Per ogni problema umano esiste una soluzione chiara, semplice e sbagliata. La proposta di Salvatore Carollo di svincolare i prezzi del gas in Italia dalla borsa di Amsterdam (TTF) rientra in questa categoria: ha certamente le prime due caratteristiche, ma purtroppo non bastano a renderla praticabile. Due, in particolare, le assunzioni implicite che pregiudicano la proposta.
Diceva H.L. Mencken che per ogni problema umano esiste una soluzione chiara, semplice e sbagliata. La proposta di Salvatore Carollo per emancipare i prezzi del gas dalla apparente condanna del TTF ha certamente le prime due caratteristiche: purtroppo non bastano a renderla praticabile.
L’obiettivo di fondo è, ovviamente, del tutto condivisibile: l’inflazione energetica sta mettendo in ginocchio famiglie e imprese. Tuttavia, non è detto che si possa uscirne con una semplice alchimia contabile. Non è neppure ovvio che un cambiamento a livello nazionale sia sufficiente, specie adesso che anche a livello europeo si sta cercando una faticosa convergenza su soluzioni comuni.
L’idea di Carollo prende le mosse dalla credenza che i prezzi sulla borsa di Amsterdam, che mobilita modesti volumi di gas ma influenza indirettamente i contratti di lungo termine, sarebbero completamente slegati dai fondamentali.
Due implicite, ma fallaci assunzioni
La prova ne sarebbe che “Il gas più caro che importiamo è quello liquido dagli USA. Si tratta di un prezzo, chiamato Henry Hub, che viene stabilito attraverso le transazioni che si effettuano al terminale di esportazione in Florida per tutti i volumi esportati verso tutto il mondo. Si può quindi ritenere un indicatore globale trasparente ed accettato in tutti i mercati mondiali”.
I prezzi HH sono oggi una frazione – tra un terzo e un quarto, dice Carollo – rispetto a TTF. Di conseguenza, egli invoca una “circolare” con cui Arera imponga un “tetto massimo basato sul valore di Henry Hub”. (Una ulteriore richiesta riguarda la trasparenza sul contenuto dei contratti take or pay, ma questi sono già stati acquisiti da Arera e Mite mesi fa, quindi essa può ritenersi soddisfatta).
La proposta poggia su due assunzioni implicite che rischiano di pregiudicarne la fattibilità. In primo luogo, trattandosi di un cap al prezzo di vendita al dettaglio, essa sembra dare per scontato che sono i rivenditori a incamerare la rendita. Tuttavia, la platea dei consumatori a cui si riferisce è contenuta e non necessariamente coincide con quelli più bisognosi. Per come è formulata, infatti, appare come una richiesta di riforma del meccanismo di definizione dei prezzi di tutela, fino allo scorso trimestre ancorati proprio al TTF (per effetto di una riforma adottata nel 2013) e adesso in via di revisione.
La proposta interesserebbe solo i clienti in regime di tutela: 1/3 dei consumatori domestici
Il servizio di tutela, oltre tutto in via di superamento, è accessibile ai soli clienti domestici, che costituiscono il 28 per cento della domanda complessiva di gas. Di questi, solo un terzo effettivamente fruisce della tutela: i restanti due terzi hanno scelto di sottoscrivere contratti sul mercato libero, evidentemente perché ritenuti più convenienti.
La seconda assunzione è però quella fondamentale: non c’è alcuna evidenza che gli importatori di gas facciano dei margini spropositati in sede di vendita. Poche settimane fa l’Arera ha pubblicato l’esito della sua analisi dei contratti di importazione, concludendone che “i disallineamenti tra il costo medio dei contratti pluriennali di importazione e il valore di mercato del gas naturale sono mediamente compensati dalle coperture, restaurando la coerenza tra il costo medio di approvvigionamento dall’estero e il prezzo all’ingrosso del gas naturale”.
Guardare ai fondamentali di mercato, non alla finanza speculativa
Ciò significa, semplicemente, che i prezzi a cui i consumatori acquistano il gas sono legati ai costi di importazione sostenuti dagli operatori. Se vi è rendita, essa non sta in Italia: la appropria chi il gas lo produce, non chi lo compravende.
Ne segue la domanda: perché, se i prezzi HH sono così convenienti rispetto a TTF (e, a fortiori, rispetto ai contratti), gli operatori europei non acquistano il gas in America a prezzi americani? La ragione va cercata nei vincoli al trasporto: il gas può muoversi su lunghe distanze solo via tubo o – dopo essere stato liquefatto – via nave. Se la capacità di trasporto tra il Nordamerica e l’Europa fosse abbastanza ampia (e se l’offerta di gas nordamericano sufficiente) allora i prezzi TTF e HH convergerebbero e non ci sarebbe problema. Il differenziale di prezzo è la manifestazione economica di una separazione fisica tra i due mercati.
Nulla e nessuno vieta agli europei di acquistare il gas in America a prezzi americani: il problema è che ai consumatori serve averlo in Europa. E se vogliono averlo in Europa, dati gli attuali livelli di domanda e offerta, devono rassegnarsi a pagarlo ai prezzi che il mercato esprime.
Simona Benedettini è Consulente, Economista dell’Energia
Carlo Stagnaro è direttore ricerche e studi e dell’Istituto Bruno Leoni
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Foto: Wikimedia Commons
CAMBIARE L’INDICE DI RIFERIMENTO TTF PER LA FORMAZIONE DEL PREZZO AL CONSUMO DELL’ELETTRICITÀ, É UN DOVERE.
Salve, agli autori lancio una provocazione; sottoscrivereste voi, per l’acquisto del vostro immobile di settecentomilaeuro, un mutuo ventennale indicizzato alla scommessa (futures) del verificarsi della separazione della coppia dei vostro vicini di pianerottolo?
Inoltre la scommessa, tra voi e la banca, non viene garantita da un Notaio, ma dal barista sotto casa (mercato non regolamentato).
Ho volutamente esagerato per sottolineare la gravità del fatto, di agganciare il costo del servizio gas/luce per il consumatore finale (popolo e imprese) a uno strumento “:derivato”.
La necessità di normalizzare questa non regola ha un valore Etico, Morale, Sociale e evitare il rischio finanziario pericoloso del circular debt (vedi Pakistan).
Ricordate i mutui surprime venduti alle Istituzioni locali ?
Eliminare per i consumatori finali il sottostante al TTF di Amsterdam non deve essere frenato da un problema tecnico, ma agevolato da un.principio di giustizia e previdenza.
Il Mercato deve avere i suoi limiti, non può ridurre l’essere umano in schiavitù.