27 Maggio 2022

REPowerEU: emettiamo più oggi, per un continente più verde domani!

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Anziché sospingere i prezzi dei permessi di emissione di CO2, l’annuncio del REPowerEU ne ha causato il crollo. Questo perché la Commissione ha proposto di aumentare la dotazione finanziaria del programma con altri 20 miliardi di euro provenienti dalla messa all’asta di quote di emissione del sistema ETS. In poche parole, da Bruxelles ci autorizzano ad emettere più gas serra per raccogliere soldi che ci faranno emettere meno domani.

La settimana passata, la Comissione Europea ha sorpreso tutti presentando il REPowerEU, un ambizioso programma da 300 miliardi di euro (75 di sovvenzioni e 225 di prestiti già disponibili con il Recovery and Resilience Facility) (qui un breve video di presentazione, ndr) che servirà per tagliare il cordone ombelicale che lega il continente al combustibile fossile russo entro il 2026.

Aumentare la quota della produzione di energia rinnovabile, stabilire un target di produzione di idrogeno, più biometano, riduzione delle emissioni, meno consumo di carburanti e molto altro; il REPowerEU sembrerebbe anche un piano perfetto per contrastare il cambiamento climatico e sostenere l’ambizione verde dei paesi del blocco.

Tuttavia, la mattina successiva il prezzo delle EUA (European Union Allowance), i permessi d’emissione equivalenti ad una tonnellata di CO2 scambiato nell’EU ETS, invece che esultare per la notizia salendo di prezzo hanno reagito crollando, perdendo nei giorni successivi -17,4%: da 91,72 a 77,38 euro per tonnellata.

Leggendo meglio il programma, infatti, la Commissione ha proposto di aumentare la dotazione finanziaria del programma con altri 20 miliardi di euro provenienti dalla messa all’asta di quote EUA, attualmente detenute nella riserva di stabilità del mercato (Market Stability Reserve, MSR). Si parla di circa 200-250 milioni di quote che verrebbero iniettate del mercato ETS nei prossimi 5 anni per racimolare denaro. In poche parole, da Bruxelles ci autorizzano ad emettere più gas serra per raccogliere soldi che ci faranno emettere meno domani.

Cos’è la Riserva Stabilizzatrice del Mercato e perché è stata creata?

Ma per capire meglio l’eccezionalità della cosa, bisogna ricordare cos’è la MSR e perché è stata creata. Operativa da gennaio 2019, la Riserva Stabilizzatrice del Mercato è un meccanismo a lungo termine creato per far fronte all’eccesso di liquidità di EUA conseguente alla crisi economica del 2008-2013 che ne causava un prezzo estremamente basso. Riducendo drasticamente il numero di quote in circolazione ogni anno, il prezzo delle quote è costretto a salire stimolando la decarbonizzazione delle industrie europee che vogliono emettere meno, per pagare di meno.

Ad oggi quasi tutti concordano che l’estrema salita dei prezzi di CO2, da 7 €/t nel 2018 a 98 €/t nel 2022, sia imputabile principalmente alla MSR. Dal 2019, 1,6 miliardi di quote sono state tolte dalla circolazione e inserite nella MSR, un tesoretto che al prezzo attuale delle EUA equivale a circa 128 miliardi di euro.

Logica e comprensibile è stata la reazione del mercato e la reazione tra i soggetti obbligati ETS (industrie e compagnie aere) e quelli che ne sono indirettamente influenzati (traders, banche ed associazioni proclima). Tra i trader e gli istituti finanziari, forse per paura di perdere i loro profitti generati dalla speculazione ETS, c’è chi grida al sabotaggio e ad un futuro incerto ed imprevedibile per i prezzi della CO2.

Anche IETA, l’associazione internazionale degli emission trading schemes, si è trovata contraria. Aprire la MSR potrebbe riportarci al punto di partenza prima del 2019 e sembra anche un’azione contraddittoria specialmente in quanto la notizia è arrivata esattamente un giorno dopo alle dichiarazioni ENVI, la Commissione parlamentare europea per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare.

Un salto all’indietro che potrebbe minare quelli futuri in avanti

Il comitato ambiente del Parlamento Europeo, infatti, spinge per una maggiore riduzione dei permessi ed uno stop alla assegnazione di quote EUA gratuite entro il 2030. Inoltre, l’abbassamento dei prezzi della CO2 che la svendita potrebbe causare, ritarderebbe l’arrivo di nuovi combustibili verdi che oggi sono a prezzi fuori mercato rispetto a quelli fossili e danneggerebbe gli investimenti verdi già fatti, secondo le associazioni ambientaliste.

Felici invece gli industriali, che vedono nella notizia una buona occasione per finalmente sgonfiare i prezzi delle quote sul breve termine.

Provando a fare un’analisi sull’impatto che la notizia potrebbe avere sui prezzi della CO2 nel lungo termine vanno dette le seguenti cose:

  • La domanda di quote EUA è destinata ad aumentare in futuro, con la potenziale inclusione del settore marittimo dal 2023-2024. Armatori o operatori dovranno comprare circa 80-90 milioni di quote ogni anno. Forse queste quote verranno proprio vendute attraverso delle aste speciali come già esistono aste per le quote del settore aviazione.
  • L’assegnazione gratuita, come precedentemente detto, potrebbe vedere una drastica riduzione nei prossimi anni dal 2026 verso un potenziale stop dal 2030.
  • Non ci sono ancora tecnologie o combustibili verdi prodotti a grande scala ed a prezzi competitivi che aiuteranno molti settori attualmente coperti dall’ETS a diventare meno contaminanti entro i prossimi 5-6 anni.
  • La Commissione ha tutto l’interesse nel mantenere il prezzo delle EUA elevato per cercare di non svalutare i 200-250 milioni di permessi da mettere all’asta. Avverrà quindi una lenta e dosata vendita che farà in modo che i prezzi si mantengano almeno ai livelli attuali.

Ciò fa pensare che l’impatto sui prezzi del REPowerEU potrebbe essere minore di quanto immaginato e che il crollo momentaneo della CO2 sia solo una normale reazione di paura da parte degli speculatori attivi nel sistema. Molto rimane da chiarire e tutto dovrà comunque andare incontro ad un lungo iter legislativo, le proposte della Commissione devono pur sempre passare al Parlamento e Consiglio Europeo.

Però va provocatoriamente detto che in tempi di crisi, un tesoretto di quote da diversi miliardi non poteva non far venire l’aquolina in bocca a Bruxelles, e se questo implica contaminare di più nei prossimi anni ce ne dovremo fare una ragione. D’altronde, il fine non giustifica i mezzi?


Mattia Ferracchiato è Head of Carbon Markets BRS Group


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Foto: Unsplash

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