2 Maggio 2022

La Russia può davvero abbandonare l’Europa per la Cina? Focus gasdotti

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La Russia può fare a meno del mercato europeo rivolgendosi a quello cinese? Attraverso i gasdotti attualmente non nel breve termine e né lo potrà prima del 2025. Dopo aver tracciato le mosse energetiche dell’UE e degli Stati membri, entriamo nel cuore dell’analisi con un focus su potenzialità e limiti dei gasdotti russi verso la Cina. Segue il focus sul GNL per poi chiudere con un epilogo.

[prima parte: l’Europa e gli Stati membri]

Quali sono le reali possibilità di sostituzione dell’Europa con Pechino per i 200 mld mc di gas russo che fluiscono e navigano annualmente verso il nostro continente?

I numeri cui prestare attenzione non sono poi molti ed è giusto concentrarsi su di quelli. Innanzitutto, è d’obbligo fare rudimentale riferimento alla geografia dei principali giacimenti e gasdotti russi.

Dislocazione dei giacimenti di gas russo
Fonte: S&P Global Platts, rielaborata dall’autore.

Giunto a Pechino per l’inaugurazione dei Giochi Olimpici invernali, mentre gli allarmi della CIA e dell’MI6 si susseguivano e il portavoce del Cremlino Peskov continuava a rassicurare che la “guerra in Europa” sarebbe stato l’ultimo fra i desideri di Mosca, Putin dichiarava che la Russia disporrebbe di “nuove soluzioni” per rifornire la Cina di “ulteriori 10 miliardi di metri cubi (mld mc) di gas e di nuovi volumi di petrolio”.

La “giravolta” strategica verso est

Ancor prima che la guerra la rendesse palese, si trattava della sanzione ufficiale della progettata “giravolta” strategica verso est che per tanti anni era invece rimasta poco più di chiacchiericcio e speculazione – ancora a novembre 2020 Gazprom non si faceva problemi a dimezzare gli stanziamenti previsti per i gasdotti siberiani rivolti verso la Cina.

A febbraio il colosso russo (non si sa quanto cosciente del fatto che di lì a tre settimane sarebbe passato in Europa da attore protagonista a paria) e la cinese CNPC siglavano quindi un accordo di lunghissimo periodo che prevede proprio l’aumento a 48 mld mc annui del gas fornito a Pechino attraverso il gasdotto Power of Siberia rispetto agli attuali 10,5 mld mc.

 Il gasdotto attualmente esistente (Power of Siberia 1) si rifornisce in Siberia orientale dai campi nella Yakuzia (regione numero 3 nella mappa), ma già nel 2022 dovrebbe essere collegato ad altri giacimenti nella regione di Irkutsk (numero 4): si passerà così dai 10,5 mld mc del 2021 a 38 mld mc tra il 2024 e il 2025 fino agli annunciati 48 mld mc.

Nel 2021 mentre Gazprom stringeva le cinghie del gas verso l’UE (pur nel rispetto dei contratti), mostrava grande disponibilità nei confronti della Cina

Si noti che mentre in Europa nel 2021 Gazprom si è attenuta in misura stringata ai minimi contrattuali per le proprie deliveries, verso la Cina starebbe già dando prova di maggior disponibilità, per quanto vincolata dai suddetti standard tecnici.

Per avere un termine di paragone, negli ultimi dodici mesi rilevati da Eurostat (fino a novembre 2021), la Russia ha rifornito complessivamente l’Europa via tubo (Turchia inclusa) per 179 mld mc – sui consumi totali europei di 547 mld mc – fa praticamente un terzo del nostro fabbisogno (32,7%), mentre l’attuale export verso la Cina fa il 6% di quello verso l’Europa.

Tutt’altra questione è il progetto Power of Siberia 2 da 50 mld mc annui, anche noto come progetto “Altaj”, su cui troppo si magnifica anche nella stampa generalista. Tale gasdotto andrebbe invece ad approvvigionarsi nella Siberia occidentale, come si vede nella mappa, dalla regione numero 1 di Yamal-Nenets da cui “pescano” Nord Stream e Yamal-Europe (che arrivano in Germania attraverso il Baltico e attraverso Bielorussia e Polonia) e da cui avrebbe attinto anche Nord Stream 2.

È qui che si concentrano da due decenni gli investimenti strategici della Russia, dato il contemporaneo invecchiamento dei giacimenti di epoca sovietica nella regione di Nadym-Pur-Taz (numero 2 nella mappa), che figura tra le ragioni dietro la diminuzione dei flussi in transito attraverso l’Ucraina (quei volumi attraversano il cosiddetto “corridoio centrale” e nel 2021 hanno privilegiato il riempimento degli stoccaggi domestici).

Power of Siberia 2 è atteso non prima del 2030

La conclusione di Power of Siberia 2 – che è joint venture al 50% con la cinese CNPC – rimane in programma per il 2030: prima ancora delle eventuali difficoltà tecniche del cantiere e dei tempi di ramp-up dei flussi dopo l’entrata in esercizio, si dovrà attendere il termine del processo di contrattazione con la Cina e con la Mongolia (per le fees sul transito).

Si può affermare quindi che per quanto riguarda i gasdotti esistenti e l’orizzonte ragionevole degli aumenti di capacità e dei nuovi cantieri, la Cina non è minimamente in grado ad oggi di porsi in competizione per i volumi europei e non lo sarà in buona sostanza fin oltre il 2025.

Si ammetta anche una comprensibile accelerazione delle tempistiche: si tratta comunque di opere molto complesse e la cui costruzione non può essere compressa in pochi mesi. Le due aree di estrazione che riforniscono Cina ed Europa sono distanti migliaia di chilometri e senza infrastrutture fisiche è come parlare di due universi separati.

[terza parte: focus GNL]
[quarta parte: epilogo]


Michele Soldavini è analista dei mercati energetici presso FEDABO S.p.A.


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Foto: Unsplash


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