23 Maggio 2022

Sei “takeaways” dal rapporto IPCC sulla Mitigazione

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È ancora possibile contenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5 °C garantendo una transizione equa per tutti. Ma bisogna agire in fretta su 6 ambiti chiave.  Questo il messaggio centrale del III working group del 6° rapporto IPCC pubblicato lo scorso aprile e dedicato al tema della mitigazione. Ne proponiamo un sunto tratto da World Resources Institute.

Per ogni frazione di grado di riscaldamento globale che aumenta, gli impatti dei cambiamenti climatici si intensificheranno. Nell’ultima parte del Sixth Assessment Report dell’IPCC, 278 scienziati di 65 paesi concludono che il mondo dovrebbe raggiungere il picco delle emissioni di gas serra entro i prossimi tre anni, per avere qualche possibilità di raggiungere l’obiettivo di contenere l’aumento delle temperature entro 1,5 °C come sancito con l’Accordo di Parigi.

In linea con le due parti precedenti incentrate rispettivamente sulla fisica dei cambiamenti climatici e sui suoi impatti (sunto WRI proposto in italiano su questo blog, ndr) il rapporto del III gruppo di lavoro si concentra principalmente sulla mitigazione o sulla riduzione delle emissioni di gas serra (GHG) e sulla rimozione dell’anidride carbonica (CO2) dall’atmosfera.

Analizzando gli oltre 18.000 studi pubblicati dopo l’uscita del 5° Rapporto di Valutazione (2014), il gruppo di lavoro dell’IPCC ha identificato i percorsi per limitare il riscaldamento globale entro 1,5 °C e valutato la fattibilità, l’efficacia e i benefici delle diverse strategie di mitigazione. Eccone le 6 principali conclusioni.

1. Il picco delle emissioni entro il 2025

1. Le emissioni climalteranti sono continuate a crescere, ma è necessario che raggiungano il picco prima del 2025. Nell’ultimo decennio le emissioni globali di gas serra sono aumentate raggiungendo nel 2019 un volume di 59 gigatonnellate di CO2 equivalente (GtCO2e), circa il 12% in più rispetto alle emissioni registrate nel 2010 e il 54% rispetto al 1990.

Tuttavia, i modelli indicano che per raggiungere l’obiettivo di 1,5 °C previsto dall’Accordo di Parigi (senza o con un limitato “overshoot”), le emissioni dovrebbero raggiungere il picco prima del 2025, per poi scendere entro il 2030 del 43% rispetto ai livelli del 2019.

Sebbene vi siano alcuni segni di progresso – il tasso annuo di crescita delle emissioni è sceso da una media del 2,1% tra il 2000 e il 2009 ad 1,3% tra il 2010 e il 2019 e 24 paesi stanno riducendo le proprie emissioni da oltre un decennio – gli sforzi globali per mitigare il cambiamento climatico sono insufficienti.

Ad esempio, anche se i paesi rispettassero i loro impegni climatici nazionali più recenti (Nationally Determined Contribution, NDC), il divario tra le emissioni e il loro limite previsto per l’obiettivo 1,5 °C sarebbe di 19-26 GtCO2e nel 2030. Un livello superiore alle emissioni cumulate di Stati Uniti e Cina del 2018. Sebbene alcuni paesi abbiano annunciato nuovi o più stringenti NDC, non sono ancora abbastanza ambiziosi da colmare il divario.

2. Stop a infrastrutture fossili

2. Non c’è margine per la costruzione di nuove infrastrutture a fonti fossili. Secondo l’IPCC nei percorsi che limitano il riscaldamento a 1,5 °C (senza o con un limitato “overshoot”) possono ancora essere emessi solo 510 Gt netti di CO2, prima che le emissioni raggiungano lo zero netto intorno alla metà del secolo (2050-2055).

Ma se guardiamo alle future emissioni generate dalle infrastrutture esistenti e pianificate per i combustibili fossili, queste potrebbero raggiungere da sole 850 Gt, 340 Gt in più rispetto a tale limite.

Un mix di strategie può evitare di restare vincolati a queste emissioni, incluso il ritiro delle infrastrutture esistenti, l’annullamento di nuovi progetti, l’adeguamento delle centrali elettriche con tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) e il passaggio a combustibili a basse emissioni.

Sebbene Stati Uniti ed Europa abbiano iniziato a ritirare centrali a carbone, alcune banche internazionali di sviluppo continuano ad investire in nuova capacità. Senza un cambio di rotta rischiano di diventare stranded assets del valore di migliaia di miliardi di dollari.

