Non vi è dubbio che un eventuale embargo ridurrebbe di molto i ricavi della Russia, ma i contraccolpi sull’Europa non sarebbero di poco conto. Come ogni sanzione, l’embargo rischia di trascinare con sé chi l’ha adottata. Ed è pertanto una decisione da valutare con grande cautela.
Ormai esaurita l’onda dei virologi, è subentrata quella non meno vasta degli energetici: esperti in energia, pronti a dar risposte certe e determinate a qualsiasi quesito. Avendo poco tempo per documentarsi, data la loro presenza in TV quasi a rete unificate, si espongono però a brutte figure come quell’‘esperto’ che ha avanzato la geniale idea di acquistare sì il gas russo, ma poi non pagarlo!
È pur vero che gli errori dei virologi potevano pagarsi cari, ma anche quelli degli energetici non sono di poco conto se si pensa a quanto siamo ostaggi delle forniture russe di gas ma anche di petrolio e derivati. In Italia un’abitazione su sei è riscaldata con gas russo, che alimenta anche una lampadina su otto.
1 abitazione su 6 e 1 lampadina su 8
Tra le proposte avanzate, inizialmente dal presidente americano Joe Biden e dal premier inglese Boris Johnson, vi è quella di decretare un embargo dal petrolio e derivati dalla Russia che contribuisce per il 25% delle importazioni europee. Proposta che finirebbe per costituire un ulteriore fattore di tensione del mercato petrolifero internazionale esacerbando la situazione già critica dei prodotti. Non vi è dubbio che un eventuale embargo ridurrebbe di molto i ricavi della Russia, ma i contraccolpi sull’Europa non sarebbero di poco conto.
Non solo per il quantitativo di greggio che dovremmo rimpiazzare con altri greggi, ma anche per la specificità dei prodotti importati, specie il diesel, che contribuisce per larga parte delle disponibilità europee. Rimpiazzarlo sarebbe ancor più difficile.
Quanto al greggio, il punto cruciale è che non vi è sostanzialmente capacità alternativa inutilizzata, intorno ai 2 mil. bbl/g, quasi interamente localizzata in Arabia Saudita, che ha confermato la sua vicinanza alla Russia di Vladimir Putin non esprimendo alcuna condanna per l’invasione dell’Ucraina.
Il diavolo è nei dettagli: i prodotti raffinati, specie diesel
Buona parte delle esportazioni petrolifere della Russia – stimate prima della guerra in 8,3 mil. bbl/g, di cui 5,5 di greggio e 2,8 di prodotti per metà destinati all’Europa – potrebbe essere dirottata verso l’Asia, dove la recrudescenza del Covid-19 sta avendo un effetto negativo sulla domanda (–1,0 mil. bbl/g), essendo così costretta a vendere a sconto (sino a 35 doll/bbl) a trader riluttanti ad acquistare merce che ritengono ‘tossica’ per il rischio di incorrere in sanzioni.
In Russia la produzione di greggio sta crollando; a inizio aprile di 1,1 mil, bbl/g a 9,8 mil.bbl/g, mentre per il secondo trimestre Energy Intelligence stima un’ulteriore caduta a 8,7 mil. bbl/g rispetto ai 10 del primo trimestre.
La minor produzione di greggio si riverbera sull’attività delle raffinerie e sulla loro disponibilità di prodotti per il mercato interno e quello estero. Dall’inizio delle ostilità la loro lavorazione è diminuita del 16% a 4,9 mil. bbl/g: la più bassa da 12 anni in qua.
In Russia la produzione di greggio sta crollando con riverberi sull’attività delle raffinerie e sulla disponibilità di prodotti
Aspettative di una minor domanda mondiale rispetto a quanto atteso – anche se per Energy Intelligence nell’intero 2022 dovrebbe crescere di 2,6 mil. bbl/g a 100,1 mil. bbl/g – e rischi di una minor offerta sono alla base dell’estrema volatilità dei prezzi che da inizio marzo hanno registrato uno yo-yo compreso tra -13,2 % e +8,8%.
A questa volatilità concorrono anche gli annunci o decisioni dei governi. Così, la proposta di Biden di voler congelare le importazioni petrolifere dalla Russia, pur minimali, ha prodotto uno strappo verso l’alto dei prezzi, mentre il parere contrario del cancelliere tedesco Scholz ha avuto un effetto ribassista.
Il rischio di un’impennata dei prezzi nel caso di un embargo petrolifero comunque esiste ed è elevato. Una prospettiva che sarebbe disastrosa per l’economia mondiale ed europea in particolare. Quel che dovrebbe far riflettere su una decisione che, come le sanzioni, finirebbe per ritorcersi contro chi le decide.
Gli annunci su quel che si intende fare, e spesso non si fa, sono deleteri, meglio sarebbe decidere e comunicarlo successivamente
Quel che può anche dirsi per il carbone, che ha registrato un balzo dei prezzi a due cifre percentuali appena a Bruxelles si è paventata l’idea di bloccarne l’importazione dalla Russia da cui l’Europa acquistava il 55% delle sue importazioni.
Gli annunci su quel che si intende fare, e spesso non si fa, sono deleteri. Meglio sarebbe decidere e comunicarlo successivamente. Così, la balenata prospettiva di un aumento delle importazioni in Europa di LNG per sostituire il gas russo – come, ad esempio, promesso dal presidente Biden nella misura di 15 miliardi di metri cubi entro l’anno e 30 entro il 2030 – ha portato ad un’esplosione del 75% dei prezzi richiesti dal 2023 rispetto a quelli dello scorso anno. Un gap domanda-offerta che prefigura un decennio di scarsità e di crescita dei prezzi.
Prospettiva di cui per nulla si tiene conto nelle improvvisate proposte di Bruxelles né tantomeno nelle promesse dei potenziali esportatori.
Alberto Clô è direttore della rivista Energia e del blog RivistaEnergia.it
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