3 Marzo 2022

Guerra ucraina: come cambia il quadro macroeconomico europeo

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Energia, scambi commerciali, mercati finanziari, fiducia/aspettative, flussi di profughi, sono molteplici i canali attraverso cui la guerra incide sulle economie molteplici. Sebbene sia difficile dire come cambia il quadro macroeconomico dopo l’invasione, è senz’altro chiaro il segno del suo impatto: negativo. Pubblichiamo il post-scriptum integrale che Sergio De Nardis (Luiss School of European Political Economy) ha aggiunto al suo articolo in pubblicazione su ENERGIA 1.22 “Scenario macroeconomico 2022-2023”.

Dopo la chiusura dell’articolo (15 febbraio, NdR), la crisi ucraina è precipitata il 24 febbraio con l’invasione delle truppe russe e lo scoppio di un conflitto bellico che coinvolge, pur se non con un impegno militare, le economie occidentali e in particolare europee. I paesi della Nato hanno reagito con forti sanzioni economico-finanziarie nei confronti della Russia e la fornitura di assistenza finanziaria e di armamenti a favore dell’Ucraina. Il clima globale è drasticamente peggiorato, portando rapidamente in secondo piano anche la crisi pandemica.

Allo stato attuale (2 marzo), è difficile dire come cambia il quadro dopo l’invasione, rimanendo ancora indefinita l’evoluzione che prenderanno molte variabili-chiave che condizionano lo scenario. I canali attraverso cui la guerra incide sulle economie sono molteplici: energia, scambi commerciali, mercati finanziari, fiducia/aspettative, flussi di profughi. E su ciascuno di essi influiscono la durata della crisi, l’esito politico-militare che ne scaturirà, gli effetti di ritorno delle sanzioni. Tutti elementi avvolti dalla massima incertezza.

Sono state, tuttavia, avanzate dagli analisti prime stime, in particolare per l’Europa, che risulta più direttamente coinvolta dagli effetti del conflitto. Secondo queste valutazioni il tasso di crescita dell’area euro nel 2022 si abbasserebbe, rispetto alle ipotesi precedenti la guerra, in una forchetta di 0,3-1 punto percentuale, a seconda della piega degli eventi.

Le prime stime indicano in una forchetta 0,3%-1% il calo del tasso di crescita dell’area euro nel 2022 rispetto alle ipotesi precedenti la guerra

A causa della maggiore esposizione al gas russo, si può ritenere che la revisione all’ingiù per l’Italia (e la Germania) sarebbe maggiore, pur se non di molto. Applicando tali correzioni allo scenario prebellico, la crescita europea (e italiana) si riduce al 3,7-3% quest’anno; si avrebbe poi una scrematura anche nel 2023.

Queste stime si basano sull’ipotesi che il conflitto impatti essenzialmente tra il primo e il secondo trimestre, con un azzeramento, nella peggiore delle ipotesi, del rimbalzo post-ondata Covid che era atteso per la primavera.

Occorre, inoltre, tenere conto che le valutazioni preliminari sono a politiche invariate. È, però, da ritenere che la crisi bellica apra rinnovati spazi a politiche fiscali di sostegno a famiglie e imprese e porti la Banca Centrale Europea – avverandosi lo scenario peggiore – a ritardare il processo di attenuazione dello stimolo monetario e, soprattutto, il rialzo dei tassi verso cui stava progressivamente orientandosi.

L’incertezza è comunque grande e la forchetta degli scenari potrebbe allargarsi verso il basso

L’incertezza è comunque grande e la forchetta degli scenari potrebbe allargarsi verso il basso. Uno dei maggiori punti interrogativi riguarda il comportamento dei consumatori. Finora la frenata della spesa delle famiglie a fronte dell’erosione di potere d’acquisto è stata contenuta dalla possibilità di attingere ai risparmi in eccesso accantonati negli ultimi due anni. Questi consentono di smussare la dinamica dei consumi nell’attesa che i rincari – e quindi l’indebolimento del reddito disponibile reale – siano di breve durata.

Con la guerra la prospettiva muta. I risparmi non sono più così sicuri risentendo della volatilità dei mercati, mentre le aspettative si spostano su un’inflazione più elevata e per un più lungo periodo. Lo stop ai consumi potrebbe essere quindi più brusco di quello supposto dai previsori.

Il quadro peggiorerebbe ulteriormente se la crisi energetica si estendesse alla fornitura di gas per contraccolpi delle sanzioni adottate dai paesi occidentali o per decisione della Russia. Si avrebbe in tal caso uno shock di offerta simile a quello petrolifero dei primi anni 1970, con impatti recessivi più forti in Germania e Italia.

Il quadro peggiorerebbe ulteriormente se la crisi energetica si estendesse alla fornitura di gas

Le politiche europee potrebbero in tal caso intervenire più massicciamente ed essere dosate in proporzione dei danni subiti dai paesi – ad esempio con una nuova facility che non dovrebbe tuttavia gravare sul debito – ma non potrebbero fornire il gas che viene a mancare. Questo andrebbe sostituito con forniture alternative e con la riattivazione delle centrali a carbone. La compensazione però non potrebbe che essere parziale rispetto al fabbisogno che viene soddisfatto dal gas russo.

Tale scelta obbligata porterebbe, al contempo, a danni ambientali di cui si deve pur tenere conto. In virtù del trascinamento ereditato dal forte rimbalzo del 2021, un calo del PIL per uno-due trimestri non si evidenzierebbe nel dato medio annuo europeo e italiano che potrebbe continuare a essere positivo.

Nondimeno la recessione ci sarebbe e per l’Italia sarebbe la quarta in un quindicennio. Ne risulterebbero fortemente limitate le possibilità di crescita del 2023. Nella situazione attuale, dunque, il range degli scenari possibili è più ampio di quanto dicano le prime stime degli osservatori e il peso in termini di probabilità da attribuire a ciascuno di essi varia di giorno in giorno.


Il post è il post-scriptum di Sergio De Nardis al suo articolo Scenario macroeconomico 2022-2023 in pubblicazione su ENERGIA 1.22.

Sergio De Nardis, Luiss School of European Political Economy

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Sulla guerra ucraina leggi anche:
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Non solo gas: la Russia e i metalli per la transizione energetica, di Giovanni Brussato, 28 Febbraio 2022

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Foto: Pixabay


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