5 Settembre 2022

Gas: impennate dei prezzi e iI rebus di Amsterdam

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C’è una specificità nell’attuale crisi del gas che la rende unica? Possiamo dire che siamo di fronte a una crisi energetica d’impatto superiore a quelle del passato? Cosa muove le impennate dei prezzi, la speculazione o i fondamentali di mercato? Quel che è certo è che a un prezzo straordinariamente elastico alle variazioni di offerta, risponde una domanda straordinariamente rigida.

C’è una specificità nell’attuale crisi del gas che la rende unica? Possiamo dire che siamo di fronte a una crisi energetica d’impatto superiore a quelle del passato? La risposta è no e sì, allo stesso tempo.

No, se guardiamo ai dati relativi all’impatto sulla crescita economica: +3,2% quest’anno e +2,9% nel 2023 a livello mondiale, secondo il Fondo Monetario Internazionale; e anche se guardiamo all’Europa, maggiormente colpita dalla crisi, +2,7% quest’anno e +1,5% nel 2023.

Certo, senza la strozzatura energetica il rimbalzo post Covid sarebbe stato più vigoroso, ma il segno è comunque positivo. E poi c’è la questione dell’inflazione, stimata intorno all’8% nel 2022, ovvero quattro volte il target della BCE.

Tuttavia, siamo distanti dai tonfi del PIL che altre crisi energetiche hanno indotto nelle economie occidentali: si pensi al collasso post crisi petrolifera del 1973, con la crescita che sostanzialmente si azzera, dopo anni intorno al 5-6% e con l’inflazione che raggiunge che raggiunge il 18-20% in Gran Bretagna, Giappone e Italia.

Le economie oggi hanno le spalle più larghe rispetto alle passate crisi energetiche

Insomma, le economie oggi hanno le spalle più larghe e la maggiore ricchezza ammortizza lo shock meglio che in passato. E tuttavia vi sono due dati che rendono questa crisi unica, tanto da poter parlare, come ha fatto Alberto Clò in questo blog – ben prima dello scoppio della guerra ucraina – di Grande Crisi.

Il primo dato è quello relativo alla crescita del prezzo del gas sul mercato di Amsterdam, il famigerato TTF.

I numeri sono stupefacenti: dal 2012 a fine 2020 il prezzo ha veleggiato intorno ai 20 €/MWh, poi dall’inizio del 2021 – molto prima della guerra – ha cominciato a correre, passando dai 16 €/MWh del gennaio 2021 al range 250-340 dell’agosto 2022. Si tratta di un incremento di 15-20 volte. E forse non è finita.

Va sottolineato come variazioni di tale entità non si sono mai verificate nel mercato petrolifero dai primi del ‘900 ad oggi: nel ’73 il balzo del prezzo è dai 2$ per barile ai 12$, ovvero 6 volte, e nel ’79 da 14 a 36 $/bl, ovvero una volta e mezzo. Solo nella primissima, immatura fase del mercato americano assistiamo a un prezzo che passa dal mezzo dollaro/barile del 1861 agli 8$/bl del 1864 (16 volte).

Unicum: il mercato del gas supera 150 anni di storia del mercato petrolifero

Che dire? Dopo anni di evoluzione economica, giuridica e finanziaria dei mercati sembra di essere tornati al punto di partenza.

Il mercato del gas europeo odierno è una specie di leviatano che 150 anni di storia del mercato petrolifero – che comprendono almeno 6 crisi del prezzo (’73, ’79, ’90, 2008, 2014, 2020) alimentate da mix straordinari di cause economiche, geopolitiche e finanziarie – non hanno mai sperimentato.

È il segno, inequivocabile, che siamo di fronte a un unicum.

L’altro dato, che è figlio di quello appena citato, è la straordinaria crescita della spesa energetica mondiale che nel 2022 si colloca sui livelli più alti di sempre (13%), comparabili a quelli della crisi del ’79-‘80.

Fonte: Bloomberg

Un mix micidiale di stimolanti economico-geopolitici-finanziari

Insomma, è come se un mix micidiale di stimolanti economico-geopolitici-finanziari, ingurgitati all’unisono dal sistema energetico, avesse mandato in tilt il mercato del gas europeo. Non daremo una risposta alla questione, rilevantissima, del peso e del ruolo giocato dai diversi stimolanti.

