14 Aprile 2022

Diplomazia energetica italiana/3: l’accordo UE-USA, le premesse

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Dopo Algeria, Libia e Azerbaijan, è il turno degli Stati Uniti, dove c’è meno diplomazia dell’Italia ma molta dell’Europa. Una doppia dimensione, quella nazionale ed europea, che tuttavia non va trascurata se vogliamo scongiurare che il “populismo energetico” diventi il protagonista della prossima campagna elettorale.

Il conflitto fra Ucraina e Russia continua a minacciare la sicurezza energetica italiana ed europea. A 7 settimane dall’inizio dell’invasione, l’offensiva dell’esercito di Mosca ha cambiato identità ed obiettivi. Abbandonata la presa della capitale Kiev, il ritiro delle truppe russe ha svelato la carneficina di Bucha. Il focus ora è rinsaldare le posizioni acquisite nel Sud e avanzare decisamente nell’Est, puntando ad accerchiare le posizioni ucraine che resistono nel Donbass e in alcuni centri nevralgici come Kharkiv, Mykolaiv, Izyum, Slovyansk e ciò che resta della città portuale di Mariupol.

I consumi di gas in Italia a marzo, nonostante i prezzi record del PSV day-ahead più che raddoppiati da febbraio, sono aumentati del 13% su base annuale nel settore della generazione elettrica. Avviandoci nella primavera senza il supporto di una parte consistente dell’output nucleare francese e temperature in media più basse, il consumo rimarrà robusto.

Liberarsi dal gas russo in tempi brevi, un obiettivo sempre più arduo

Se ci troviamo a pieno titolo nella stagione di re-iniezione degli stoccaggi europei, il clima più freddo ha portato la prima settimana di aprile al verificarsi dello spread annuale più ampio nella domanda di gas nel nostro continente. Questo ha forzato i paesi ad attingere nuovamente ai propri stoccaggi, ostacolando il raggiungimento del già oneroso e assai complicato obiettivo dell’80% entro il 1° di novembre.

Fonte: TSOs e ICIS

Da contraltare, a confermare l’entità della nostra interdipendenza con il gas russo, nel mese di marzo si è assistito ad un potenziamento dei flussi provenienti da Ucraina e Bielorussia-Polonia. A marzo, l’export di gas da parte di Gazprom verso i paesi non appartenenti all’ex-URSS è stato di  15,3 mld mc, un significativo incremento di poco meno del 30% rispetto il mese precedente e ai massimi da 7 mesi a questa parte.

Secondo il ministero delle finanze di Mosca, in aprile i ricavi dalla vendita di idrocarburi sono destinati ad incrementare di più di 8 miliardi di euro mentre nel 2022 il Cremlino incamererà la cifra record di 321 miliardi di dollari dall’export, oltre il 30% in più rispetto il 2021.

Fonte: S&P Global Platts

Nonostante i proclami sgangherati della politica nostrana, l’opzione di un’interruzione unilaterale del gas, sia da parte della Russia che dell’Europa, appare sempre più controversa. Mentre i ricavi alle stelle dall’export di gas rimangono per Gazprom e le casse del Cremlino un piatto troppo ghiotto per rinunciarci, anche i Verdi tedeschi, ora al governo ma da sempre contrari all’interdipendenza russo-tedesca basata sugli idrocarburi, rimangono saldamente contrari ad uno stop delle importazioni di gas. Lo stesso stop determinerebbe una recessione immediata per l’economia tedesca, e va da sé per l’Italia.

Nonostante proclami sgangherati, l’interruzione unilaterale del gas appare sempre più controversa

A Roma, la parola d’ordine rimane sì allo stop, ma solo se tutta l’Europa lo vuole. Il catenaccio all’italiana è prontamente servito. Nel gran vociare sotto la volta del Pantheon, l’incontro fra il Presidente del Consiglio Draghi e il Primo Ministro olandese Rutte, incentrato completamente sul gas e la possibilità di introdurre un price cap in Europa, si è concluso con un nulla di fatto.

Mentre Rutte ha sottolineato la “grande frustrazione” nel dover continuare gli acquisti di gas russo e finanziare il conflitto, Draghi ha affermato che “pagare questi prezzi completamente diversi dai prezzi del gas mondiale” equivale a finanziare la guerra. A quali prezzi il Presidente del Consiglio si riferisse non è dato sapere, visti i record senza precedenti a livello globale di tutti i principali hub.

