La definizione di un prezzo del carbonio è lo strumento di politica climatica più importante di cui disponiamo. Ma è sufficiente, da solo, a sostenere la rivoluzione tecnologia alla base della transizione energetica? Per Ignazio Musu, il carbon price è prezioso ma non può fare miracoli. Ripercorriamo le ragioni con un paragrafo estratto dall’articolo pubblicato su ENERGIA 4.21.
“Il punto che spesso gli economisti sottovalutano è che un prezzo del carbonio, per quanto possa essere utile e necessario, non è tuttavia sufficiente ad affrontare la rivoluzione tecnologica richiesta per liberare le economie dal dominio dell’energia fondata sui combustibili fossili”.
É quanto afferma il Professor Ignazio Musu dell’Università Ca’ Foscari di Venezia nel suo articolo Basta un prezzo del carbonio? Problemi aperti nell’economia del cambiamento climatico pubblicato su ENERGIA 4.21, nel quale approfondisce il tema del carbon price come strumento di incentivazione della transizione energetica. Riportiamo di seguito un estratto dell’articolo, in cui l’Autore chiarisce i limiti degli incentivi di prezzo.
“Molte delle tecnologie necessarie non sono state ancora sviluppate o, se lo sono, non hanno raggiunto il grado di evoluzione richiesto per una commercializzazione adeguata a sostituire le tecnologie esistenti basate sui combustibili fossili.
La discesa del prezzo dell’energia solare ed eolica è indiscutibile; ma, nonostante i progressi fatti, si è ancora indietro con le tecnologie per immagazzinare energia in modo da risolvere i problemi di intermittenza connessi all’uso sia dell’energia solare sia dell’energia eolica.
Fino a che questo problema non sarà risolto, sarà necessario disporre di una forma di energia di backup, che allo stato attuale non può essere che quella proveniente dai combustibili fossili, cercando di aumentarne l’efficienza e privilegiando quelle a minor contenuto di carbonio, come il gas naturale; ma poi non ci si deve stupire se il prezzo del gas aumenta, come oggi sta avvenendo.
La diffusione delle rinnovabili fa ancora perno sulle fonti fossili
Per fortuna il costo delle batterie è diminuito enormemente e rapidamente: dal 2010 si è ridotto dell’80%; e gli sviluppi nella tecnologia per la costruzione di batterie sempre meno pesanti, di dimensioni sempre minori e di maggiore capacità di conservazione dell’energia renderanno sempre più competitivi i veicoli elettrici.
Ma l’uso crescente di veicoli elettrici dovrà essere accompagnato dall’impiego crescente di fonti di energia rinnovabili nella produzione di energia elettrica; anche i veicoli a celle combustibili sono veicoli elettrici che non emettono gas serra perché una cella a combustibile funziona come una batteria che viene ricaricata con idrogeno che non inquina e non produce emissioni di gas serra.
Ma l’idrogeno viene oggi prodotto attraverso l’uso di combustibili fossili, come gas naturale o carbone; può essere prodotto anche attraverso elettrolisi che scompone l’acqua in ossigeno e idrogeno, ma, se non devono essere emessi gas serra, l’elettricità utilizzata nell’elettrolisi non deve provenire da combustibili fossili, ma da energie rinnovabili; si parla in questo caso di «idrogeno verde»; e l’idrogeno verde è tuttora molto costoso.
Le difficoltà e le lentezze che, nonostante il diffuso ottimismo, caratterizzano la diffusione delle energie solare ed eolica sta nei fatti spingendo a riprendere in considerazione il ruolo dell’energia nucleare nella riduzione delle emissioni di gas serra, nonostante il tuttora prevalente atteggiamento negativo nell’opinione pubblica e nel mondo politico, particolarmente in Occidente.
Le speranze sono riposte soprattutto nel passaggio dalla fissione alla fusione nucleare, molto più pulita, potente e meno rischiosa; ma i tempi sono troppo lunghi rispetto alle esigenze di una adeguata riduzione delle emissioni di gas serra, anche se, rispetto a questa difficoltà, qualche segno positivo viene dai reattori di nuova generazione come quello proposto dalla società TerraPower fondata da Bill Gates (2021).
