22 Luglio 2022

La corsa dei 400 metri della liberalizzazione

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Le nuove aste per traghettare le utenze non domestiche (o microbusiness) dall’attuale regime di tutela al nuovo a ‘tutele graduali’ ricordano una gara dei 400 metri piani, con la differenza che anziché partire disallineati per compensare i diversi raggi di curvatura delle corsie, tutti i competitor partono dallo stesso punto. L’assenza di un floor alle offerte favorisce di fatto gli incumbent, col rischio di comportamenti spregiudicati. Come rimediare?

La liberalizzazione del mercato elettrico sembra ormai essere prossima al completamento. Magari non esattamente come un puro liberista potrebbe aspettarsi ma, di fatto, circa 200 mila piccole imprese l’anno scorso hanno lasciato il regime di maggior tutela, e a partire da gennaio 2023 accadrà ugualmente per quasi 1,8 milioni di utenze non domestiche (il segmento dei microbusiness).

Per quest’ultima categoria, è stata già fissata dall’Autorità la data delle aste per il passaggio alla Nuova Salvaguardia a Tutele Graduali, il nuovo regime che è stato pensato per traghettare sul mercato libero coloro che non hanno ancora scelto un fornitore di energia elettrica.

Entro il 1° gennaio 2024, invece, sarà il turno dei clienti domestici ancora in maggior tutela, ad oggi, circa 13 milioni. In questo caso, le aste non sono ancora state deliberate ma ad oggi non sembrano emergere strade alternative.

14,2 milioni le utenze ancora oggi in maggior tutela, 22 milioni quelle nel mercato libero

Per chiudere il quadro sul mercato di energia elettrica (lo scenario del gas infatti è significativamente diverso e ha anche scadenze leggermente diverse), in particolare il segmento retail, quello non ancora liberalizzato, la fotografia complessiva è la seguente: circa 22 milioni di utenze sono già nel mercato libero, e circa 14,2 milioni ancora in maggior tutela (di cui 12,4 riguardano clienti domestici e 1,8 i microbusiness) (Arera, Relazione Annuale – Stato dei servizi 2021, TAV. 2.26 pag. 136).

Obiettivo del processo di liberalizzazione è far transitare i clienti dalla maggior tutela al mercato libero. Lo strumento scelto per le utenze non domestiche (o microbusiness) è quello di un’asta al ribasso sulla componente di commercializzazione, ferme restando le altre componenti che saranno analoghe a quelle della maggior tutela.

L’Autorità ha diviso in lotti territoriali queste utenze e ciascun operatore – dopo aver dimostrato di possedere i requisiti di affidabilità e solidità richiesti – concorrerà per ottenere uno o più lotti, fino a un tetto massimo – fissato dall’Antitrust – pari al 35% (trattandosi di 12 lotti, il tetto è 4). L’operatore che si aggiudicherà i lotti diventerà quindi esercente la Salvaguardia a Tutele Graduali e manterrà in fornitura questi clienti per 4 anni (salva la possibilità di scegliersi un fornitore diverso sul mercato libero).

Pro: si tiene finalmente fede alle scadenze fissate e si coinvolgono gli operatori del mercato libero per un ruolo che ha le caratteristiche di servizio pubblico

L’aspetto positivo di questo strumento è innanzitutto che si tiene fede finalmente alle scadenze fissate: dal 1° gennaio 2023 non esisterà più il regime di maggior tutela per le utenze business, di qualsiasi “taglia”.

Altro aspetto da apprezzare è che – pur non avendo immaginato un passaggio diretto sul mercato libero (con il relativo rischio quindi di introdurre una sorta di “maggior tutela 2.0”) – vengano coinvolti gli operatori del mercato libero anche per un ruolo che di fatto ha le caratteristiche di un servizio pubblico.

In altre parole, è stata raggiunta la consapevolezza che un operatore privato è assolutamente in grado, tanto quanto ex monopolisti e società municipalizzate, di fornire energia elettrica all’interno di condizioni definite ad hoc dall’Autorità.

Contro: l’assunto che tutti gli operatori si debbano trovare sullo stesso punto di partenza

Permane, tuttavia, un aspetto critico che riguarda gli assunti che stanno alla base di un meccanismo d’asta così disegnato. L’assunto principale è che tutti gli operatori si debbano trovare sullo stesso punto di partenza, un po’ come si fa per la madre della competizione olimpica, i 100 metri.

