Alberto Clô presenta i contenuti di ENERGIA 1.22. In fondo al testo è possibile scaricare il pdf dell’intera presentazione.
Crisi metano: higher for longer
Il trimestre scorso offre numerosi argomenti su cui riflettere. Nessuno di segno positivo: la recrudescenza della pandemia; il perdurare della Grande Crisi energetica; il suo aggravarsi per l’acuirsi della tensione tra Russia e Ucraina; l’ulteriore aumento dei prezzi del petrolio prossimo ormai ai 100 dollari al barile; la forte crescita dei costi delle rinnovabili; il continuo aumento del carbon price. Fattori che hanno contribuito al rallentamento della ripresa economica, dovuto anche, come illustra Sergio De Nardis, alle strozzature nella logistica e nei flussi di approvvigionamento delle catene del valore. A questi fattori negativi si contrapporranno tuttavia, a suo avviso, «fattori di espansione» tali da far prolungare la ripresa pur se a ritmi inferiori dopo il balzo dello scorso anno. (…) Nel loro saggio su questo numero, Gian Paolo Repetto e Giovanni Goldoni ripercorrono puntualmente le vicende del mercato internazionale del gas naturale nell’ultimo biennio alla luce delle modifiche intervenute nella struttura del mercato europeo; nella dinamica della domanda e dei flussi di approvvigionamento; nei criteri di fissazione dei prezzi finali sempre più ancorati ai volatili valori spot. Le considerazioni finali evidenziano i gravi limiti dell’azione di Bruxelles con l’amara conclusione che «si rischia di trovarsi frequentemente in situazioni di scarsità di offerta di una fonte che nel lungo termine si vorrebbe abbandonare, ma che risulta ancora non sostituibile per un tempo indeterminato».
Crepe nella narrazione sulla transizione energetica
(…) Una transizione ove il nuovo non è in grado di sostituire armonicamente il vecchio non può che creare «punti di rottura» nei mercati. Fino a quando la Germania continuerà a dirigere, nel suo precipuo interesse, l’Unione verso l’ecologismo radicale, i prezzi continueranno ad aumentare. Esattamente il contrario di quel che volevano i padri fondatori dell’Unione. La Grande Crisi dovrebbe aver reso evidente che il metano resta essenziale; che per disporne bisogna, bisognerebbe, riprendere gli investimenti minerari; che ridurre la transizione energetica entro le strette mura di solare ed eolico non può che portare a marginali riduzioni delle emissioni di gas serra. Per molte ragioni, ma sempre più per l’opposizione sociale alle rinnovabili riconducibile al loro temuto impatto ambientale. Quasi una legge del contrappasso. (…) Ed è quello che va accadendo, come attesta l’articolo di Dominique Finon, da cui emerge come l’eolico su terraferma conosca ormai in quasi tutti i paesi europei una situazione di stallo per il diffondersi di opposizioni sempre più agguerrite e organizzate. (…)
Oltre le Conferenze delle Parti
Le grandi aspettative alimentate per il duplice appuntamento del G20 di fine ottobre 2021 a Roma e della COP26 di Glasgow di inizio novembre non hanno trovato riscontro, checché se ne dica, nella pochezza dei loro risultati, al di là di quelli mediatici. (…) Merita allora riflettere se la responsabilità del poco che si è ottenuto (…) sia da addebitarsi all’oggettiva complessità della transizione energetica; alla difficoltà a individuare punti di convergenza tra i distanti e divergenti interessi delle parti; ovvero alla stessa configurazione organizzativa e alla governance delle Conferenze delle Parti, ove l’eccessivo numero di partecipanti ha contribuito a rendere impossibile la condivisione all’unanimità del testo finale, mentre l’impedimento anche solo a partecipare agli interessi costituiti, quali le industrie degli idrocarburi e nucleare, le rendeva sostanzialmente vuote di contenuto. Così che il vero scontro sul «che fare» avviene all’esterno e non all’interno delle COP. Nel mio articolo propongo di affiancarvi «tavoli tecnici» su specifiche tematiche in cui coinvolgere tutti i principali stakeholder con l’impegno di individuare soluzioni e tempi per loro vincolanti per abbattere le emissioni. Soluzioni da sottoporre poi alle COP per una loro ratifica. Proposta condivisa da G.B. Zorzoli, col suggerimento (…) che debba costituirsi un tavolo tecnico tra grandi investitori istituzionali. Zorzoli rammenta infine come questo tavolo già esiste in nuce: il Portfolio Alignment Team (…). L’inefficacia delle COP dovrebbe, ad avviso di Di Giulio, portare a preferire un «G20 del clima», opportunamente adattato, con un indebolimento della condivisione delle decisioni, ma con un aumento della sua efficacia nell’accelerazione del processo di decarbonizzazione, grazie al molto ridotto numero di partecipanti.
