Nell’impossibilità di dare per certi sviluppi tecnologici che superino i problemi di intermittenza delle rinnovabili elettriche, la IEA ritiene il nucleare indispensabile per raggiungere la neutralità climatica al 2050. Ma i costi elevati restano uno scoglio superabile solo col coinvolgimento dei governi. Quanti paesi occidentali sono disposti a finanziare un simile investimento?
Una delle assunzioni del rapporto IEA Net Zero by 2050 era l’indispensabilità del contributo del nucleare per realizzare a metà secolo la neutralità climatica.
Sono pertanto sintomatiche alcune conclusioni del rapporto IEA Nuclear Power and Secure Energy Transitions, che «analizza in modo dettagliato il ruolo potenziale dell’energia nucleare come fonte di elettricità a basse emissioni» all’interno della roadmap Net Zero by 2050.
Nella visione IEA, il nucleare raddoppia in termini assoluti ma decresce in termini percentuali
Per il 2050 è prevista una capacità installata pari a 812 GW, quasi il raddoppio di quella a inizio 2022 (413 GW), con una produzione che sale da 2.690 TWh nel 2020 a circa 5.500 TWh nel 2050, quasi tutta concentrata al di fuori delle economie attualmente avanzate.
Si tratta comunque di un incremento che rallenta, ma non elimina la decrescita del contributo del nucleare alla produzione globale di elettricità: sceso da circa 20% nel 2000 all’attuale 10%, nel 2050 è previsto intorno all’8%.
Pertanto, anche la IEA per il nucleare immagina un ruolo marginale rispetto alle rinnovabili, considerato indispensabile solo perché da qui al 2050 sono escluse a priori sia innovazioni tecnologiche in grado di compensare il divario estate/inverno della produzione fotovoltaica, sia sufficienti riduzioni nei costi delle tecnologie attualmente disponibili.
Costi, oneri e tempi sono ancora il tallone d’Achille del nucleare
Anche per la IEA i costi delle centrali nucleari, pur diminuendo, resteranno infatti elevati. Tra il 2020 e il 2050 nell’Unione Europea passeranno da 6.600 a 4.500 $/kW, in USA da 5.000 a 4.500, in Cina da 2.800 a 2.500.
E si tratta di costi overnight, destinati a crescere per gli oneri finanziari relativi agli esborsi sostenuti durante il periodo di costruzione, che sono il tallone di Achille di impianti con tempi di medi realizzazione stimati dalla IEA in circa 10 anni nel Regno Unito, 9 in India e in USA, 6 in Cina.
Numeri che rendono obbligata la conclusione cui perviene il rapporto: senza il coinvolgimento dei governi è difficile attrarre finanziamenti del settore privato.
Questa conclusione è confermata dalla notizia uscita sulla “Staffetta Quotidiana” del 25 luglio.
Una tecnologia poco “adatta” alle democrazie
Il gigante nucleare russo Rosatom ha iniziato i lavori per la costruzione del primo reattore dell’impianto nucleare di El Dabaa, città sulla costa mediterranea, situata a circa 300 km a nord-ovest del Cairo.
Una volta completata, la centrale sarà composta da quattro reattori ad acqua pressurizzata Vver-1.200 da 1,2 GW ciascuno, per una potenza complessiva di 4,8 GW. Secondo i media egiziani, il progetto, finanziato con un prestito dalla Russia, dovrebbe costare circa 25 miliardi di dollari.
5.200 $/kW overnight: senza sostegni pubblici, quanti paesi occidentali autorizzerebbero un investimento del genere e chi sarebbe disposto a finanziarlo?
Il problema non si pone quando a decidere l’investimento è l’Egitto dove comanda Abdel Fattah al-Sisi e a finanziarlo è la Russia, dove impera Vladimir Vladimirovič Putin.
GB Zorzoli è presidente AIEE e membro del comitato scientifico della rivista ENERGIA
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Foto: Leo Klemm
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