4 Maggio 2022

Risvegliarsi dal sogno rinnovabile: pilastri e lacune della narrativa verde

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Le scelte di investitori, governi e istituzioni in ambito energetico-climatico sono state informate da una ‘narrativa verde’, che però è una storia, costruita ad arte per semplificare una realtà invero più complessa. L’unico risultato ottenuto finora è stato minare le strutture energetiche fondamentali che sostengono le società moderne.

Nella seconda decade del 21esimo secolo, l’economia globale ha goduto del capitale e dell’energia più economici e abbondanti della storia umana (si veda The Distorsion of Cheap Energy, Goehring L.R. e A.A. Rozencwajg, 2022).

Le misure monetarie espansionistiche, leggasi Quantitative Easing (QE), adottate pressoché universalmente a seguito della crisi del 2008, unite a una bonanza energetica dovuta al breakthrough tecnologico dei petroli e gas di scisto (shale), hanno inaugurato una stagione di bonanza nei mercati energetici globali.

Parallelamente, la narrativa climatica ha assunto sempre più peso, uscendo dalla nicchia scientifica, diffondendosi nelle agende politiche internazionali, nella mentalità e nei bilanci d’impresa, fino a penetrare la coscienza dell’uomo e della donna comuni.

Progressivamente, sempre più denaro è stato deviato dalle energie fossili a favore di investimenti cosiddetti ESG-friendly: Environment, Social e corporate Governance, i tre criteri centrali per l’analisi di sostenibilità, da affiancare ai classici indicatori finanziari. Si stima che fino a 1.000 miliardi di dollari siano stati investiti globalmente in nuova capacità eolica, solare, infrastrutture per l’elettrificazione e la digitalizzazione dell’economia, e veicoli elettrici, lungo il corso del decennio scorso (sempre The Distorsion of Cheap Energy).

I 3 pilastri della narrativa verde

Le scelte di investitori, governi e istituzioni sono state informate da una ‘narrativa energetica verde’, intendendo con narrativa una struttura semantica implementata sulla realtà per organizzare quest’ultima in una maniera ordinata e coerente e che definisce relazioni causali tra le categorie epistemologiche percepite e ritenute rilevanti dall’osservatore in questione (individuo, impresa, società) in base allo scopo e alla visione del mondo dell’osservatore stesso.

Ebbene, questa ‘narrativa energetica verde’ è composta da 3 pilastri fondamentali:

  • perfetta sostituibilità tecnica tra fossili e rinnovabili;
  • competitività economica;
  • picco di domanda di energia fossile.

Il primo punto riguarda la fattibilità tecnologica. Solare ed eolico sono tecnologie consolidate che effettivamente trasformano gradienti energetici positivi liberamente accessibili nella biosfera (i.e., risorse naturali quali vento e radiazione solare) in energia elettrica.

Il secondo punto riguarda la fattibilità economica: la conversione di risorse primarie in vettori energetici è fatta all’interno di un sistema infrastrutturale, legale e socio-economico che rende possibile generare profitto. Oltretutto, i costi del megawattora rinnovabile diminuiscono progressivamente grazie a economie di scala e migliorie tecniche.

Il terzo punto riguarda la percezione e le aspettative socio-politiche: il futuro sarà verde, e grazie al progresso e all’innovazione tecnologica saremo in grado di ristrutturare le pratiche produttive e di consumo. Elettrificazione, digitalizzazione, efficienza energetica, veicoli elettrici (EVs) e una politica internazionale impegnata a rispettare i limiti di emissioni, in particolare in Cina e nelle economie emergenti asiatiche, sono i tasselli fondamentali dell’immaginario socio-tecnico futuro. In tale contesto, agire razionalmente vuol dire non investire in nuova capacità fossile, men che meno upstream, cioè estrattiva, poiché tali investimenti su una scala di tempo medio-lunga non avrebbero sufficiente ritorno.

Forse i “modellisti energetici attivisti” si sono persi per strada qualche aspetto cruciale

Ma la narrativa verde è, appunto, una storia, e molto importante per il successo di ogni storia è lo story-teller; cioè chi la racconta. Forse i “modellisti energetici attivisti” si sono persi per strada qualche aspetto cruciale. Di fatto, “non è tutto energia ciò che brucia”. O, nella fattispecie, ciò che genera elettricità.

I sistemi energetici sono network complessi di Natura, uomini e macchine ottimizzati per trasformare risorse naturali in servizi energetici finali. Noi non vogliamo elettricità, vogliamo illuminazione; mobilità, no benzina. Potremmo rifornire i nostri appartamenti mettendoci a pedalare tutto il giorno collegati ad una dinamo, con estrema efficienza e zero emissioni; ma sarebbe tale sistema performante, e ancor più, desiderabile? Lo dubito. Ecco, le rinnovabili elettriche, solare ed eolico e infrastrutture relazionate, non sono performanti in comparazione ai fossili.

