Una tempesta perfetta sta abbattendosi sui sistemi elettrici di mezzo mondo con la previsione che si abbiano ripetuti blackout e impennate dei prezzi. Eventi estremi, governance frammentate, mancati ammodernamenti delle reti a fronte della penetrazione delle rinnovabili sono tra le ragioni che rischiano di rendere l’elettricità inaffidabile in un mondo digitale che invece vi fa sempre più conto.
Vi è il fondato rischio che un miliardo di persone debba affrontare nei prossimi mesi prolungati blackout. A causarli concorre un insieme di ragioni: incontrollata penetrazione delle intermittenti rinnovabili; inadeguatezza a recepirle e vetustà delle reti di trasmissione; limitato ricorso ad accumuli; ritiro anticipato di centrali alimentate a fossili, con quelle rinnovabili incapaci di sostituirle; scarsità di fonti fossili.
A esserne interessate, secondo Bloomberg, saranno soprattutto Asia (specie Pakistan, Myanmar, India per un miliardo di persone), Europa (per bassa idraulicità, minor contributo nucleare in Francia, ancora insufficienti stoccaggi di gas), America (come vedremo).
I rischi si concretizzeranno soprattutto questa estate con l’accensione dei condizionatori d’aria.
Fosco è il futuro dei prezzi elettrici in Europa
Ma vi è un altro fronte che meriterebbe lo stato di allerta da parte delle autorità preposte, oltre che una maggiore (e migliore) attenzione mediatica verso l’opinione pubblica: quello dei prezzi elettrici.
I prezzi forward dell’elettricità per contratti di fine 2022 e soprattutto 2023 hanno registrato in Europa forti aumenti in taluni casi sino al 40% destinati inevitabilmente a scaricarsi sulle bollette finali con aumenti simili a quelli registrati nella seconda metà dello scorso anno.
Per non aggravare l’onere per le famiglie di bollette sin troppo elevate i governi dovranno rimettere mano al loro portafoglio. A maggio il benchmark tedesco del contratto forward a un anno ammontava a 222 euro/MWh superiore al precedente record di 207 alla fine dello scorso dicembre. Prima del 2021 la più elevata media per lo stesso contratto era stata di 83 nel 2008.
A determinate questo shock elettrico concorreranno principalmente l’aumento dei prezzi del gas e del carbone e la riduzione di un 30% della produzione nucleare in Francia.
17 delle 56 centrali nucleari francesi sono temporaneamente fuori uso per manutenzione, così che per evitare blackout si è trovata costretta a ricorrere all’impiego del carbone, nonostante il nuovo governo abbia dichiarato che la sua assoluta priorità è l’ambiente.
Che di rischi di blackout e la certezza di aumenti dei prezzi elettrici proprio non se ne parli nei media ma soprattutto a Bruxelles, dà conto dell’abissale distacco tra dinamica reale delle cose e il profluvio di annunci e promesse a partire da quelle incluse nel REPoweEU.
Il combinato disposto di blackout e impennate dei prezzi elettrici rischia infatti di abbattersi come una tempesta perfetta sui sistemi elettrici di non pochi paesi.
Stati Uniti e rischi blackout: aumento eventi estremi + penetrazione rinnovabili senza ammodernamento delle reti elettriche
I rischi di blackout sono particolarmente evidenti nella maggiore economia mondiale: gli Stati Uniti, anche in ragione del moltiplicarsi degli eventi atmosferici estremi ammontati tra 2002 e 2021 a 229 (con 1 miliardo in media di danni ciascuno), circa 2,5 volte (94) quelli accaduti in un comparabile periodo precedente.
Il sistema elettrico americano ha evidenziato l’incompatibilità della crescita delle rinnovabili e della mobilità elettrica con l’antiquata e poco interconnessa infrastruttura elettrica, col 70% ormai prossima alla fine della vita utile. Quel che richiederebbe per ammodernarla investimenti sino a 2 mila miliardi di dollari.
Nei passati 6 anni il numero di blackout è raddoppiato rispetto ai 6 precedenti. Gli operatori regionali hanno sottostimato gli effetti sia degli eventi estremi (come nel caso della California) che della penetrazione delle rinnovabili, non investendo nelle reti di trasmissione.
Il governo federale non ha d’altra parte potere per imporne il necessario ammodernamento che ricade sotto l’autorità di una miriade di soggetti statali, locali, regolatori. L’atteggiamento delle utilities è d’altronde refrattario a realizzare investimenti che potrebbero accrescere la concorrenza di utilities di altre regioni. Mentre nuove produzioni solari ed eoliche renderebbero essenziali queste connessioni inter-regionali per far fluire l’elettricità verso i centri popolati.
Governance frammentata: una delle principali ragioni del fallimento del sistema elettrico USA
Delle molte ragioni che spiegano il fallimento del sistema elettrico americano la principale viene individuata nella sua frammentata governance con una molteplicità di decisori e l’assenza di un’unità di comando. Quel che è avvenuto ovunque col superamento dei monopoli verticalmente integrati sostituiti da una pluralità di soggetti decisionali tra loro scarsamente coordinati.
La decrepita infrastruttura elettrica americana è il primo ostacolo alla crescita delle clean energy e delle ambizioni professate dal presidente Joe Biden di eliminare le emissioni carboniche del sistema elettrico entro il 2035 e dell’intera economia entro il 2050.
Ambizioni ampiamente abbandonate dopo lo scoppio della guerra mentre è in programma la sospensione della normativa antismog che impone limiti restrittivi alla qualità della benzina per accrescerne la disponibilità.
Qualsiasi scarsità d’energia causa perdite di benessere sociale tanto più elevate nella società dell’informatica, dei computer, dei tablet, delle reti digitali che regge sulla perfetta continuità e affidabilità delle forniture elettriche così che ogni minima disconnessione può provocare enormi danni.
L’affidabilità delle forniture elettriche è centrale in un mondo sempre più digitale
Nel mondo moderno la qualità dell’energia elettrica fa aggio sulla sua mera quantità: quel che attenua la significatività del calo tendenziale della sua intensità d’uso, quasi a indicare una minor importanza del fattore energia.
È esattamente il contrario. Eppure, mai come ora i sistemi infrastrutturali mostrano una crescente fragilità e vulnerabilità specie nelle aree urbane, dove risiede la metà della popolazione mondiale.
Risultato: il numero dei blackout è ovunque aumentato: quelli di grande rilevanza sono censiti in numero di 50 in 26 paesi nel primo decennio del secolo. Ad una domanda elettrica che dovrebbe sempre più crescere, dall’attuale 20% dei consumi energetici per consentire la decarbonizzazione, e qualitativamente sempre più esigente, si è così contrapposta un’offerta sempre più incerta e inaffidabile.
Il fatto che non se ne parli, illudendosi di esorcizzare col silenzio una scomoda verità, non ne attenua la gravità, mentre ripropone l’interrogativo se non sia logicamente più corretto irrobustire l’intera infrastrutturazione elettrica mondiale piuttosto che sottoporla a ulteriori stress forzando la penetrazione delle rinnovabili.
Alberto Clô è direttore della rivista Energia e del blog RivistaEnergia.it
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Foto: Unsplash
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