Le speranze sono riposte nei reattori di nuova generazione, nei sistemi naturali e nella geo-ingegneria
A causa dei problemi posti dalla riduzione delle emissioni di CO2, molti insistono sulla necessità di aumentare l’assorbimento della CO2 già emessa, facendo ricorso a sistemi naturali, come la riduzione della deforestazione e l’aumento della riforestazione; o a tecnologie artificiali, come la «geo-ingegneria», con il lancio nella stratosfera di miliardi di particolati artificiali che, imitando l’effetto delle eruzioni vulcaniche, riducono il flusso di luce solare sulla superficie terrestre; oppure alla cattura e il sequestro del carbonio emesso (Carbon Capture and Sequestration, CCS).
Questo è importante; ma il ricorso a questi metodi, che agiscono per contenere gli effetti in termini di riscaldamento globale, non dovrebbe produrre l’effetto di ridurre il necessario impegno per contrastare la causa del problema, ossia per limitare le emissioni di gas serra derivanti da un sistema energetico che va superato.
In una situazione così complessa, gli incentivi di prezzo forniscono uno stimolo all’adozione di tecnologie a minore contenuto di carbonio che già esistono, perché le rendono relativamente meno costose; possono anche favorire l’adozione di innovazioni «incrementali», ossia di innovazioni che non modificano il regime tecnologico esistente, benché questo risultato non sia automatico.
Gli incentivi di prezzo possono favorire l’adozione di innovazioni «incrementali»…
È molto più difficile però che spingano verso la ricerca per arrivare alle innovazioni «radicali» che modifichino il regime tecnologico a basso contenuto di carbonio, perché, anche se i rendimenti sociali di queste innovazioni sono maggiori di quelli privati, i rischi di successo sul mercato sono molto più elevati delle innovazioni tradizionali caratterizzate da un contenuto di carbonio più elevato.
Per promuovere questa rivoluzione tecnologica, agli incentivi e disincentivi di prezzo occorre aggiungere un intervento pubblico più diretto a sostegno della ricerca di innovazioni radicali e della loro realizzazione sul mercato per sostituire un intero sistema di produzione e distribuzione dell’energia nel quale le economie sono bloccate; e questo richiede una presenza pubblica che non si accontenti solo degli incentivi di prezzo, ma si concretizzi in una strategia, diretta e indiretta, per promuovere le necessarie azioni di sblocco e di sostituzione con un sistema alternativo.
Sono richiesti non solo massicci interventi pubblici, ma anche investimenti privati da parte delle imprese, che, peraltro, ponendosi in una prospettiva di lungo periodo, possono portare a consistenti rendimenti netti; le grandi imprese private già sembrano percepire questi vantaggi di mercato delle nuove tecnologie low-carbon e cominciano a organizzarsi per modificare in questa direzione le loro catene di produzione.
…ma difficilmente spingono verso innovazioni «radicali»
È anche necessario un cambiamento nella sensibilità dei consumatori a favore di prodotti da un sistema energetico rinnovabile e low-carbon; a questo fine un aiuto può venire da un prezzo del carbonio che scoraggi il consumo dei prodotti high-carbon, ma è la cultura del consumo che deve cambiare per accettare l’opportunità che questi prodotti costino relativamente di più.
Insomma, è tutta la società che deve mobilitarsi con un cambiamento culturale; anzi le società dei paesi di tutto il mondo sono chiamate in causa, perché la collaborazione internazionale è indispensabile per ottenere un bene pubblico globale come la riduzione del riscaldamento globale e dei suoi impatti negativi in termini di cambiamento climatico.
Sotto questo profilo, i «climate compacts» auspicati da Nordhaus dovrebbero forse concentrarsi di più sulle implicazioni in termini di innovazioni tecnologiche low-carbon, e non solo sul prezzo del carbonio.
Gli economisti non possono ignorare queste esigenze più ampie se vogliono che le loro pur utili proposte in termini di prezzo del carbonio vengano prese in considerazione”.
Ignazio Musu è Professore emerito di Economia politica nell’Università di Venezia
Il post è un estratto dell’articolo di Ignazio Musu Basta un prezzo del carbonio? Problemi aperti nell’economia del cambiamento climatico (pp. 38-43) pubblicato su ENERGIA 4.21.
Foto: Unsplash
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