La sudditanza energetica di Bruxelles da Berlino
I limiti delle rinnovabili imporrebbero di non opporsi alle altre tecnologie low-carbon, tra cui il nucleare, a prescindere dal fatto che l’elettrificazione dei consumi non sta affatto procedendo (20) come pure si continua a sostenere (21). (…) Dopo mesi di scontri – riflesso della profonda diversità di interessi tra i paesi europei (27) – la Commissione ha infatti incluso nella Tassonomia europea nominalmente il nucleare vietando tuttavia, come analizza Lorenzo Parola, di concedergli aiuti di Stato secondo le Linee Guida emanate il 21 dicembre 2021 in una Comunicazione della Commissione. (…) Vuoi perché fonte nettamente più low-carbon di altre, vuoi per ragioni di «sicurezza energetica», il nucleare è tornato al centro del dibattito, con gran scorno degli ambientalisti. Dopo averne trattato dal lato della fissione nucleare (29), lo affrontiamo in questo numero da quello della fusione con un contributo del grande fisico italiano naturalizzato statunitense Bruno Coppi, professore al MIT dalla fine degli anni 1960, che lancia un appello alla comunità scientifica, «internazionale per natura», a mobilitarsi a sostegno della ricerca. Secondo Coppi, padre del progetto IGNITOR, lo sviluppo di reattori avanzati, come quelli basati sulla fusione nucleare, è stato ostacolato «dall’evoluzione delle grandi strutture amministrative cresciute nel Dopoguerra per sostenere la ricerca scientifica e tecnologica, scostatesi gradualmente dai valori per cui erano state fondate». (…) Fabio Pistella, pur non ritenendo lo sviluppo della fusione compatibile con il raggiungimento dell’obiettivo della neutralità carbonica entro la metà del secolo (al contrario della fissione), ne ripercorre le principali tappe e lo stato degli esperimenti, caldeggiando la ripresa del progetto IGNITOR nel nostro Paese, cruciale in quanto complementare a ITER; evidenziando l’importanza della ricerca sulla fusione; presentando le diverse analogie con il campo aerospaziale.