Forse è vero quello che sostiene Salvatore Carollo quando scrive che c’è un problema dalle parti di Amsterdam, che si configura più che come una vera borsa, come un asfittico “mercatino di paese”: troppo piccolo per reggere i colpi dell’azione dei trader, speculativi o meno.

Oppure, la città che diede i natali a Baruch Spinoza, e dunque all’etica moderna, è oggi diventata il cuore scuro di un nuovo, funesto tirannosauro finanziario-geopolitico, in cui si realizza per la prima volta la congiunzione di speculazione finanziaria e interesse strategico-politico: per usare le parole del ministro Giorgetti, “oggi il prezzo del gas è legato al TTF di Amsterdam, un piccolo mercato speculativo che Vladimir Putin si diverte a far impazzire”.

TTF e speculazione: la finanza come prosecuzione della politica con altri mezzi?

In altre parole, assisteremmo a un’escalation dei prezzi originata non dalla classica speculazione finanziaria tesa a far quattrini, ma da una mossa politica nella quale, sfruttando un mercato finanziario, la Russia orienta il prezzo verso l’alto con doppio beneficio per sé stessa: incamerare più soldi, grazie alla componente TTF presente nei contratti un tempo agganciati solo al Brent, e fiaccare le economie dei paesi che appoggiano l’Ucraina.

Se questa tesi è vera, non solo la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi, ma la finanza diventa il prolungamento della guerra, e il cerchio si chiude.

Va detto però, a onor del vero, che esiste una visione diametralmente opposta che riconduce l’incremento di prezzo a un semplice sbilanciamento domanda-offerta. È il mercato, bellezza!

È il mercato, bellezza!

Sottraendo all’Europa l’offerta russa, ovvero un potenziale di gas che soddisfaceva il 40% dei consumi europei – in un contesto già surriscaldato per via della transizione energetica e degli scarsi investimenti nei fossili – si creano le premesse per l’esplosione del prezzo.

L’Europa compete sempre più con l’Asia per accaparrarsi carichi di GNL e questo porterebbe il prezzo sempre più in alto. A sostegno di tale tesi si cita la correlazione tra il prezzo TTF e quello del mercato asiatico.

Fonte: ICIS

E tuttavia il grafico non giustifica del tutto l’entità dell’incremento di prezzo, perché se è vero che le due linee muovono nella stessa direzione è altrettanto vero che da giugno in poi si crea un delta di prezzo ragguardevole, fino ai 16 $/MBTU.

In altri termini, il prezzo europeo tende a essere più alto di quello asiatico di un 20-25%. Non basterebbe un 5-10% in più per spostare i carichi verso l’Europa?

Quali sono le cause di questa situazione? Semplice frenesia da riempimento degli stoccaggi o speculazione? Oppure la ristrettezza della piazza di Amsterdam? Oppure l’inadeguatezza di un mercato che, pur non prevedendo il freno della sospensione degli scambi a fronte di un eccesso di volatilità, è stato misteriosamente preso come riferimento dall’intera Europa? Oppure, semplicemente, una restrizione potenziale dell’offerta del 40% non è sostenibile per qualsiasi mercato?

Non abbiamo risposte definitive, solo ipotesi: il rebus rimane di fronte a noi.

L’impressione è che la finanziarizzazione di mercati che un tempo erano solo fisici abbia introdotto un moltiplicatore della volatilità che ne potenzia eccessivamente il motore: occorre rafforzare i freni dell’auto. Su questi temi rimandiamo alle interessanti speculazioni, intellettuali questa volta, del video “Prezzo del gas. Tutta speculazione? Price cap o razionamento?”

Di fronte a un’escalation che potrebbe continuare – i record sono fatti per essere battuti – chiudiamo segnalando la strana asimmetria della domanda e dell’offerta che troneggia di fronte a noi: a un prezzo straordinariamente elastico alle variazioni di offerta, risponde una domanda straordinariamente rigida rispetto al prezzo. Stringere la cinghia, fino ad oggi, non è opzione contemplata: la tempesta è servita.


Enzo Di Giulio è membro del Comitato Scientifico di ENERGIA


Foto: Aenigmatica


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