Le comunità energetiche rappresentano un modo innovativo di condividere l’energia prodotta da fonti rinnovabili. Il modello vuole mettere al centro le persone, ma per fare ciò si deve prima fare chiarezza sul loro funzionamento: cosa sono e come si costituiscono, le forme legali.
Mai sentito parlare di Comunità Energetiche Rinnovabili? A questa domanda, la maggior parte degli italiani risponderebbe no, una buona parte direbbe “ne ho sentito parlare”, e solo una piccola percentuale saprebbe di cosa stiamo parlando. L’argomento sta iniziando ad essere sempre più noto, ma la disinformazione che aleggia attorno ad esso ne previene una diffusione a macchia d’olio.
Ma facciamo un passo indietro. Le cosiddette CER (Comunità Energetiche Rinnovabili) sono rappresentate da un insieme di cittadini che volontariamente decidono, tramite la sottoscrizione di uno statuto, di condividere tra di loro energia rinnovabile localmente prodotta.
Quindi, se Francesco ha dei pannelli solari (o qualsiasi altro tipo di impianto che produca elettricità da fonti rinnovabili), durante il giorno essi producono energia. Una parte di questa energia viene consumata direttamente da Francesco per alimentare casa sua (detto anche autoconsumo), la restante parte invece viene immessa nella rete nazionale.
Se un membro della CER consuma l’energia autoprodotta genera un incentivo economico pari a circa 12 c€/kWh
Se la vicina di casa di Francesco, Giulia, entra a far parte della CER e consuma l’energia che Francesco non usa durante il giorno, la loro CER genererà un incentivo economico. Francesco viene definito un prosumer (cioè produce e consuma la propria elettricità) mentre Giulia consumer (cioè consuma elettricità).
L’incentivo economico che viene riconosciuto è pari a circa 12 c€/kWh, viene erogato dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) e può essere distribuito proporzionalmente tra prosumers e consumers.
Questo modello innovativo di condividere l’energia prodotta da fonti rinnovabili, aperto a privati, aziende ed enti pubblici, rappresenta una delle mosse tecno-economiche dell’Unione Europea per:
- agevolare la transizione energetica
- promuovere l’accettazione pubblica e lo sviluppo delle fonti rinnovabili
- decentralizzare il sistema elettrico (non più grosse centrali che producono elettricità ma tante piccole fonti di produzione)
- combattere la vulnerabilità e la povertà energetica
- ridurre i costi di fornitura dell’energia e i consumi promuovendo l’efficienza energetica.
Ad oggi ci sono solo 32 CER in tutta Italia, perché? Lentezza evolutiva tipica di ogni nuovo mercato, una manciata di cavilli burocratici e un pizzico di disinformazione
Le CER vanno dunque a risolvere problemi economici, ambientali e sociali in un colpo solo. Eppure, ad oggi ci sono solo 32 CER in tutta Italia. Perché?
La risposta è complessa. Essa presenta infatti una preventivabile base di lentezza evolutiva (come per ogni nuovo mercato), una manciata di cavilli burocratici e un pizzico di disinformazione. Grazie all’esperienza che stiamo accumulando con Enco, la startup che si occupa di comunità energetiche rinnovabili a tutto tondo, siamo riusciti a studiare più da vicino le tematiche che ostacolano lo sviluppo delle CER. Per questo vorremmo concentrarci su alcuni dei temi che di solito generano incomprensioni e soventi dilemmi.
Partiamo dal nodo focale su cui si basa tutta la normativa e il meccanismo di incentivazione: come si costituisce una CER? Per costituire una comunità energetica si devono seguire una serie di procedimenti che in burocratese potrebbero essere elencati così:
- trovare i punti di connessione elettrica che determinano i limiti spaziali di una CER concessi da legge
- inserire i dati sui vari portali autorizzati
- creare e organizzare l’associazione tra i vari partecipanti.
Facile no? Beh, no. Snoccioliamo più da vicino la questione, sorvolando ovviamente sui ritardi e le varie problematiche del caso.
La CER può essere costituita da partecipanti, di qualsiasi provenienza, privati cittadini, piccole e medie imprese, enti pubblici
La CER può essere costituita da partecipanti, di qualsiasi provenienza, privati cittadini, piccole e medie imprese, enti pubblici, che sono connessi alla stessa cabina di trasformazione secondaria, in attesa della nuova legge che sposterà questo vincolo alla cabina primaria.
