Da dove nasce quel pertinace scetticismo verso una scienza tanto ricca di elementi per credere nell’esistenza dei cambiamenti climatici? La vena carsica dello scetticismo scorre anche i soggetti dotati di credibilità scientifica. È d’obbligo considerarli con serietà e cercare di capire le loro critiche. L’articolo di Pippo Ranci su ENERGIA 3.22.
“L’atteggiamento critico nei confronti dell’opinione ufficiale e ampiamente prevalente è condiviso anche da alcuni soggetti dotati di credibilità scientifica. È d’obbligo considerarli con serietà e cercare di capire le loro critiche, scegliendo qualche fonte attendibile”.
È questo l’approccio che muove Pippo Ranci nell’indagare su ENERGIA 3.22 quella “vena carsica dello scetticismo” in ambito climatico che “è più influente di quel che appare”, in particolare per quanto riguarda l’origine antropica del cambiamento climatico.
Che i mezzi d’informazione abbiano i loro difetti è certo, che nella cultura di massa si rifugga dalla complessità è vero
Nonostante “L’estate più calda, con una frequenza e intensità record degli incendi e un’inconsueta irregolarità meteorologica, (abbia) rinsaldato il vasto consenso già affermato attorno alla nozione di cambiamento climatico”, questo consenso resta fragile (1. Un consenso ampio anche se fragile).
La diffidenza “contagia chi istintivamente cerca supporto per evitare i danni, costi e fastidi che conseguirebbero a un’azione decisa per il clima (…). Ma anche chi accetta e condivide le tesi del vasto consenso può ammettere che una parte di ragione potrebbero averla (…). Occorre dunque che le due opposte posizioni non rimangano a livelli non comunicanti, per di più venati da un sottile reciproco disprezzo. È nell’interesse della società che le grandi sfide siano dibattute seriamente, apertamente e senza alcun pregiudizio”.
23 giugno 1988: con probabilità 99% la Terra è entrata in un lungo periodo di riscaldamento globale a causa dell’attività umana – James Hansen
Dopo aver brevemente ripercorso quell’apprendimento faticoso e contrastato della scienza climatica (par. 2.), in particolare per gli ostacoli interposti dall’industria petrolifera, Ranci prende quindi in esame “Unsettled, un libro recentemente scritto da Steven E. Koonin, un fisico teorico e astrofisico con posizioni di prim’ordine nel mondo accademico americano” (3. Un libro a sostegno del dubbio: che cosa dice la scienza?).
“Quelle che vengono presentate come certezze scientifiche (con il ricorrere frequente dell’espressione fuorviante «lo dice La Scienza») sono invece, dice l’Autore, fragili affermazioni che hanno ancora ampi margini di incertezza, dato che sul clima gli interrogativi non hanno ancora risposta, la ricerca è in corso e non conclusa, la questione è aperta come dice il titolo del libro «unsettled»”.
Ranci commenta quindi i capitoli del libro in cui Koonin minimizza l’impatto dell’uomo sul clima(par. 3.1.), la limitatezza dei modelli adottati dai climatologi(par.3.2.), gli eventi meteo estremi (par.3.3.), indicandone per ognuno le proprie perplessità.
Una rappresentazione eccessivamente semplificata della scienza diventa La Scienza
“Il capitolo 10 è un atto d’accusa a tutto campo”, ai media, agli attivisti, agli scienziati, ai comunicatori di professione, ai politici (4. Chi ha rotto «La Scienza»? L’accusa). “Koonin si domanda da dove venga tanto consenso a fronte di una scienza incerta, ma a molti di noi viene da domandarsi da dove venga questo pertinace scetticismo a fronte di una scienza tanto ricca di elementi per credere”.
“Un’occhiata alla mia personale esperienza di incontri mi porta a individuare il principale addensamento di clima-scettici in persone che dedicano, o hanno dedicato nella vita, la loro attività alle energie tradizionali nei loro affascinanti aspetti tecnologici, ingegneristici o commerciali, e sono quindi portati a vedere la grande trasformazioni che oggi viene proposta come una grande distruzione.
