Un filo rosso lega le iniziative di Pechino sullo scacchiere internazionale e le scelte di politica interna: la sicurezza energetica del paese. Un fattore cruciale in vista del XX Congresso del PCC. L’analisi di Francesco Sassi su ENERGIA 2.22.
“Dopo circa tre mesi dall’inizio del conflitto in Ucraina e la sempre maggiore tensione esercitata dall’intervento di Mosca in Europa orientale diventa ancor più necessario, ai fini della comprensione degli equilibri a livello internazionale, osservare il ruolo giocato dalla Repubblica Popolare Cinese”.
Ma per farlo, bisogna leggere i fatti tenendo conto di una triplice dimensione: i rapporti Pechino-Washington, la partnership Pechino-Mosca e l’ambizione di Xi di ottenere un terzo mandato storico. L’articolo di Francesco Sassi, comparso su ENERGIA 2.22, ci aiuta in questa lettura.
I rapporti “tesi” fra la Cina e gli Stati Uniti
Partiamo dal primo aspetto: se da un lato, il “Presidente americano ha riaffermato la centralità della sfida cinese per Washington nell’Indo-Pacifico, il primato del continente per la diplomazia statunitense e il rafforzamento dei legami economici nella regione”, dall’altro, la Cina non è stata certo a guardare.
Sassi scrive, infatti, come quest’ultima abbia “continuato a tessere le fila di una diplomazia indirizzata alla cooperazione sanitaria in chiave pandemica, alla promozione di una ripresa economica scevra da protezionismi e all’opposizione all’unilateralismo occidentale”.
I rapporti, quindi, sono tutt’altro che distesi, anche perché in ballo ci sono interessi di potenza, economici e territoriali (si legga la spinosa questione di Taiwan).
La partnership strategica e «senza limiti» con Mosca
Quanto ai rapporti sino-russo, ancor prima dello scoppio della guerra, Pechino aveva ribadito “la rilevanza della partnership strategica e «senza limiti» con Mosca”. Una partnership che, benché avvolta da una coltre di segretezza, pare sia stata ribadita anche dopo l’invasione di Putin dell’Ucraina.
Per l’autore, la principale ragione che giustifica la liason è “la crescente interdipendenza energetica fra le due autocrazie”: Pechino ha bisogno di energia e Mosca, al momento, ne ha anche troppa da vendere. A muovere la Cina verso il partner russo, sono anche motivazioni di carattere commerciale: l’export è un settore che vale circa un terzo del PIL cinese e la cui buona o cattiva performance ha riflessi, inevitabilmente, sulla politica interna. Un partner che possa garantire continui e sicuri flussi di energia a prezzi stabili è fondamentale per le ambizioni di potenza economica cinese.
La sfida di Xi a ottenere il terzo mandato alla segreteria del PCC
Quel che sa bene, e veniamo all’ultima dimensione, Xi alle prese con la sfida di un terzo mandato alla segreteria del PCC. Una sfida resa difficile dal fondersi di crisi pandemica, energetica ed economica (il commercio negli ultimi mese ha conosciuto una contrazione) e “dal difficile equilibrio fra l’istituzionalizzazione della sua figura come guida ideologica del PCC e l’accentramento del potere avvenuto nel corso degli ultimi dieci anni attraverso estese campagne di anticorruzione”.
Errori nell’affrontare queste sfide potrebbero inficiare la leadership politica di Xi: da qui, sottolinea Sassi in chiusura, il dimenarsi dell’attuale segretario tra “l’invito reiterato più volte negli ultimi mesi dai vertici ad approcciare prudentemente e razionalmente l’avanzamento degli obiettivi di picco delle emissioni e neutralità carbonica, rispettivamente entro il 2030 e il 2060, con quello del mantenimento della sicurezza energetica, alimentare e industriale del Paese”.
Sicurezza energetica, vale la pena ribadirlo, che al momento è più prioritaria di altro.
Il post presenta l’articolo di Francesco Sassi La Cina alla prova ucraina (pp. 42-44) pubblicato su ENERGIA 2.22.
Francesco Sassi è dottore in geopolitica dell’energia presso l’Università di Pisa e analista dei mercati energetici presso Rie-Ricerche Industriali ed Energetiche.
Foto: Pixabay
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