Mi torna allora in mente un simpatico episodio famigliare. Alla sua prima olimpiade (da spettatrice ovviamente), mia figlia è saltata su dal divano, quasi scandalizzata, chiedendomi: “Papà, ma perché loro partono più avanti? Non vale!”. Si trattava, in questo caso, dei 400 metri, invece dei 100. Nello spiegarle il motivo, mi accorgevo di alcune curiose analogie a questa fase di liberalizzazione del mercato elettrico.

La novità più rilevante delle aste di settembre per le utenze non domestiche, infatti, è che, diversamente da quelle per le piccole imprese (svolte ad aprile 2021), non è previsto alcun floor alle offerte. Ciò significa – e in qualche modo nei corridoi degli esperti la cosa si dà abbastanza per scontata – che si arriverà ad offrire valori negativi: ovvero un operatore potrà non solo offrire un prezzo basso a cui servire i clienti, ma addirittura pagare per aggiudicarsi la fornitura.

Pagare per aggiudicarsi le forniture? Senza un floor alle offerte potrebbe succedere

Meccanismo, questo, che – tornando all’esempio dei 400 metri – mette i pochi incumbent nelle “corsie interne” – non solo per un tema di capacità finanziarie ma anche di vantaggio informativo sulle caratteristiche dei lotti – e tutti gli altri, secondo la loro dimensione, via via in quelle esterne, con una differenza fondamentale rispetto ai 400 metri: tutti partono dallo stesso punto.

L’assenza di un floor, inoltre, lascerebbe anche spazio a comportamenti spregiudicati da parte di operatori che, pur di aggiudicarsi un lotto, presentino offerte insostenibili, per poi trovarsi costretti a interrompere la fornitura e a lasciare buchi nel sistema.

Fuor di metafora, in un mercato domestico in cui i primi 3 operatori detengono circa il 70% del mercato (pag. 141 della citata Relazione) e in un’asta senza floor che favorisce operatori con grandi gruppi alle spalle, è molto facile che l’output del procedimento non faccia altro che consolidare l’attuale concentrazione di mercato invece di mitigarla. Un procedimento competitivo che ha lo scopo di realizzare, in ultima istanza, un mercato concorrenziale non può considerare solo il meccanismo in sé ma anche il campo in cui opera.

2 leve per mitigare i rischi di concentrazione: la dimensione dei lotti e un floor alle offerte

Due sono le leve che potrebbero essere utilizzate per evitare concentrazioni di mercato: la dimensione dei lotti e il floor. Se si fossero immaginati lotti più piccoli e si fosse tenuto un tetto antitrust di 4 lotti, a parità di offerta – anche tramite sorteggio – il risultato sarebbe certamente più plurale senza discriminazioni di prezzo e tantomeno rischi di default, dato che i requisiti di accesso sono sufficientemente stringenti per evitare brutte sorprese.

Purtroppo, questa leva non è più utilizzabile per le aste di settembre (ma dovrebbe essere un elemento di grande riflessione quando sarà il turno dei clienti domestici).

La seconda leva, invece, quella del floor, è ancora alla portata, dato che Arera non ha ancora fissato il valore di partenza dell’asta, mentre invece ha definito un numero massimo di turni. Fissare una base d’asta che impedisca di arrivare sotto lo zero all’ultimo turno garantirebbe un esito molto più concorrenziale.

La stessa Antitrust, peraltro, ha attenzionato il tema del floor nel suo parere allo Schema di decreto ministeriale del MITE concernente «criteri e modalità per l’ingresso consapevole nel mercato dei clienti finali di energia elettrica e gas interessati dal superamento dei regimi di prezzi regolati» da poco trasmesso al Parlamento.

Se si considera poi che, mentre si scrive, il prezzo del gas al TTF è tornato vicino ai 200 €/MWh nel pieno di una crisi di governo, e che quindi lo scenario da tutti i punti di vista è sempre più incerto, le distanze tra operatori non fanno altro che aumentare. Vale la pena invece poter toccare con mano cosa può darci un mercato effettivamente concorrenziale prima di gettare la spugna.

A lasciare che sia lo Stato a fornire l’energia si fa sempre in tempo; per arrivare invece a ottenere un mercato (quasi) concorrenziale dell’energia ci sono voluti – al netto di ulteriori intoppi – più di 20 anni: fermarsi all’ultimo miglio sarebbe davvero un peccato.


Piergiacomo Sibiano, Regulatory & Public Affairs Manager, Illumia


Foto: Unsplash

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