Fissare obiettivi sempre più ambiziosi non costa nulla, ma fa sempre fare una gran bella figura. È ciò che verrebbe da pensare leggendo l’ennesimo innalzamento dell’asta fissato dall’Unione Europea con il REPowerEu. Le motivazioni e i propositi sono come sempre molto nobili. Ma, specularmente, altrettanto incerte e dubbie sono le valutazioni su premesse e implicazioni.
Fissare obiettivi sempre più ambiziosi – non smetteremo mai di ripeterlo – non costa nulla ma fa sempre fare una gran bella figura, specie se l’orizzonte temporale entro cui dovrebbero essere conseguiti è lontanissimo.
Ne è maestra l’Unione Europea anche scorrendo l’ultima versione della proposta della Commissione denominata REPowerEu e licenziata il 18 maggio, che mira entro il 2027 a liberarci del gas russo. Tempi superiori di tre anni a quelli promessi dal Ministro Cingolani per l’Italia (seconda metà del 2024).
Essendo l’embargo verso il carbone russo già decretato nel 5° pacchetto di sanzioni (a partire da metà agosto) e quello sul petrolio inserito forse nel 6° pacchetto attualmente in discussione, REPowerEu si concentra in sostanza sull’eliminazione del gas russo. Tre le principali linee di azione.
Inserire il razionamento nella voce risparmio energetico è quantomeno ironico
Primo: più risparmio energetico con misure di lungo termine capaci di accrescere l’obiettivo già fissato nel Green Deal europeo (dal 9% al 13%) e di breve termine con nuovi comportamenti – il vicepresidente Timmermans ha evidenziato, come Mario Draghi, l’importanza della temperatura dei condizionatori questa estate – che dovrebbero portare ad un immediato calo del 5% dei consumi di gas. Se necessario, si potrebbero poi adottare piani di razionamento, che inserirli nella voce risparmio energetico è quantomeno ironico.
Secondo: diversificazione delle fonti di approvvigionamento, in attuazione della EU External Energy Stategy, con l’istituzione su base volontaria di una Piattaforma di acquisto di gas, LNG, idrogeno, che dovrebbe – il condizionale è d’obbligo – attraverso l’aggregazione della domanda e delle infrastrutture, attrarre l’interesse di nuovi fornitori più affidabili e convenienti, quasi non si fosse in una situazione di relativa scarsità di offerta e di ‘mercato dei venditori’.
La proposta fu inizialmente avanzata come joint purchasing mechanism che potrebbe negoziare contratti di acquisto del gas a nome dei paesi membri sulla base dell’esperienza fatta coi vaccini, quasi fossero assimilabili al gas.
Terzo e più importante obiettivo: aumento delle rinnovabili innalzando la loro asticella al 2030 dal 40% al 45%, cominciando col raddoppio del solare entro il 2025 ricorrendo anche all’obbligo della loro installazione su edifici commerciali e pubblici e per i nuovi edifici residenziali entro il 2029.
Una accelerazione della transizione energetica alle rinnovabili senza per altro vi sia da parte di Bruxelles e degli Stati membri alcuna contezza su quel che potrebbe significare il passaggio da una dipendenza (gas russo) ad un’altra (rinnovabili cinesi). Né dei possibili colli di bottiglia della supply chain rinnovabile, con i ritardi accumulati nella fase pandemica ancora non risolti (e anzi di recente nuovamente acuitisi in Cina) ed i conseguenti aumenti di prezzo in una fase di già elevata inflazione. Le conseguenze dell’esperienza italiana del Superbonus 110% dovrebbero aver insegnato qualcosa, o per lo meno far venire qualche sospetto.
Un menu che dovrebbe comportare un investimento addizionale di 210 miliardi di euro entro il 2027, a fronte però dell’azzeramento dei 100 miliardi annualmente versati alla Russia e quindi, si sostiene, ripagabile in breve tempo.
Il finanziamento del REPowerEu dovrebbe far perno sui PNRR che andrebbero emendati per includervi i suoi principali provvedimenti, attingendo per 225 miliardi di prestiti non utilizzati nel Recovery Fund cui aggiungere 72 miliardi di sovvenzioni, per un totale di circa 300 miliardi.
Nessun cenno vien fatto nel REPowerEu alla mai chiarita possibilità di fissare in modo unilaterale un tetto ai prezzi del gas (altrimenti detto price cap) che potrebbe decidersi, sempre a dire del presidente della Commissione, “solo in caso di totale interruzione delle forniture”.
Quali effetti sui mercati energetici (e su quello del gas naturale)?
Al di là dei contenuti del REPowerEu vi è un aspetto dirimente su cui merita riflettere: l’effetto che provocherà nei mercati energetici ad iniziare da quello cruciale del gas naturale.
Il REPowerEu sostiene infatti che, se verrà attuato, produrrà una riduzione dei suoi consumi a livello europeo del 30% entro il 2030, cui dovrebbe aggiungersi il forte aumento della produzione interna di biometano (35 miliardi metri cubi). Una riduzione che andrebbe inevitabilmente a discapito degli acquisti dall’estero necessari a sostituire il gas russo con contratti di lungo termine.
Da cui il verosimile rischio che si possa passare da poco gas a troppo gas. Se le imprese volessero sottoscriverli si troverebbero infatti a dover fare i conti col calo della domanda. Esattamente quel che ha bloccato i negoziati tra Germania e Qatar per l’acquisto del gas per alimentare i rigassificatori tedeschi (prima galleggianti poi onshore).
Il Qatar si è detto disponibile a sottoscrivere un contratto della durata però di venti anni (richiesta che verosimilmente replicherà agli altri paesi), quel che collide con la transizione energetica che la Germania intende attuare con drastica riduzione del consumo di gas.
Prezzi, quantità, durata e rischi per le imprese: priorità da chiarire
Il combinato disposto tra la corsa alla sostituzione del gas russo e le ambizioni del REPowerEu solleva in sostanza grandi rischi per le imprese acquirenti, nel nostro caso per Eni. Specie se si pone attenzione – aspetto sempre trascurato – al livello dei prezzi (presumibilmente superiori a quelli attuali) che verranno richiesti.
Un contratto di 5 miliardi di metri cubi per 20 anni comporterebbe 100 miliardi di metri cubi di forniture che agli attuali prezzi dei contratti long term porterebbero a 34 miliardi di euro. Per sostituire i 22,5 miliardi di gas russo Eni dovrebbe sobbarcarsi un rischio di 153 miliardi di euro.
Dubito sia disposto ad addossarselo. Spetterebbe quindi ai governi risolvere il trade off gas russo-transizione energetica.
Che dire in conclusione del REPowerEu?
Che dire in conclusione del REPowerEu? Primo: che è tutto da vedere che il suo primo presupposto – la collaborazione tra gli Stati europei – riesca a prevalere sugli interessi nazionali che hanno sinora caratterizzato la loro reazione alla crisi energetica (Tagliapietra S. (2022), ‘REPowerEU: will EUcountries really make it work?’, Bruegel Blog, 18 May Republishing).
Secondo: che quest’ultima proposta appare come un menu poco ponderato, con ingredienti un po’ raffazzonati, e scarsa contezza della sua effettiva digeribilità e delle conseguenze che ne potrebbero derivare.
Alberto Clô è direttore della rivista Energia e del blog RivistaEnergia.it
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