30 Settembre 2022

Le parole dell’emergenza gas

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Speculazione, mercato, TTF, price cap, scostamento di bilancio, fornitore di ultima istanza. Chiarire le parole della crisi è il primo passo per riuscire ad orientarsi e, per gli innumerevoli soggetti coinvolti, capirsi. Perché i nomi non sono (sempre) conseguenza delle cose.

Tutti eravamo virologi; e tutti ci siamo fatti gassologi. Ci è cambiato il vocabolario; e in quello nuovo ci sono parole che si ripetono sembrerebbe più per sonorità che per significato. Ne sperimento qui una breve e antologica lista; e per spiegarmi futuramente meglio provo a darvene personalissima definizione e/o descrizione.

Speculazione

In molte vulgate è il motore della storia, o meglio dell’impennare dei prezzi. Laddove lo speculatore è il cattivo (cui un tempo si attribuiva pure un’identità razziale; e adesso magari non più, ma a volte par giusto sottinteso) che affama le masse. In realtà, tecnicamente, il “vero” speculatore è quello che prende posizioni senza farvi copertura. Nessun operatore o quasi è perciò speculatore; che oggi buona parte degli impegni di cassa sono bloccati dal garantirsi un margine sul gas che (ri)venderanno.

Lo “speculatore” inteso come scommettitore senza copertura è bestia rara, se esiste, è un benefattore

Faccio un esempio usando non i futures ma uno strumento di più immediata comprensione. Per garantirsi un margine sul gas che consegnerà, un operatore può fare, di regola con un’istituzione finanziaria, un “collar” sul prezzo futuro. Devo vendere gas a Dicembre. Concordo una fascia di prezzo (il collare) tra 190 e 210. Se il prezzo futuro sarà inferiore a 190 la banca mi coprirà la differenza; e se il prezzo sarà superiore a 210 la banca si terrà l’eccesso. L’operatore a fronte delle future fluttuazioni di prezzo si garantisce così che incasserà “almeno” 190.

Chi è lo speculatore in questa sequenza? La banca o l’operatore? Poi nella realtà anche la banca correrà a ricoprirsi, e così all’infinito. Comprando futures o altri derivati gli operatori non fanno che replicare questo meccanismo di garanzia del prezzo futuro.

Lo “speculatore” inteso come scommettitore senza copertura è bestia rara; e quelli che ci sono in quanto “prenditori di rischio di ultima istanza” in realtà tolgono il fattore rischio dal mercato fisico e lo aiutano a stabilizzarsi. Lo speculatore, se esiste, è un benefattore.

Mercato

O mercati. Quello del gas è sempre stato regionale, e non globale. Il prezzo del gas in USA (che è esportatore netto) è preponderantemente stato negli ultimi anni una frazione di quello dell’Europa (che importa prevalentemente via tubo); e quello dell’Asia (che importa quasi solo via nave) ben più alto di quello d’Europa. Adesso da qualche mese il prezzo europeo è sostanzialmente più elevato di quello asiatico.

E se pensate che il mercato non esista o che non si sia fatto corto chiedete in Pakistan e in Bangladesh

In realtà ci è sparito dal tavolo buona parte del gas russo, e ci tocca rimpiazzare almeno un 25% di quel che consumavamo prima. Per rimpiazzare il gas però ci vogliono infrastrutture, e farne di nuove può essere meno che istantaneo.

Il mercato era corto già prima della guerra; e con altri soprattutto noi e i tedeschi ci siamo poi messi a comprare gas a qualunque prezzo pur di riempire gli stoccaggi. Se volete sapere perché da noi da qualche mese costa più che in Asia non vi serve immaginare complotti ma basta ragionare di domanda e offerta. E se pensate che il mercato non esista o che non si sia fatto corto chiedete in Pakistan (si veda Crisi ucraina: dal grano al gas, NdR) e in Bangladesh, che sono in attesa di un inverno assai freddino perchè non potendo pagare i nostri prezzi sono rimasti praticamente senza combustibile.

TTF

Ovvero il colpevole. Nasce come hub inizialmente molto correlato al fisico, e inizialmente come mercato subregionale da cui transitano il gas olandese, quello che viene in Europa dalla Norvegia, e consistenti volumi di GNL. Tanta roba, in progresso di tempo. Che ne accrescono l’importanza e gli fanno presto soppiantare l’hub inglese (NBP) come principale “mercato” europeo. Da lì a diventare il principale mercato dei derivati (futures…) il passo è breve.

