25 Agosto 2022

Svincoliamoci dal TTF: una proposta semplice e immediata

LinkedInTwitterFacebookEmailPrint

La crisi dell’offerta è reale, ma evitiamo di infliggerci altro danno evitabile. Il valore del TTF (la borsa di Amsterdam) sopra i 300 €/MWh è essenzialmente frutto di gigantesche speculazioni. Possiamo liberarci di questa anomalia del sistema di formazione del prezzo del gas in maniera semplice e immeditata con una circolare di ARERA introducendo 1) trasparenza sul costo di acquisto del gas importato e 2) tetto massimo basato sul valore di Henry Hub.

Mentre il valore del TTF (prezzo del gas nella borsa di Amsterdam) supera il valore di 300 €/MWh, tutti stanno a chiedersi cosa sta succedendo e cosa succederà nei prossimi mesi.

La domanda di gas è pressocché costante anzi forse in lieve diminuzione. Sul piano dell’offerta, mentre è stata riaffermata la necessità di avviare il processo di indipendenza dalla Russia, i flussi di approvvigionamento da Mosca sono stati pressoché costanti, salvo qualche momento di crisi, dovuto alle fermate temporanee del gasdotto Nord Stream 1 per problemi tecnici.

La campagna di ri-stoccaggio estiva è stata lenta e contradditoria (operatori hanno spesso esportato gas anziché metterlo a scorte, per lucrare sui prezzi alti).

Siamo stati bombardati da messaggi tranquillizzanti circa le nuove fonti di approvvigionamento del gas, alternativo a quello russo, proveniente dall’Africa (Algeria e Libia, Nigeria) e dagli USA.

In questo quadro il valore del TTF sopra i 300 €/MWh appare assolutamente privo di riferimento al mercato reale del gas e quindi essenzialmente il frutto di gigantesche speculazioni.

È la crisi del gas o del suo prezzo?

Forse è arrivato il momento di dirci chiaramente che il vero elemento anomalo, malato, del sistema di formazione del prezzo del gas è proprio il TTF generato nella borsa di Amsterdam. Se non ci liberiamo di questo parametro finiremo con il subire una crisi generata artificialmente da un pugno di speculatori internazionali che giocano in una specie di fiera paesana, che usurpa il nome di Borsa del gas europeo.

È come se volessimo misurare la temperatura corporea con un termometro guasto. Leggo 42 °C e chiamo l’ambulanza, ma in realtà ho solo bisogno di comprare un termometro nuovo.

Chiariamo alcuni elementi importanti. A Londra esiste la borsa del Brent, dove ogni giorno vengono scambiati contratti di acquisto e vendita di petrolio per un valore di circa 2.000 miliardi di dollari. Qualunque operatore petrolifero è in grado, in ogni momento, di effettuare acquisti e vendite nonché operazioni di copertura del rischio trovando la liquidità necessaria.

Differenze tra la borsa inglese del Brent e quella di Amsterdam del gas

Sebbene i volumi fisici di gas consumati siano paragonabili a quelli del petrolio, la cosiddetta borsa del gas di Amsterdam vede scambi di contratti per circa 1-2 miliardi di euro al giorno, ovvero migliaia di volte meno della borsa petrolifera.

Non esiste alcuna possibilità per gli operatori di usare i tipici strumenti di risk management nella borsa di Amsterdam. Non c’è sufficiente liquidità e non ci sono volumi fisici a supporto dei contratti finanziari scambiati. Ad ogni richiesta aggiuntiva alla normale routine (fatta di pochi volumi) si verifica un impazzimento del prezzo. Non una borsa, quindi, ma un mercatino di paese.

Sicuramente andremo incontro ad autunno-inverno difficile, dove potrà verificarsi un deficit dell’offerta di gas, ma certamente non abbiamo bisogno di autopunirci adottando come prezzo di riferimento al consumo un indicatore fasullo che amplifica ogni riduzione dell’offerta di 100/200 volte, creando situazioni di drammatica sofferenza a consumatori ed imprese ed opportunità di profitti smisurati agli speculatori.

La crisi dell’offerta è reale, ma evitiamo di infliggerci altro danno evitabile

In Italia abbiamo il modo di intervenire con provvedimenti amministrativi semplici e immediati.

Anzitutto disporre della piena trasparenza dei prezzi di acquisto del gas relativi ai contratti di lungo periodo, che sono decisamente ordini di grandezza più bassi del TTF. Abbiamo due grandi operatori nazionali quotati in borsa, il cui azionista di maggioranza è il Ministero dell’Economia. Il Governo ha quindi il pieno diritto di conoscere il prezzo di acquisto del gas da parte di queste due compagnie. Negli USA, il paese modello del libero mercato, lo Stato pretende la trasparenza da parte di tutte le compagnie che operano nel paese. Perché noi invochiamo il libero mercato ma non accettiamo i principi che lo regolano?

Non può succedere che il Ministro della Transizione, Cingolani, dichiari di aver chiesto il prezzo di acquisto del gas alle società di cui lo Stato è azionista di maggioranza e di aver ricevuto un netto rifiuto. Occorre che il Presidente del Consiglio governi la triangolazione con i due Ministri dell’Economia (azionista) e della Transizione (energia) perché la trasparenza sia assicurata ed i diritti dei consumatori garantiti.

La piena trasparenza dei prezzi di acquisto consentirebbe la fissazione equa del prezzo del gas al consumo e la verifica della reale dimensione di ogni eventuale crisi.

Soluzioni semplici e immediate

Si è molto parlato del tetto al prezzo del gas, ma in modo astratto ed a volte fumoso. Esiste una soluzione semplicissima che si potrebbe adottare domattina.

Il gas più caro che importiamo è quello liquido dagli USA. Si tratta di un prezzo, chiamato Henry Hub, che viene stabilito attraverso le transazioni che si effettuano al terminale di esportazione in Florida per tutti i volumi esportati verso tutto il mondo. Si può quindi ritenere un indicatore globale trasparente ed accettato in tutti i mercati mondiali. Tanto per essere chiari, in questa fase di crisi, il prezzo Henry Hub è circa 1/3 o 1/4 del TTF, nonostante sia gas liquido, più costoso.

Se adottassimo il valore del Henry Hub come tetto massimo del prezzo del gas avremmo dei vantaggi indiscussi:

  1. Nessun rischio che il prezzo sia artificiosamente troppo basso scoraggiando alcuni fornitori internazionali dal vendere gas agli operatori italiani;
  2. Avremmo eliminato il TTF dal nostro paniere di riferimento dando un colpo pesante alla speculazione internazionale che opera nella borsa di Amsterdam;
  3. Eviteremmo che la speculazione sviluppata nel finto mercato di Amsterdam continui ad influenzare negativamente gli altri mercati mondiali (Henry Hub, vari indicatori asiatici);
  4. Diminuirà la spinta al rialzo del prezzo sui contratti a lungo termine che fanno riferimento anche al TTF.

La soluzione potrebbe essere adottata immediatamente con un provvedimento amministrativo implementato con una circolare di ARERA, basata sui due capisaldi:

a.           trasparenza sul costo di acquisto del gas importato
b.           tetto massimo basato sul valore di Henry Hub


Salvatore Carollo è Oil and Energy Analyst and Trader


Foto: Unsplash

0 Commenti

Nessun commento presente.


Login