Una lista non esaustiva degli ostacoli a una transizione energetica verde, e alcuni dei parametri su cui valutare la performance di un sistema energetico, è la seguente:

  1. Bassi valori del Ritorno Energetico sull’Investimento (acronimo inglese EROI);
  2. Bassa densità di potenza (MW/ha);
  3. (Non) equivalenza funzionale di fossili e rinnovabili elettriche (e quindi non-sostituibilità);
  4. Dipendenza delle supply chain rinnovabili dai fossili.

Passare a fonti con EROI più basso significa inevitabilmente abbassare la ricchezza materiale

Bassi valori dell’EROI per eolico e solare vuol dire che bisogna investire più energia nel loro processo produttivo a parità di energia netta fornita al consumatore finale. Di conseguenza, l’utilità economica netta cala. Avere fonti energetiche ad alti valori di EROI è ciò che ha permesso lo sviluppo economico occidentale: passare a fonti con EROI più basso significa inevitabilmente abbassare la ricchezza materiale (per approfondire si rimanda a Energy, EROI and quality of life e EROI of different fuels and the implications for society).

La densità di potenza è un indicatore di efficienza spaziale: di quanta terra si ha bisogno per fornire una determinata quantità di megawatt al sistema economico?

Le nostre città, industrie, trasporti, hanno un consumo di potenza elevato: non si può alimentare un Boeing 777 a legna. Carbone, petrolio e gas mediamente mostrano valori nell’ordine di 103-104 MW/ha; eolico e solare nell’intervallo 1-10 MW/ha. Facendo dei calcoli grezzi, attualmente l’intero sistema energetico fossile mondiale occupa una quantità di terreno pari alla Grecia; se volessimo passare globalmente a un sistema rinnovabile, dovremo coprire all’incirca l’intera superficie europea, russa e australiana di pannelli e turbine eoliche. Lasciamo al lettore giudicare le possibili implicazioni.

Un sistema globale rinnovabile richiederebbe di coprire all’incirca l’intera superficie europea, russa e australiana di pannelli e turbine eoliche

Eolico e solare sono fonti funzionalmente “intermittenti”: producono elettricità quando c’è sole e tira vento, se no l’output è zero. Carbone e nucleare sono i cosiddetti base-load: garantiscono un output di elettricità costante, inelastico nel breve periodo e a buon mercato; le centrali a gas sono dei peaker, alta affidabilità ed elasticità (una centrale a gas può essere accesa e spenta all’occorrenza, lo stesso non si può dire di un reattore nucleare), ad un prezzo leggermente superiore.

In assenza di sistemi di accumulo, e siamo lontani decenni dai breakthrough tecnologici che ci permettano un’implementazione a scala di tali sistemi (se mai ci arriveremo), più intermittenti collegate alla rete significa più capacità a gas per compensarne i picchi (per approfondire si rimanda a Socio-technical discourses of European electricity decarbonization: Contesting narrative credibility and legitimacy with quantitative story-telling).

E prezzi dell’elettricità che crescono: Danimarca, Spagna e Germania, i paesi europei che più hanno investito in solare ed eolico, sono non a caso anche i paesi col prezzo della bolletta strutturalmente più alto (anche se la crisi degli ultimi mesi ha mascherato tale differenza).

Non possiamo elettrificare il fertilizzante ottenuto dal gas naturale per sostenere la produzione cerealicola globale

Inoltre, l’output di solare ed eolico è unicamente elettrico. Ma in un’economia prospera e diversificata, gli usi finali sono molteplici e richiedono vettori energetici di qualità distinta: calore, combustibili, materie prime per l’industria e l’agricoltura. Non possiamo elettrificare il fertilizzante ottenuto dal gas naturale per sostenere la produzione cerealicola globale.

In ultimo, l’estrazione, trasformazione e trasporto di minerali e metalli, impiegati intensivamente nei pannelli solari e turbine eoliche, dipendono da un adeguato approvvigionamento di diesel ed altri prodotti fossili (provate a vedere quel che vede Vaclav Smil guardando una turbina eolica).

Although they exploit the wind, which is as free and as green as energy can be, the machines themselves are pure embodiments of fossil fuels – Vaclav Smil

Il trasporto marittimo e l’estrazione mineraria, estremamente efficienti, sono al 100% motorizzati a diesel, e il settore manifatturiero che assembla e installa turbine e pannelli è fortemente dipendente dai fossili, sia come substrato energetico che come materia prima (solventi, lubrificanti, derivati chimici, ecc.), nonché quasi un monopolio della Cina, per cui altamente intensivo in emissioni vista la preponderanza di carbone nel mix di consumi cinese.

Sarà forse per queste limitazioni (tra le altre) che, nonostante i 1.000 miliardi di investimenti globali e la continua ricerca ed innovazione tecnologica, solare ed eolico rappresentano al 2022 solo circa il 4% della produzione energetica globale?

[Seconda parte: una società sempre più carbon intensive]


Michele Manfroni è PhD student presso ICTA-UAB


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Foto: Unsplash

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