiva da tempo è stato sollevato il problema di promuovere un impegno globale a realizzare sorgenti di energia sostenibile e adatte a molteplici necessità. Ora questo problema, intrinsecamente collegato a quello del cambiamento climatico, è giunto all’attenzione del pubblico con molto ritardo rispetto a bisogni, attualmente ben percepiti, quali quello di non frenare la crescita economica di grandi paesi o di permettere un dovuto sviluppo a paesi intenti ad emergere da un tradizionale stato di povertà.
In questo contesto, il ricorso a soluzioni innovative basate su energia prodotta da reazioni nucleari è stato visto come una prospettiva realistica. È diventato pertanto necessario dirimere alcuni punti. In particolare, i governi dei principali paesi in grado di introdurre rilevanti tecnologie per la produzione di energia e renderle accessibili a livello globale dovrebbero costituirsi in un gruppo di respiro mondiale e con prospettive adeguate alla complessità del problema.
Lo sfruttamento dell’energia nucleare si trova ancora a uno stato d’infanzia
La comunità scientifica attiva, che è internazionale per natura, dovrebbe mobilitarsi a sostegno di ciò, come ha fatto nel caso di altri problemi quali la riduzione delle armi nucleari, la difesa dei diritti umani o quella contro la diffusione di pandemie. Nel caso dell’energia nucleare è da tener presente che, se paragonata all’energia prodotta da reazioni chimiche, il suo sfruttamento si trova ancora a uno stato d’infanzia: ha avuto inizio con applicazioni militari che hanno sconvolto il mondo, seguite da applicazioni industriali affrettate che, fra l’altro, non hanno tenuto conto a sufficienza dello spettro di reazioni che possono essere sfruttate nelle diverse circostanze, aprendo nuove prospettive.
Una difficoltà che ha frenato il progresso nell’introdurre innovazioni in questo campo è che, nel corso degli anni (quasi 80) trascorsi da quando è stato acceso il primo reattore nucleare, sono sorti fattori imprevisti che, spesso anche in modo inconsapevole, hanno agito da freno, quali gli interessi di grandi burocrazie, nate in diversi continenti per gestire la ricerca a partire dalla Seconda Guerra Mondiale, e di gruppi industriali privati e di Stato preoccupati di mantenere uno stretto controllo nel campo delle ricerche di base, delle tecnologie sviluppate e della distribuzione di energia.
Forme di comunicazione diretta fra la comunità scientifica attiva e organi di governo (Awareness Panel)
Anche per questo è il caso di pensare a forme di comunicazione diretta fra la comunità scientifica attiva nelle Università, in particolare, e organi di governo, per i quali un contributo tempestivo di questa comunità può diventare necessario. Un compito non facile, in quanto chi si dedica alla ricerca, cosciente delle limitazioni di quello che ritiene di conoscere, può essere paralizzato dalle difficoltà di esprimere le incertezze con le quali le sue opinioni si sono formate e di vedere accettate conclusioni che, provenendo da prospettive non convenzionali, hanno una forte probabilità di non essere accettate.
Un’iniziativa che può essere proposta per l’Italia è quella istituire un «Awareness Panel», che dovrebbe avere una funzione puramente ricognitiva e di studio, in grado di poter seguire con la necessaria competenza sviluppi nel campo dell’energia nucleare nel mondo. I membri del «Panel» dovrebbero essere scelti al livello internazionale con il criterio di avere dato concreti contributi a tecnologie e ricerche riguardanti sorgenti innovative di energia. Tale iniziativa potrebbe partire rapidamente con il sostegno di una fondazione privata.
Non meno importante è la creazione di un’entità amministrativa in grado di emettere speditamente (con autorizzata urgenza) contratti a gruppi industriali ed enti di Stato per studi, prove ed esperimenti attinenti a fonti di energia sostenibili”.
Incapacità di comprendere il modus operandi della comunità scientifica attiva e grandi interessi non hanno aiutato a dare una giusta prospettiva sullo stato della fusione nucleare
Nel successivo paragrafo (Il caso della fusione nucleare), Bruno Coppi affronta le “molte incomprensioni, alcune delle quali non hanno giovato allo sviluppo delle ricerche che il raggiungimento dell’obiettivo tuttora richiede e hanno portato ad inculcare nell’opinione pubblica alcune convinzioni con base più ideologica che scientifica” fattibilità scientifica di un reattore a fusione; tempi di realizzazione; i costi delle ricerche; che vi sia una sola reazione di fusione da poter sfruttare.
In seguito (Luci ed ombre in Italia) l’Autore descrive gli eventi che hanno visto il nostro Paese sia protagonista che perdente nel campo della fusione e nelle conclusioni presenta le Opportunità che “di riaccendere le luci sulle ricerche in fisica del plasma e fusione nucleare in Italia, unificando i talenti e le risorse disponibili attorno alla linea riconosciuta come vincente degli esperimenti in grado di poter provare la fattibilità di reattori avanzati, portando a compimento la filiera aperta con i programmi Alcator, Frascati Torus e Ignitor”.
Il post presenta l’articolo di Bruno Coppi Energia sostenibile, comunità scientifica e fusione nucleare (pp. 56-60) pubblicato su ENERGIA 1.22.
Bruno Coppi, è professore al Massachusetts Institute of Technology dal 1968, ricercatore in fisica teorica del plasma, fusione, fisica dello spazio e padre dei programmi Alcator, Frascati Torus e Ignitor
Foto: Eurofusion
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