3. Trasformazione di tutti i sistemi

3. Serve una rapida trasformazione di tutti i sistemi. Le emissioni sono aumentate in tutti i principali sistemi. Per invertire la rotta, i decisori politici, la società civile e il settore privato devono dare priorità alle seguenti azioni, molte delle quali si ripagano da sole o costano meno di 20 doll/tonn CO2e:

  • Energia. Entro il 2050, tutta l’elettricità deve essere low carbon e deve crescere l’elettrificazione degli usi finali come HVAC (Heating, Ventilation & Air Conditioning), trasporti, macchinari industriali e altro ancora. Gli scenari 1,5 °C (senza o con un limitato “overshoot”) prevedono un mix elettrico prevalentemente alimentato da rinnovabili con capacità di stoccaggio, cui si aggiunge l’apporto di nucleare, di una piccola quantità di combustibili fossili con CCS e/o altre forme di energia pulita. I vettori energetici alternativi come l’idrogeno e l’ammoniaca dovranno sostituire i combustibili fossili nei settori in cui l’elettrificazione è più difficile, come l’industria e il trasporto pesante. La buona notizia è che i costi unitari di tecnologie a basse emissioni come il fotovoltaico sono diminuiti fino all’85% nell’ultimo decennio.
  • Innovazione. Migliorare l’efficienza energetica, ridurre la domanda di materiali attraverso soluzioni di economia circolare, sistemi CCS nei settori hard-do-abate come il cemento, nuovi processi industriali a basse o zero emissioni per acciaio, cemento, plastica, pasta di legno e carta e prodotti chimici. Tuttavia, secondo l’IPCC questo richiederà 5-15 anni di “innovazione, commercializzazione e politiche intensive” – insieme a investimenti immediati in tecnologie già esistenti – per ridurre i costi e ottenere i miglioramenti necessari.
  • Edifici. Riscaldamento elettrico, dispositivi più efficienti, maggior ricorso alla circolarità dei materiali sono fondamentali. Tuttavia, i progressi devono accelerare rapidamente per riqualificare gli edifici più vecchi e garantire che nuovi approcci e tecnologie vengano sempre più adottati nelle nuove costruzioni.
  • Città e trasporti. Le emissioni dei trasporti sono attese aumentare fino al 50% entro il 2050. Le città possono ridurle di circa un quarto con benefici anche a livello di qualità dell’aria. La mobilità elettrica (auto e treno) contribuisce a ulteriori riduzioni. Per gli hard-to-abate come il trasporto marittimo e l’aviazione, stanno emergendo come opzioni praticabili i biocarburanti avanzati, l’ammoniaca e i combustibili sintetici, ma richiedono fondi e sostegno politico.
  • Ecosistemi e sistemi alimentari. Proteggere, ripristinare e gestire in maniera sostenibile ecosistemi ricchi di carbonio come foreste e torbiere, così come ridurre l’intensità carbonica nella produzione alimentare, ridurre gli sprechi alimentari e passare a diete più sostenibili, possono ridurre fino a 8-14 GtCO2e ogni anno fino al 2050, a costi relativamente contenuti. (Si noti che altre ricerche rilevano potenziali di mitigazione più limitati per diverse pratiche agricole incluse in questa stima.) Bloccare lo stravolgimento degli ecosistemi può svolgere un ruolo importantissimo, visto che la sola deforestazione rappresenta il 45% delle emissioni del settore terra. Tuttavia, la gran parte di questo potenziale è in paesi in via di sviluppo dove vi sono istituzioni deboli, incertezza normativa sulla proprietà terriera e scarse risorse finanziarie.

Se ben progettate ed implementate, molte di queste strategie di mitigazione possono generare benefici collaterali significativi per lo sviluppo sostenibile. Ma non tutti gli sforzi per ridurre le emissioni o rimuovere la CO2 dall’atmosfera sono win-win sia per il clima che per lo sviluppo. Se mal gestite o implementate, possono sconvolgere le economie locali, esacerbare le disuguaglianze esistenti e costringere le comunità a migrare.

Bisogna saper gestire questi trade off tramite processi inclusivi, trasparenti, partecipati per coltivare la fiducia della società civile e rafforzare il supporto pubblico all’azione per il clima. Solo così si può garantire una transizione equa verso un futuro net zero.

4.Stili di vita e comportamenti

4. Cambiare stili di vita e comportamenti. A livello globale, le famiglie con un reddito nel decile più alto (paesi sviluppati) sono responsabili del 36-45% delle emissioni totali, mentre quelle che si collocano nel percentile più basso contano solo per il 13-15%. Per questo garantire ai più poveri un accesso universale all’energia moderna non avrebbe un impatto significativo sulle emissioni globali.