Fonte: Global LNG Hub

In questo contesto complesso e molto dinamico si inserisce l’accordo per una nuova partnership energetica strategica siglato fra Commissione Europea e Stati Uniti. L’intesa prevede l’arrivo copioso di GNL americano nel nostro continente a sostituire parte delle importazioni russe già entro l’anno. Per realizzare la partnership, una nuova Task Force è stata costituita con personale di entrambe le amministrazioni.

A dirla tutta, quali precise funzioni dovrà svolgere la nuova piattaforma rimane piuttosto indecifrabile, vista l’impossibilità per la stessa Casa Bianca di indirizzare le vendite delle compagnie verso specifici mercati. Oltretutto, al momento le relazioni fra i produttori di shale oil & gas americani e Washington è ai minimi storici, complicando qualsiasi coordinamento strategico.

Nelle intenzioni dei firmatari, la nuova partnership energetica fra UE e USA dovrebbe garantire entro la fine del 2022 almeno 15 mld mc di GNL, pari a circa 1/10 del gas russo acquistato dall’Europa nel 2021. Il linguaggio dell’accordo lascia però libera interpretazione rispetto la quantità del gas promesso da Washington.

Record assoluto delle esportazioni di GNL americano nel nostro continente

La dichiarazione congiunta specifica che gli Stati Uniti forniranno “volumi aggiuntivi di GNL per il mercato europeo di almeno 15 mld mc nel 2022 con attesi incrementi in futuro” ma non fornisce un riferimento temporale o volumetrico di paragone visto che i volumi importati nel 2021 non vengono esplicitati. Il punto è problematico: grazie ai prezzi stratosferici e uno spread positivo fra il TTF europeo e il JKM asiatico, nei soli primi tre mesi del 2022 circa 14 mld mc di GNL americano sono sbarcati negli hub europei, più del 60% rispetto all’intero 2021 e poco meno dei volumi concordati nel trattato UE-USA. Questi volumi rappresentano infatti un record assoluto delle esportazioni di GNL americano nel nostro continente, surclassando qualsiasi altro competitor.

Tenendo in considerazione l’opzione più ottimista, dai 22,7 mld mc del 2021 si dovrebbe passare a 37,7 mld mc nel 2022, ovvero un roboante +66% su base annua. In linea generale, il gas proveniente dagli Stati Uniti andrebbe a compensare meno di 1/3 delle necessarie forniture previste dal piano REPowerEU entro il 2022.

(1) le esportazioni USA in Europa sono calcolate sull’esportazione di gas del 2021 e aggiungendo le proposte dell’accordo fra Commissione UE e USA.
(2) Consumo e importazioni di gas in UE per il 2022 sono calcolate sulle previsioni da parte IEA di una riduzione del 6% della domanda di gas in Europa nel corso dell’anno rispetto il 2021. Le stime potrebbero essere riviste a) al rialzo nel caso in cui i consumi si mantenessero ai livelli attuali per via di una congiuntura che vede alti prezzi del carbone, limitata capacità della flotta nucleare europea e di nuova immissione di energia da fonti rinnovabili, o b) al ribasso nel caso di un’estate fredda e un autunno mite, un ulteriore innalzamento dei prezzi del gas, mettendolo fuori mercato e minori turbolenze a livello internazionale.

Fonte: Elaborazione dell’Autore su dati AIE e Eurostat

Guardando all’accordo con un orizzonte lontano, la capacità di export di GNL americano dovrebbe toccare i 50 mld mc entro il 2030 e mantenersi tale a dispetto di qualsiasi prezzo. L’obiettivo più immediato pare invece più facilmente raggiungibile.

Entro la fine dell’anno due nuovi terminal, Sabine Pass e Calcasieu Pass, aggiungeranno circa 19 mld mc di GNL sul mercato. Questo renderà il Paese il maggiore esportatore al mondo di GNL, sopravanzando Australia e Qatar. Proprio gli Stati Uniti e il Qatar, insieme alla Russia, hanno costituito nel 2021 oltre il 70% delle importazioni totali di GNL in Europa.

Secondo quanto riportato dalla stessa EIA, gli Stati Uniti si avviano entro il 2033 a esportare globalmente circa 166 mld mc annui di GNL, aggiungendone 65 ai livelli del 2021. Washington mira chiaramente a guidare il mercato mondiale nei prossimi decenni, guadagnando da ciò importanti dividendi in termini geopolitici.

E ora qualche considerazione sull’accordo UE-USA.

[Seconda parte: le considerazioni]

Foto: PxHere

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