E per gli operatori sempre più interessati a sostituire nei contratti di lungo periodo l’indicizzazione a petrolio con quella a gas il TTF diventa riferimento quasi naturale.

(En passant, gli importatori europei per anni hanno negoziato con Gazprom il passaggio dal petrolio al gas to gas, e sino al 2020 chi andava a gas pagava meno di chi andava a petrolio. Infine sono riusciti a far accettare un’indicizzazione al 100% gas to gas; ma mentre ancora brindavano al successo, i russi hanno invaso l’Ucraina…).

Magari è congiura; però per certo è anche infrastruttura

Dicono che adesso il prezzo TTF sia il più alto d’Europa; e che, ad esempio, NBP quoti da aprile di quest’anno ben al di sotto (anche di un 20%). E dicono anche che il prezzo al TTF nello stesso periodo abbia avuto volatilità ben più alta dei concorrenti, e raddoppiata in assoluto rispetto all’anno precedente.

Magari è congiura; però per certo è anche infrastruttura. A Russia che chiude, il flusso del gas in Europa tende a invertirsi. Da Est/Ovest a Ovest/Est. E il più importante punto d’ingresso da Ovest è, anche per capacità storica di rigassificazione (Gate Access to Europe, GATE), l’Olanda. Quando il flusso veniva prevalentemente da Est, in Olanda c’era abbondanza di spare capacity sia in tubo che in terminale. Adesso non ci passa quasi uno spillo.

È anomalo che l’intasamento dell’infrastruttura crei quotidianamente tensioni sul prezzo e differenziali con altri mercati subregionali (vedi NBP) dove permane una comoda spare capacity?

Sono comunque in arrivo espansioni di capacità.  Capiremo meglio con l’avvio del nuovo terminale GNL (Eeemshaven), l’espansione del GATE, e la loro ricaduta sulla capacità impegnata. È possibile che l’espansione basti a riallineare l’anomalia di prezzo e di volatilità. Non sarebbe la prima volta che gratti sulla parola speculazione e sotto ti compare un’infrastruttura congestionata.

Price Cap

Ovvero la parola forse più abusata. Puoi immaginartelo come un tetto al prezzo al consumo. Solo che poi devi rimborsare a chi ha comprato il gas all’ingrosso la differenza tra prezzo di mercato e cap. Si scrive price cap; ma si legge sussidio. Oppure immaginartelo un tetto al prezzo di importazione. Qui varianti infinite, e però tutte grosso modo basate sull’idea che noi si abbia titolo a praticare un autosconto.

Sussidio o autosconto? E se autosconto, solo sulla Russia, su tutti o solo sul tubo?

Un price cap solo sul gas russo; che è uno di quegli ormai innumerevoli annunci tipici di Bruxelles che finiscono di avere come unico effetto quello di spingere in alto il prezzo. (Se poi questo annuncio si traducesse eccezionalmente in pratica ne deriverebbe per certo la fine dei residui flussi dalla Russia all’Europa. Se è quello che Bruxelles vuole però lo dica in chiaro, anziché arrampicarsi sul price cap).

Un price cap per tutti. Si ma il GNL via nave rischia di finire altrove, che lui va dove lo porta il prezzo.

Allora un price cap solo per le importazioni via tubo, che il tubo è rigido e se non accettano non possono mandare il gas altrove e se lo devono tenere in giacimento. Price cap per il gas di tubo che però vorrebbe dire che si va da algerini, azeri, libici e norvegesi a spiegargli la novità per cui l’anno prossimo ne vogliamo di più ma glielo paghiamo di meno.

Oppure formule più raffinate…ma la coperta rimane corta

Ci sono poi formule sicuramente più raffinate. Due per tutte. Si potrebbe intervenire informaticamente sulle piattaforme di scambio impedendo la registrazione di operazioni a prezzo superiore al cap (col rischio, tra l’altro, di dover tollerare un mercato parallelo per il GNL, che sennò trova prezzi migliori altrove); o in alternativa fare un cap “dinamico” basato ad es. sul prezzo asiatico (JKM + 1, col rischio però di causare un immediato riallineamento JKM/TTF che vanificherebbe il cap).