Modificare i modelli di consumo, in particolare tra la popolazione più ricca, potrebbe invece contribuire a ridurre le emissioni del 40-70% entro il 2050 rispetto alle politiche correnti. Camminare o andare in bicicletta, evitare i voli a lungo raggio, diete vegetariane, ridurre gli sprechi alimentari e utilizzare l’energia in modo più efficiente negli edifici sono tra le misure di mitigazione, lato domanda, più efficaci.

Politiche pubbliche possono svolgere un ruolo importante, sovvenzionando le tecnologie a basse emissioni, tassando quelle inquinanti, stabilendo standard di efficienza energetica. Allo stesso modo, è importante come le opzioni sostenibili vengono presentate ai consumatori (“architettura della scelta“). Ad esempio, l’inclusione di piatti vegetariani accanto a quelli di carne nei menù, anziché indicarli solo in sezioni vegetariane separate, può aiutare ad aumentare il consumo di pasti a base vegetale.

5. Rimozione del carbonio

5. Impossibile l’obiettivo 1,5°C senza “carbon removal”. Tutti i percorsi verso l’obiettivo 1,5°C (senza o con un limitato “overshoot”) prevedono la rimozione del carbonio che può avvenire tramite l’impiego di soluzioni naturali, come il sequestro e lo stoccaggio del carbonio da parte degli alberi e nel suolo, sia attraverso tecnologie che estraggono CO2 direttamente dall’atmosfera.

La quantità di CO2 necessaria da rimuovere dipende dalla velocità con cui riduciamo le emissioni in altri sistemi e dalla misura in cui gli obiettivi climatici vengono mancati. Le stime vanno da 5 a 16 GtCO2 all’anno entro la metà del secolo.

Nel breve termine, ripristinare carbon sink, come le foreste, è un approccio relativamente conveniente e fattibile. Se implementato in modo appropriato, può offrire un’ampia gamma di vantaggi alle comunità locali. Tuttavia, il carbonio immagazzinato in questi ecosistemi è anche soggetto a fattori esterni come gli incendi boschivi, fattori che potrebbero intensificarsi in un clima che cambia con il rischio che venga rilasciata una grande quantità di carbonio nell’atmosfera.

Il mondo avrà probabilmente bisogno anche di tecnologie di rimozione del carbonio, ancora in stato embrionale e che presentano una varietà di sfide e rischi. Ad esempio, bioenergie con CCS potrebbero minacciare la sicurezza alimentare o favorire deforestazione.

Lo sviluppo e l’implementazione responsabile di tecnologie per la rimozione del carbonio da affiancare a metodi di cattura naturali richiederà una migliore comprensione dei vantaggi, dei costi e dei rischi associati. Servono però, e con urgenza, maggiori finanziamenti per la ricerca, lo sviluppo e la diffusione.

Note: The natural vs. technological categorization shown here is illustrative rather than definitive and will vary depending on how approaches are applied, particularly for carbon removal approaches in the ocean.

6. I finanziamenti

6. Lo sforzo finanziario deve aumentare da 3 a 6 volte entro il 2030. I finanziamenti pubblici e privati annuali per la mitigazione e l’adattamento sono aumentati di circa il 60% dal 2013 al 2020. Tuttavia, negli ultimi anni il ritmo di crescita è stato più lento e i finanziamenti per i combustibili fossili continuano a superare quelli per il clima.

La discrasia tra finanziamenti effettivi e quelli necessari riguarda tutte le regioni del mondo e tutti i settori. Il divario è maggiore nei paesi in via di sviluppo, in particolare in quelli già gravati da debito, con scarso rating del credito e il fardello economico dovuto alla pandemia.

Gli investimenti in mitigazione devono, ad esempio, aumentare di almeno 5 volte nel sud-est asiatico e nei paesi in via di sviluppo del Pacifico, 7 in Africa e 12 in Medio Oriente entro il 2030.

Fra tutti i settori, la carenza di investimenti è più pronunciata per l’agricoltura, la silvicoltura e altri usi del suolo, dove i flussi finanziari recenti sono risultati inferiori da 10 a 29 volte rispetto a quelli necessari per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.

Bisogna creare un clima favorevole agli investimenti privati attraverso chiari segnali politici da parte della comunità internazionale e dei governi, come l’aumento dei sussidi, carbon pricing, l’eliminazione graduale dei finanziamenti pubblici per i combustibili fossili. Utili anche meccanismi di finanziamento innovativi che consentano ai governi di condividere i rischi con le aziende.


Il post riprende la quasi totalità dell’articolo 6 Takeaways from the 2022 IPCC Climate Change Mitigation Report di Clea Schumer, Sophie Boehm, Taryn Fransen, Karl Hausker e Carrie Dellesky pubblicato su World Resources Institute il 4 aprile 2022 

La traduzione è a cura della Redazione


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Foto: Unsplash


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