Ecco, per capire meglio il raggio di azione di una cabina di trasformazione, prendete una strada di circa 500 metri e disegnate 3 cerchi che stiano dentro di essa. Ogni cerchio costituisce indicativamente l’insieme dei partecipanti che possono far parte della stessa CER. Il passaggio in cabina primaria cambia decisamente le carte in gioco: in una città come Firenze si potrebbero disegnare 4 cerchi e riuscire a ricoprirla quasi tutta.
Una volta confermata l’appartenenza dei punti di connessione alla stessa cabina, si parte con la creazione della comunità. Per fare ciò si ha bisogno di almeno 1 prosumer e 1 consumer. Il limite massimo è invece correlato a quanto bene si vuole bilanciare la comunità (troppi consumers e pochi prosumers non va bene, così come troppi prosumers e pochi consumers nemmeno).
È bene sottolineare come il prosumer deve aver installato il suo impianto ad energia rinnovabile dopo dicembre 2021. La CER può includere fonti di energia rinnovabile di ogni specie (idroelettrica, eolica, biomasse, etc.), tuttavia per motivi di praticità di permessi i pannelli fotovoltaici sono quelli che in Enco abbiamo individuato essere ad ora la via più veloce.
Ogni membro è indipendente e continua ad avere il suo contratto di fornitura elettrica con il rivenditore che preferisce
Si deve quindi immaginare la comunità come un insieme di punti. Ogni punto (cioè i membri della CER, che siano una casa, un ristorante, una fabbrica o un ufficio) è indipendente e continua ad avere il suo contratto di fornitura elettrica con il rivenditore che preferisce. Nel momento in cui i membri produttori della CER immettono in rete la propria energia in eccesso, tutti questi punti si collegano virtualmente per consumare tale energia.
La CER non funziona come un acquirente unico né vincola i propri partecipanti a contratti energetici. Quindi, trovati i partecipanti, assicuratoci che siano nel raggio di distanza giusto e con gli impianti rinnovabili allacciati, si passa alla burocrazia. Tramite il portale del GSE si devono registrare i membri, gli impianti e la forma giuridica della comunità. Soprattutto l’ultimo passaggio non è poi così scontato.
Quali forme legali?
La CER infatti, da decreto-legge, deve essere un soggetto giuridico di diritto autonomo. Il che si traduce, al momento in due vie principali: costituire una cooperativa oppure virare su di un’associazione non riconosciuta.
Nel primo caso, la struttura è molto più complessa e più costosa. Si tratta infatti di stipulare uno statuto, trovare un referente unico per tutta la comunità e infine registrarlo davanti a un notaio. La cooperativa tutela maggiormente i partecipanti ed è dunque la soluzione più consona a una CER industriale, ma nel caso di CER residenziali costituisce un costo che spaventa i partecipanti.
Per rendere il processo accessibile anche ai privati cittadini, la forma dell’associazione non riconosciuta sta prendendo piede velocemente. Non serve un notaio, non servono ingenti costi di composizione, ma comporta ovviamente una maggior fragilità di struttura. Cosa si intende per fragilità? In caso di contenziosi o problemi agli impianti di produzione, che possono accadere per comunità con tanti partecipanti, la cooperativa rappresenta una sicurezza legale che esula da responsabilità penali.
Come redistribuire gli incentivi, oggetto di una prossima analisi
Trovata la forma legale migliore per la comunità e creata la CER tramite i passaggi elencati sopra, si passa alla gestione della redistribuzione dei flussi. Essa è basata sugli accordi stipulati da statuto e consiste nel ricevere dal GSE l’incentivo e redistribuirlo equamente tra i partecipanti. Tema quest’ultimo che merita un approfondimento a parte, che proporremo su questo blog.
Per chiudere il primo appuntamento, è evidente come le CER siano potenzialmente un mezzo veramente importante per accelerare la decarbonizzazione del sistema energetico, motivando i singoli al cambiamento. Si deve tuttavia rendere tutto l’iter facile e comprensibile per chiunque, così da non lasciare fuori nessuno. Spoiler? Questa è la missione di Enco.
Duccio Baldi e Tommaso Tiozzo Bastianello, ingegneri energetici e fondatori di Enco – Energia Collettiva
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