10 Giugno 2022

Embargo petrolifero: un danno per chi?

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Senza chiarire le ragioni per cui l’embargo petrolifero entrerà in vigore tra alcuni mesi, l’Unione Europea ha di fatto offerto a Mosca la possibilità di riorganizzarsi, mentre il prezzo del Brent sale e le consente maggiori ricavi anche a fronte di minori volumi venduti. Con effetti sui consumatori che non tarderanno ad arrivare.

Ho analizzato in un precedente post la decisione presa all’unanimità dal Consiglio europeo del 30-31 maggio di sottoporre ad embargo – dopo un mese di serrati scontri – le importazioni russe via nave del petrolio e derivati (due terzi di quelle totali). Esentando invece, almeno ‘temporaneamente’, quelle che transitano attraverso l’oleodotto Druzhba verso Ungheria, Polonia, Germania, Slovacchia, Repubblica Ceca.

La Russia rifornisce attualmente oltre il 25% delle importazioni petrolifere dell’intera Europa – di cui 4,0 mil. bbl/g via mare – e circa il 40% di quelle di gas, per un esborso annuo di 400 miliardi di euro. Le richieste di Orban a difesa degli interessi del suo Paese sono state interamente accettate.

Dei danni, invece, che ne deriveranno per l’Italia – il rischio che colassi l’intero sistema di raffinazione della Sicilia che dipende dal petrolio russo – non si è tenuto alcun conto, non avendo il nostro Paese richiesto alcunché (si veda l’inchiesta su Lukoil dell’Espresso).

Dal 5 dicembre stop al greggio russo, 5 febbraio per i prodotti petroliferi

I tempi di entrata in vigore dell’embargo sono stati definiti in uno specifico Regolamento del Consiglio, che ha fissato al 5 dicembre prossimo quello verso il greggio, quindi tra poco più di sei mesi, e al 5 febbraio 2023 quello verso i prodotti raffinati, poco più di otto mesi.
 
Quali siano le ragioni di un così lungo ritardo non è dato sapere, non essendovi particolari adempimenti per rendere operativo l’embargo, se non la messa a punto da parte degli Stati dei sistemi di controllo del rispetto delle decisioni di Bruxelles. Vi sono invece fondati motivi per ritenere che di questo ritardo possa avvantaggiarsene Mosca.

Più tempo passa dall’annuncio all’entrata in vigore dell’embargo, più Mosca ha il tempo di riorientare le esportazioni

Affinché le sanzioni possano funzionare dovrebbero infatti essere state disegnate per evitare che ne siano colpiti soprattutto i paesi europei. Più le sanzioni sono annunciate, piuttosto che adottate, più vi è infatti il rischio che siano inefficaci, rafforzando la Russia anziché indebolirla. Quel che accade se i mercati del petrolio diverranno ancor più tesi – scarseggiando l’offerta sui mercati internazionali – così da sospingere verso l’alto i prezzi accrescendo i ricavi della Russia, che aumentano ogni mese di 10 miliardi di dollari per gli acquisti europei.

Da metà aprile all’8 giugno i prezzi del greggio Brent sono aumentati di oltre il 25% a 123 doll/bbl. Dirottare tutti i volumi russi di greggio e derivati verso altre aree è molto difficile, così che si stima che circa un quarto della produzione russa di petrolio possa sparire dai mercati con conseguente rialzo dei prezzi (FitchRating, EU’s Russian Oil Ban to Redirect Trade Flows, Prop up Prices, 1° giugno 2022).

Per contro, l’Europa dovrà rimpiazzare circa il 30% delle sue importazioni da altre aree. L’intera geografia e geopolitica dei flussi commerciali del petrolio, delle sue rotte, ne uscirà profondamente e temo strutturalmente modificata. La Russia è riuscita parzialmente a dirottare le sue esportazioni petrolifere verso Cina e India, quel che non ha impedito comunque una riduzione della sua produzione di greggio di un 10%, a 9,2 mil. bbl/g.

I consistenti sconti applicati al petrolio russo destinato ai paesi asiatici sono peraltro erosi dal forte aumento dei costi di trasporto. Anziché impiegare due-tre settimane per arrivare dai porti del Baltico a Rotterdam, le petroliere che trasportano greggio russo necessitano ora due-tre mesi per arrivare ai porti cinesi o indiani.

Circa un quarto della produzione russa di petrolio potrebbe sparire dai mercati, con conseguente rialzo dei prezzi

Il tempo è un fattore cruciale per il successo delle sanzioni. Più sono ritardate, più Mosca è in grado di cercare nuovi acquirenti per il suo greggio e derivati o di trovare le modalità (trasbordo del greggio russo da petroliera sanzionata ad altra petroliera; miscelazione greggio russo con altri greggi; etc.) per aggirare l’embargo con la complicità di armatori, specie ellenici, che controllano una larga parte delle rotte commerciali del petrolio.

Ancora: più l’embargo è ritardato, più Mosca potrà avvalersi di nuovi assicuratori. La messa al bando da parte di Bruxelles di ogni forma di assicurazione del naviglio russo ne bloccherebbe infatti l’attività. Ma, avendone il tempo, Mosca avrà la possibilità di trovare operatori, anche se meno efficienti rispetto all’associazione oggi dominante denominata International Group (McWilliams B., Tagliapietra S. e Zachmann G. (2022), Europe’s Russian oil embargo: significant but not yet, Bruegel Blog, 1° giugno 2022).

Quel che ha perso in quantità Mosca lo ha più che guadagnato in valore…

Per dirottare il greggio via mare verso altre destinazioni rispetto all’Europa Mosca abbisogna di poco meno di 100 navi al mese. Ancor più critica la situazione per l’esportazione di prodotti che prima della guerra erano destinati all’Europa per 1,2 mil. bbl/g. Secondo Bloomberg Economics la Russia incasserà quest’anno 321 miliardi di dollari dalle sue esportazioni di energia, con un aumento di oltre un terzo rispetto al 2021 e un surplus delle partite correnti stimato in 240 miliardi di dollari.

Quel che ha perso in quantità Mosca lo ha più che guadagnato in valore, aumentando i suoi ricavi, mentre il mondo ha dovuto sopportare un rialzo dei prezzi del petrolio e ancor più dei derivati, con immediato impatto sui prezzi finali di benzina e soprattutto gasolio.

…mentre il mondo ha dovuto sopportare il rialzo dei prezzi del petrolio e derivati

Più che di greggio, l’Europa abbisogna infatti di prodotti raffinati, soprattutto di diesel – prima importato dalla Russia per 600 mila bbl/g – che all’annuncio dell’embargo di Bruxelles ha registrato nuovi massimi storici. L’Europa sta ancora importando 1,0 mil. bbl/g di prodotti, con una contrazione del 10% rispetto a un anno fa, destinati tuttavia nei prossimi mesi a svanire, con la necessità per i paesi europei di trovare altri e certamente più costosi fornitori.

La conclusione che può trarsi da quanto sin qua detto è che il combinato disposto della guerra e dell’embargo causerà all’Europa un costo molto salato, che non è da escludere sia inferiore a quello inflitto a Mosca.


Alberto Clô è direttore della rivista Energia e del blog RivistaEnergia.it


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Foto: Unsplash

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