2 Maggio 2022

La Russia può davvero abbandonare l’Europa per la Cina? Focus GNL

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Il GNL offre quella flessibilità non consentita dai gasdotti ed è facile ipotizzare che quello esportato verso l’Europa verrà dirottato verso l’Asia e la Cina. Ma difficilmente saranno più di una ventina di miliardi di metri cubi nel prossimo anno. Dopo aver tracciato le mosse energetiche dell’UE e degli Stati membri e il focus su i gasdotti russi verso la Cina, l’analisi prende in esame le potenzialità del GNL russo per poi chiudere con un epilogo.

[prima parte: l’Europa e gli Stati membri]
[seconda parte: focus gasdotti]

Altro discorso invece quello per il GNL russo, riguardo al quale è ancora una volta utile partire da una mappa.

I due terminal di liquefazione attivi in Russia sono dislocati nell’Artico sul Mare di Lara (penisola di Yamal-Nenets) e in Estremo oriente, sull’isola di Sakhalin nel Mare di Okhotsk. Per definizione fungibili, i carichi di GNL possono rifornire indifferentemente Europa e Asia, visto che le navi gasiere che li trasportano non hanno il vincolo di destinazione dei gasdotti e si dirigono là dove vengono meglio remunerati. Peraltro, nei mesi estivi la rotta artica che da Yamal porta in Asia attraverso lo stretto di Bering sarà sempre meno impraticabile a causa del massiccio disgelo della calotta artica.

Dislocazione dei terminal di GNL russo in attività e in progetto
Fonte: Nikkei Asia

Non più di una ventina di miliardi di metri cubi dovrebbe essere dirottato verso l’Asia nel prossimo anno

Ad ogni modo, già oggi grazie allo snodo di trans-shipment (trasbordo di GNL da una nave all’altra) effettuato al terminal belga di Zeebrugge i carichi in arrivo da Yamal LNG-Sabetta possono essere ridirottati tutto l’anno verso Tokyo o Shanghai – qualora il prezzo asiatico lo consigli.

Il contratto di trans-shipment prevede fino a 11 mld mc annui di trasbordi, che hanno avuto luogo anche lungo tutto il 2021, quando nonostante i paesi europei fossero alla ricerca di forniture supplementari il differenziale di prezzo rimaneva a vantaggio dei compratori asiatici.

Nel 2021, dal terminal di Yamal LNG-Sabetta, la russa Novatek ha esportato 18,2 mld mc verso i paesi europei e 8 mld mc verso i paesi asiatici, mentre dal terminal di Sakhalin (gestito da Gazprom) sono partiti 13,7 mld mc verso Cina, Corea del Sud, Giappone e Taiwan.

Mentre i primi due mesi del 2022 hanno seguito la stessa falsariga, è ipotizzabile senza difficoltà che per il gas liquefatto avvenga celermente quella sostituzione che per le condutture appare ora impossibile. Ciò è tanto più vero quanto le major occidentali coinvolte in partecipazioni o joint ventures con Novatek o con Gazprom proprio su questi due terminal stanno abbandonando precipitosamente la nave.

Oltre ai quattro mercati tradizionali (Cina, Giappone, Corea del Sud e Taiwan) che negli ultimi dodici mesi hanno rappresentato l’80% del fabbisogno asiatico di GNL – Medio Oriente escluso – altri mercati emergenti potrebbero prendere quota, dall’India a Singapore, dal Pakistan alla Thailandia, e assorbire quella ventina di mld mc che rimarranno “orfani” dei propri acquirenti europei.

La morsa delle sanzioni colpisce i progetti GNL russi rallentandone lo sviluppo

Per quanto riguarda invece i futuri aumenti della capacità di liquefazione, i principali progetti si stanno arenando a causa dell’abbandono del project financing e delle contrattualizzazioni già in essere sui volumi futuri da parte delle majors occidentali – che invece non sono coinvolte nel progetto Power of Siberia 2.

Sempre nella regione di Yamal-Nenets, ad esempio, un nuovo terminal (Arctic LNG 2) ha visto la sospensione di due dei suoi tre futuri nuclei operativi (trains); il solo di cui è comunque abbastanza certo il compimento procede in forte ritardo per le difficoltà nel reperire le componenti necessarie a causa delle sanzioni. Dovrebbe entrare in funzione non prima del 2023, invece che già da quest’anno.

Concludendo, finché la morsa delle sanzioni rimarrà così stretta, anche a livello di nuova capacità GNL si muoverà davvero poco. La tecnologia cinese o altrui non è in grado di rimpiazzare in tempi utili quella occidentale: per quest’anno e gran parte del prossimo non dovrebbe essere dirottato verso l’Asia più di una ventina di miliardi di metri cubi – sempre ammesso che si trovino i noli delle necessarie navi gasiere e i premi assicurativi non stritolino i contraenti.

[quarta parte: epilogo]


Michele Soldavini è analista dei mercati energetici presso FEDABO S.p.A.


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Foto: Unsplash

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