La questione che pongono è seria. Le scelte che oggi vengono proposte sono spesso basate su una sottovalutazione di quanto la nostra vita e la nostra organizzazione sociale siano radicate nell’uso dei combustibili fossili, così che rischiano di risultare anch’esse costose e socialmente devastanti, come le tendenze che cercano di evitare”.
Schneider e il dilemma dello scienziato: attenersi al rigore scientifico e il dovere etico di aiutare la società a ridurre i rischi di cui è conscio
“Torniamo al ruolo della scienza” (5. Il tormento dello scienziato). “In frangenti drammatici non può non prendere evidenza il dilemma etico tra il rigore scientifico e la diffusione del sapere alla gente comune, la difficoltà di trovare «the right balance between being effective and being honest», espresso da Stephen Schneider (2011)”.
“Lo scienziato inevitabilmente si trova anche a parlare alla gente, direttamente o tramite qualche divulgatore o didatta, e questa comunicazione richiede semplificazioni che non devono distorcere la scienza ma devono essere comprese e catturare l’attenzione del pubblico per diffondere consapevolezza.”
“La questione se il cambiamento climatico sia oggi un rischio effettivamente incombente e dipenda dall’impatto umano sembra sufficientemente risolta (settled) da giustificare e urgentemente richiedere un’azione immediata per prevenirlo e mitigarlo per quanto possibile” (6. Salvare il pianeta, ma da quale pericolo e a quale costo?). “Le questioni ancora molto aperte che abbiamo di fronte sono altre, e non riguardano l’esistenza e l’origine della minaccia climatica ma piuttosto le azioni da compiere”
“Di fronte a queste sfide il negazionismo riemerge in forma diversa, accantonando la questione originaria, relativizzando il rischio (di pericoli ce ne sono tanti, non sono diversi da quelli che ci sono sempre stati) ed evidenziando invece l’enormità delle trasformazioni programmate (sono così impraticabili da non poter essere frutto di una politica sensata, devono essere opera di sognatori improvvidi)”.
C’è la perdita della biodiversità e la rottura di equilibri negli ecosistemi di cui nemmeno conosciamo la complessità
Due questioni cui Ranci dedica uno sguardo veloce nel paragrafo non solo clima (par. 6.1.) al quale segue quello dal provocatorio titolo Non siamo in grado di fermare il clima, manca il tempo e costa troppo (par. 6.2.) nel quale prende in esame un altro autore, Björn Lomborg, quello che “con maggior successo editoriale si oppone alle politiche per il clima”.
“Il contenuto più interessante dei libri di Lomborg è la varietà dei casi che descrive. Purtroppo il suo uso delle semplificazioni è disinvolto e insidioso. (…) I singoli fatti che Lomborg scrive sono tutti veri, ma non provano che l’allarme clima sia cosa di poco conto”.
La conclusione dell’Autore è che “Della scienza abbiamo bisogno più che mai per rendere possibile una mitigazione della minaccia climatica a costi affrontabili: l’elettronica e l’intelligenza artificiale, la scienza dei materiali e le nanotecnologie, la scienza dell’atomo”.
“Ma occorre anche programmare su base scientifica l’adattamento, tanto più necessario quanto più reale e minacciosa si presenta la sfida. Il richiamo alla necessità di occuparsi di più dell’adattamento è forse l’indicazione più utile che viene dai dubbiosi sul clima come Koonin e Lomborg”.
Il post presenta l’articolo di Pippo Ranci Cosa ci dice la scienza del clima (pp. 46-55) pubblicato su ENERGIA 3.22
Pippo Ranci (Università Cattolica, Milano e Istituto Universitario Europeo, Firenze)
Foto: Pixabay
Per aggiungere un commento all'articolo è necessaria la registrazione al sito.
0 Commenti
Nessun commento presente.
Login