4 Aprile 2022

Proliferazione nucleare

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L’escalation del conflitto fra Ucraina e Russia e la paventata minaccia di quest’ultima di ricorrere alle armi nucleari, oltre a lanciare un segnale allarmante sul livello di tensione globale raggiunto, ha fatto emergere nell’opinione pubblica lo spettro dell’atomica. Oltre alla Russia, quali altri Stati possiedono armi nucleari? Qual è il rapporto tra nucleare per usi civili e militari? Ce lo spiega Fabio Pistella nel suo articolo dedicato alla fissione nucleare e pubblicato su ENERGIA 3.21.

Secondo la definizione di ENEA, con il termine ‘proliferazione nucleare’ si intende sia la diffusione di armi nucleari in paesi che non ne sono ancora in possesso (proliferazione orizzontale), sia lo sviluppo di armi nucleari più sofisticate da parte di paesi che già ne sono in possesso (proliferazione verticale).

Visti gli alti rischi di un uso improprio, nonché la pericolosità, già a partire dagli anni 1960, sono state messe in atto delle misure per evitare la proliferazione nucleare che trovano una loro strutturazione nel Trattato di Non Proliferazione (TNP), entrato in vigore il 5 marzo 1970.

Il trattato regola il commercio internazionale di materiali, tecnologie, impianti destinati alle applicazioni pacifiche dell’energia nucleare e pone in essere controlli per evitare che aumenti il numero di paesi che dispongono di capacità nucleari militari. Nonostante l’alto numero di adesioni, 188 paesi, sono ancora numerosi i paesi dotati di armi nucleari e diversi quelli che vorrebbero dotarsene.

Ne fa un resoconto Fabio Pistella nel par. 2.2 dal titolo “Proliferazione nucleare” pubblicato su ENERGIA 3.21 che si riporta di seguito.

Chi possiede armi nucleari?

“Le statistiche ufficiali distinguono quattro categorie di Stati:

  • quelli riconosciuti come dotati di armi nucleari (Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Cina);
  • quelli che dichiarano il possesso di armi nucleari (India, Pakistan, Corea del Nord);
  • quelli individuati come possessori di armi nucleari (Israele);
  • infine quelli che si ritiene abbiano programmi di armamento nucleare in corso, tra i quali l’Iran.

Risulta che non sono le scelte politiche del nucleare civile ad aprire la strada alle ambizioni militari, ma piuttosto è l’obiettivo militare che si trascina il civile.

I casi dell’Iran e della Corea del Nord, entrambi aperti e oggetto di contrasti e trattative con alterne vicende, inducono a pensare che il ricorso, in atto o programmato, a impianti nucleari civili sia solo un espediente di copertura.

Ambizioni militari in ambito nucleare aprono la strada a un utilizzo civile e non viceversa

I casi di India (con 6.885 MWe in funzione e 5.194 MWe in costruzione) e Pakistan (con 2.332 MWe in funzione e 1.100 MWe in costruzione) mostrano lo sviluppo di programmi civili in parallelo rispetto all’impegno militare; da notare che nel caso del Pakistan la capacità nucleare militare è stata acquisita partendo da minerali di uranio presente nel Paese mentre la tecnologia è fortemente legata alla Cina.

Difficile da interpretare è il vero significato della politica degli Emirati Arabi Uniti: è entrato in funzione ad Abu Dhabi l’impianto di Barakah (1.400 MWe, tecnologia coreana con significativi apporti Westinghouse), la prima centrale nucleare del mondo arabo. Altre tre unità gemelle sono in stato avanzato di costruzione. La mossa è stata presentata come elemento decisivo nel percorso verso una prosperità economica sostenibile.

Da comprendere anche le motivazioni della volontà, finora non messa in pratica, espressa dall’Arabia Saudita di dotarsi di un parco di 16 centrali nucleari”.


Il post ripropone il par. 2.2 dal titolo ‘Proliferazione’ dell’articolo di Fabio Pistella La fissione nucleare come risposta all’emergenza climatica (pp. 18-25) pubblicato su ENERGIA 3.21

Fabio Pistella è consigliere di Amministrazione di ENR, Ente Nazionale di Ricerca e promozione per la standardizzazione


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