I nodi da sciogliere e le scelte da fare
Le proposte della politica su come contrastare la Grande Crisi, declassata dai media a mero «caro bollette», appaiono di scarsa efficacia, se si esclude il ricorso alle casse dello Stato attraverso interventi governativi, con un impatto sulla domanda energetica e sulla spesa complessiva delle famiglie italiane, di cui Ivan Faiella e Luciano Lavecchia forniscono una prima stima. La gatta frettolosa fa i gattini ciechi, specie se si hanno confuse idee sulle cause della crisi. Conoscere per deliberare dovrebbe essere la precondizione per conseguire risultati positivi. Tre le scelte in cui la conoscenza è imprescindibile. La prima è sul sistema di fissazione dei prezzi del metano e dell’elettricità. Del primo trattano, come detto, Repetto e Goldoni, mentre nell’elettricità il dibattito, sviluppato su «RivistaEnergia.it» (31), si è concentrato sull’opportunità di mantenere l’attuale «system marginal price» o passare al cosiddetto «pay-as-cleared» o «pay-as-bid». Un passaggio che secondo Alberto Pototschnig e Pippo Ranci «non avrebbe, con tutta probabilità, l’effetto sperato in termini di riduzione della remunerazione complessiva delle offerte di vendita accettate per la copertura della domanda, mentre avrebbe un impatto certamente negativo sull’efficienza e sulla concorrenza nel settore della produzione di energia elettrica». Altro tema di grande importanza su cui incombono scelte cruciali è quello della mobilità: vuoi per il possibile impatto nella riduzione delle emissioni, vuoi per la grave crisi che attanaglia l’industria automobilistica. L’articolo di Giuseppina Fusco, tratto da uno studio della Fondazione Caracciolo, mette in chiara evidenza tre punti: (a) la grande importanza, ma insieme complessità, della transizione alla mobilità sostenibile centrata sul passaggio all’auto elettrica; (b) che la criticità maggiore nella lotta alle emissioni nocive è legata all’età media di un parco in cui oltre il 20% dei veicoli ha più di 20 anni e oltre il 60% ne ha più di 10; (c) che alla base di ogni decisione dovrebbe esservi una corretta metodologia nella comparazione tra mere emissioni allo scarico e quelle ascrivibili all’intero ciclo di vita delle auto. Solo decisioni ponderate possono sortire esiti positivi; altrimenti si rischia di peggiorare la situazione. Quel che similmente sarebbe richiesto in una terza urgente scelta: la definizione entro il 2025 di un regolamento esecutivo che indichi i criteri con cui procedere alla riforma della distribuzione elettrica secondo il Decreto Bersani del 1999 sulla liberalizzazione del mercato elettrico. Sono passati oltre venti anni e ne residuano meno di tre per rispettare l’agenda dei tempi. Sulla governance della rete di distribuzione elettrica, «Energia» riprende il confronto di idee e proposte tra diversi autori avviato nel 2021 (32) con un contributo di Marcello Clarich, che analizza le procedure di gara per l’assegnazione delle concessioni relative al servizio di distribuzione di energia elettrica sulla base dell’esperienza maturata in altri ambiti. Ponendosi al termine del suo contributo l’interrogativo: «se a oltre trent’anni (…) sia necessario un intervento legislativo che fornisca un quadro di regole più completo per il riassetto del settore della distribuzione elettrica, anche in funzione dell’avvio delle procedure competitive per il rilascio delle concessioni, per tener conto di tutti i fattori tecnologici e di mercato intervenuti». È sperabile che avvicinandosi la data del 2025 si avvii «un’attenta riflessione da parte di tutti gli attori istituzionali – a iniziare, aggiungiamo noi, dall’Autorità di regolazione – che dovrebbe essere avviata per tempo, eventualmente anche nella forma di una consultazione pubblica propedeutica all’elaborazione di un testo normativo».
Il futuro tra pandemia, Grande Crisi, sogni di gloria
L’uscita pur parziale dalla crisi pandemica e la forte ripresa della nostra economia ha sciolto l’illusione che la riduzione dei consumi e delle emissioni nel 2020 fosse strutturale. Quel che avrebbe facilitato l’avverarsi dei sogni di gloria del Green Deal e del conseguente Fit for 55 che richiederebbe, secondo la puntuale analisi di Francesco Gracceva, «rotture radicali dei trend storici di tutte le principali macro variabili». Le cose nel 2021 hanno sciolto le facili illusioni. Stando alle prime stime per l’Italia, i consumi primari di energia nel 2021 sono infatti aumentati di oltre l’8%, così recuperando circa l’80% dei consumi «persi» nel 2020. E con i consumi sono rimbalzate anche le emissioni di CO2, in misura anche leggermente superiore.
PS: mentre mandavamo in stampa questo numero di «Energia», all’alba del 24 febbraio le truppe russe invadevano l’Ucraina. Ne trattiamo nell’Editoriale scritto dal Direttore.
Bologna, 22 febbraio 2022
a.c.
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