Gli esercizi sono tanti, ma la coperta al meglio rimane corta. E difatti l’ultimo non paper (ma li chiamano così perché non li stampano?) della Commissione sembra infatti gettare la spugna e ammettere che per fare o modificare un contratto bisogna essere (almeno) in due. Meglio concentraci su altro, che l’unica cosa che siamo sicuri di poter fare è di cappare il prezzo delle generazioni elettriche diverse dalla generazione a gas e rendere così meno inflessibile la dipendenza delle tariffe elettriche dal prezzo del gas. Che è in effetti l’unica cosa che persino con la benedizione di Bruxelles si prova a fare.

Scostamento di bilancio

Ovvero del dibattito (?) politico sul tema del se e quanto sia giusto fare (ulteriore) debito per aiutare (leggi: sussidiare) in tempo di crisi. Lo scontro si perde spesso nella deriva ideologica; e scade a un dibattito in astratto sul se sia giusto o no fare ulteriore debito.

Eat or heat: siamo però in emergenza, o se volete in guerra; e l’emergenza ammette tutele emergenziali

Siamo però in emergenza, o se volete in guerra; e l’emergenza ammette tutele emergenziali. Ci sono famiglie che sono in o sono a rischio di povertà energetica (poi definitela come volete; ma di base stiamo dicendo che ci sono famiglie che per scaldarsi e nutrirsi devono spendere in energia una quota predominante del proprio reddito fino a misurarsi con l’alternativa drastica “eat or heat”); e qui si tratta di tracciare una linea che divida chi va sussidiato da chi no (che io possa beneficiare di un sussidio generalizzato è ad esempio sicuramente assurdo).

Poi ci sono le imprese, tra cui in particolare alcune energivore, che già hanno preso, chiudendo, la strada della distruzione della domanda. Qui il tema diventa di capire quali produzioni debbano a qualunque costo continuare, e soprattutto individuare quelle la cui chiusura lascerebbe le produzioni a valle senza beni intermedi. Per far d’esempio estremo, se chiude l’acciaio mancano i tondini; e se mancano i tondini chiude a valle anche l’edilizia.  

L’aiuto pubblico deve essere selettivo; ma non può latitare. Costi quel che costi, e che necessiti o meno uno scostare, far diga alla povertà energetica e preservare la supply chain del sistema produttivo è comunque un minimo dal quale non possiamo derogare.

Fornitore di ultima istanza (FUI)

Ovvero l’ultima “entry” del vocabolario della crisi.Quest’inverno il mercato italiano del gas, quello nato dalle liberalizzazioni Letta/Bersani, ci va, o quasi, a scomparire. L’anno termico comincia a Ottobre: e la maggior parte dei piccoli venditori finali (retailers) non sa ancora se riuscirà ad approvvigionare gas per i propri clienti.

La maggior parte dei piccoli venditori finali non sa ancora se riuscirà ad approvvigionare gas per i propri clienti

Ammesso che lo trovi, non sa poi se riuscirà a pagarlo e a coprirsi (che a questi prezzi le coperture costano un botto). Infine, non sa quanto approvvigionarne, che i suoi potenziali venditori quest’anno gli fanno carico della flessibilità. Insomma, il nostro retailer deve ordinare oggi su base giornaliera e giorno per giorno per un anno i volumi che gli necessitano (i venditori più generosi gli consentono un +- 3%). Se poi sbaglia per difetto o per eccesso se la deve cavare da solo sul mercato del bilanciamento.

La previsione generale è che, in queste condizioni, di piccoli ne sopravviveranno pochi. Però non preoccupatevi, che anche se rimanete senza il vostro fornitore abituale, non rimarrete senza gas a casa. Ve lo fornirà il Fornitore di Ultima Istanza, che per aggiudicarsi il servizio ha vinto una gara pubblica; e ve lo fornirà ad un prezzo basato su una formula stabilita amministrativamente siccome è oggi per il prezzo di maggior tutela. La liberalizzazione del mercato. Ovvero Ei Fui.

Fine dell’antologia. Nomina non sunt rerum.


Massimo Nicolazzi è docente di economia delle risorse energetiche presso l’Università di Torino

L’articolo è stato pubblicato su ISPI


Foto: Pixabay

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