Un ulteriore incremento delle bollette di oltre il 100% rispetto al trimestre in corso? È l’allarme lanciato dall’Autorità dell’energia a Parlamento e Governo. I rischi per l’inverno non riguardano solo l’effettiva disponibilità di gas, ma anche quanto lo pagheremo. Eppure, il Ministro Cingolani continua a ritenere che non vi sarà alcun problema. A chi credere?
Il Ministro Cingolani ha sostenuto a più riprese che quest’inverno non vi saranno problemi sul fronte del gas tenuto conto, da un lato, del buon livello degli stoccaggi, ormai oltre la soglia del 70%, e, dall’altro, dell’ampia sostituzione delle forniture russe.
Temo che le cose non stiano proprio così, per più ragioni. A partire, innanzitutto, dalle opinabili assunzioni su cui il Ministro basa le sue rassicurazioni:
- che gli stoccaggi saranno al 90% al 1° novembre;
- che a gennaio 23 entrerà in esercizio il primo rigassificatore (?);
- che non vi sarà un inverno troppo freddo (?!); che
- risparmieremo 2,5 miliardi di metri cubi di gas nei consumi riscaldamento (abbassando il termostato di 1° e rinunciando ad 1 ora di riscaldamento).
Non per spandere immotivate paure, ma per amor di verità sarebbe invece molto meglio dire le cose come stanno, con tutte le sue incertezze e imprevedibilità. Gli italiani, l’ho ribadito più volte, saprebbero capirlo piuttosto che dir loro, malauguratamente, che le cose non sono andate come si sperava.
Pagare tantissimo quel poco a disposizione: non solo un problema di volumi, ma anche i prezzi
Quel che emerge invece dalla segnalazione a Parlamento e Governo del 29 luglio scorso dell’autorità di regolazione Arera che evidenzia proprio “la forte incertezza circa la disponibilità effettiva di un’adeguata offerta di gas naturale per il prossimo inverno”.
Al di là dei volumi di gas di cui potremo disporre, molto più grave è la situazione sul fronte dei suoi prezzi, col rischio che si debba procedere ad un razionamento dei consumi pagando tantissimo quel poco che ci è reso disponibile.
Un ulteriore incremento di oltre il 100% delle bollette?
Nella citata segnalazione Arera ha infatti scritto che “in ragione dell’attuale andamento dei prezzi del mercato all’ingrosso, per il trimestre ottobre-dicembre 2022, è atteso, laddove dovessero mantenersi i livelli delle quotazioni degli ultimi giorni, un ulteriore incremento delle bollette per le famiglie, stimabile oggi di oltre il 100% rispetto al trimestre in corso [corsivo nostro]”.
Per contenere l’impatto sulle famiglie, il governo dovrà impegnare molti miliardi in aggiunta ai circa 20 stanziati da inizio anno contro il caro energia, come si legge nel dossier di luglio del servizi studi di Camera e Senato.
Vien da chiedersi come sia mai possibile che le istituzioni pubbliche con la mano destra (governo) spandano rassicurazioni, ottimismo, fiducia e con quella sinistra (regolatore) proiettino incertezze sulle disponibilità di gas e cifre da capogiro per le bollette difficilmente pagabili da una larga parte delle famiglie.
Prepararsi al peggio: la lezione tedesca
Dire le cose come stanno, avendone piena contezza, dovrebbe essere invece l’approccio comunicativo che si dovrebbe seguire. Esattamente quel che sta facendo la Germania ove il governo di Olaf cSholz con piglio tutto tedesco sta paventando alla popolazione la possibilità di un worst case scenario nel gas che richiederebbe tra le misure di contrasto il mantenimento in esercizio delle tre centrali nucleari che avrebbero dovuto essere dismesse entro fine anno, come accaduto a dicembre con altre tre centrali.
Il Governo va proponendo al Paese un ‘compromesso nazionale’ per evitare il peggio quest’inverno per economia e popolazione, col pieno supporto dei pragmatici Grünen.
In Europa ogni paese sta andando per conto suo, e noi?
Due considerazioni. Prima: che delle intenzioni e dinamiche degli altri paesi sappiamo quasi tutto, mentre nulla sappiamo alla vigilia delle prossime elezioni politiche delle intenzioni dei nostri maggiori partiti o coalizioni sul tema dell’energia, quasi non fosse una delle principali criticità del paese.
Seconda: che in Europa ogni paese sta andando per conto suo, avendo situazioni interne molto differenziate, indifferente alle proposte, talora bizzarre talaltra inattuabili, avanzate dalla Commissione o dai singoli governi: dal mitico price cap (che ancora nessuno ha saputo spiegare) alla riduzione dei consumi di gas questo inverno prospettata dal Save Gas for a Save Winter (piano di fatto boccati dagli stessi Stati membri).
Al di là di quel che accade in Europa – le cui dinamiche interne sono correlate a quel che accade nei paesi da cui dipendiamo – è dall’intero quadro internazionale che provengono forti ragioni di preoccupazione.
Insomma il sistema energetico internazionale, che va volgendo per alcuni studiosi verso ‘nuovo ordine’ sembra non riuscire a trovare un suo punto di equilibrio. Ogni ragione di tensione si trasmette poi, in tempi rapidissimi, da un paese all’altro modificando le assunzioni su cui paesi e imprese andavano prendendo le loro decisioni.
Preoccupazioni non solo dal fronte interno, ma anche dal quadro internazionali
Si prenda, ad esempio, il gran daffare di molti paesi sulle strategie da adottare per ridurre la dipendenza dal gas russo. Strategie che fanno conto, o meglio: pensavano di poter far conto, su una crescente disponibilità di gas metano sul mercato internazionale da parte di attuali e nuovi produttori.
Ebbene, la cattiva notizia è che l’Australia, maggior esportatore mondiale di gas liquefatto, non esclude la possibilità di dover ridurre le sue esportazioni dal prossimo anno di un 10%. Quel che finirebbe inevitabilmente per rimbalzare sui prezzi internazionali e quindi sui prezzi nei nuovi contratti che molti paesi, a partire dal nostro, stanno sottoscrivendo con paesi produttori per liberarci del gas russo.
Come in un blob magmatico non vi è aspetto nel panorama energetico che vada evolvendo secondo le aspettative di solo poco tempo fa. Tranne un caso in cui, a dire di molti, le cose proseguono alla grande: la transizione energetica. Quel che purtroppo non è vero, se si pensa che la fonte che registra la maggior crescita in termini assoluti è il carbone.
Ma come mi capitò di leggere: le bugie più sono grandi più sembrano vere.
Alberto Clô è direttore della rivista Energia e del blog RivistaEnergia.it
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Foto: Pixabay
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