21 Settembre 2022

Uno scenario di squilibri crescenti, erroneamente ritenuti temporanei

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Gli eventi imprevedibili (pandemia, guerra in Ucraina) si sono inseriti su situazioni esistenti che avrebbero dovuto dare a operatori e governanti un doveroso segnale d’allarme (inflazione). Nel suo editoriale su ENERGIA 3.22, Romano Prodi ricostruisce gli errori che ci hanno impedito di attenuare le attuali crisi, nonché quelli che ancora stiamo compiendo, a partire dalle illusioni, le differenze di interessi e l’assenza di una reale solidarietà europea.

“Come spesso capita nelle cose di questo mondo, le disgrazie arrivano per un insieme di imprevisti e un insieme di eventi prevedibili dei quali non si era voluto tenere conto. Tra gli imprevisti vi è certamente il Covid e il drammatico precipitare della guerra in Ucraina. Tra le cose che avrebbero invece fatto cambiare in modo prevedibile le coordinate del nostro Pianeta vi era il progredire di un processo inflazionistico che non si constatava da tempo”.

Nel suo editoriale Il tempo della guerra e quello della speranza su ENERGIA 3.22, Romano Prodi descrive come “gli eventi imprevisti sono caduti in un mondo politicamente e psicologicamente impreparato ad affrontarli” proprio perché “si sono inseriti su situazioni esistenti che avrebbero dovuto dare a operatori e governanti un doveroso segnale d’allarme”.

A partire dall’inflazione. “Già da un anno e mezzo i segni di squilibrio fra domanda e offerta, le crescenti tensioni economiche che mutavano catene produttive ormai consolidate e una condivisa politica di moneta facile facevano pensare che l’inflazione fosse ormai in atto”.

Che nella situazione concorrenziale in cui le imprese agiscono il governo USA possa dare vita a una politica del gas comune con i paesi europei appartiene al mondo dei sogni e non alla realtà

“La crisi energetica va quindi inquadrata in questo scenario di squilibri crescenti ma ritenuti temporanei e, comunque, non tali da mutare il quadro economico e politico mondiale”. Squilibri che non possono “durare a lungo senza provocare tensioni economiche e politiche”, ma a cui “le misure di riequilibrio, in un mondo lasciato al totale dominio dei mercati, sono del tutto irrealistiche”.

“Il crescente squilibrio fra domanda e offerta nel settore dell’energia era infatti già stato preparato dai comportamenti precedenti, comportamenti che non tenevano realisticamente conto dell’evoluzione dell’economia globale e dell’insufficiente risposta del settore energetico alla nuova realtà”.

Prodi presenta quindi le ragioni di tali disequilibri. “La prima ragione di tale squilibrio è l’ormai lungo periodo di insufficienti investimenti nel petrolio e nel gas nella prospettiva di camminare rapidamente e facilmente verso l’energia verde”.

Vendere l’illusione di un pur condiviso traguardo senza indicare i sacrifici e gli strumenti per raggiungerlo: atteggiamento ormai comune a tutte le forze politiche, non solo populiste

“Nonostante dal 2004 ad oggi sia stata investita una spaventosa cifra intorno ai 5.000 miliardi di dollari nelle energie rinnovabili (…), esse non arrivano a ricoprire il 5% dei consumi mondiali. Questo non implica che si debbano diminuire gli investimenti (ma) che questo processo sia accompagnato da altre misure, in modo da rendere socialmente ed economicamente sostenibile la transizione energetica”.

La seconda ragione è la “forte dipendenza dell’Europa, anche se con percentuali diverse a seconda dei paesi, dall’importazione di gas da Mosca (…). Un livello minimo di prudenza, almeno per i lunghi anni che ci separano da un’adeguata diffusione delle energie rinnovabili, ci avrebbe dovuto obbligare a diversificare maggiormente le fonti di provenienza del gas, con una particolare attenzione agli equilibri fra Sud e Nord”.

Incomprensibile il taglio della produzione nazionale perfino nei giacimenti dell’Adriatico, ora regolarmente sfruttati dai croati

“Inoltre, è stato compiuto un altro errore: spinti dall’illusione che il libero mercato ci avrebbe sempre favoriti mettendoci nelle condizioni di acquistare gas a minor prezzo (dimenticando che invece il mercato a volte premia e a volte bastona) abbiamo abbandonato i contratti a lungo termine che tranquillizzavano la Russia, ma davano anche a noi molta più sicurezza. E così abbiamo messo il manico del coltello nelle mani di Putin”.

“Non solo si assiste a un cambiamento radicale nel campo ambientale, ma il Green Deal europeo appare sempre più difficile da mettere in atto perché troppo diversi sono tra di loro gli interessi dei paesi europei”. Come possiamo avere una politica europea comune partendo da interessi così divergenti?

“Tutti sono d’accordo che nel magico periodo di cinque anni, quindi entro il 2027 – come indicato nel recente REPowerEU – questo sarà possibile puntando su risparmio energetico, sole, vento, biofuel, idrogeno e un forte aumento di importazioni di gas liquefatto. Il problema è come fare passare questi cinque anni con una strategia che dia subito i risultati sufficienti a farci sopravvivere”.

Le differenze di interessi trai paesi europei è evidente dalla “corsa di tutti i paesi per attrarre la quantità addizionale di gas liquefatto disponibile nel mercato e aumentare l’arrivo di gas che non proviene dalla Russia” e “pur con differenti modalità, toccano non solo il mercato del gas, ma anche quello del petrolio, che ha già messo in difficoltà le raffinerie siciliane che comperano il greggio russo”.

La strategia comune nel confronto politico e militare con la Russia non si traduce in una comune azione nel campo dell’energia

“Un ultimo punto interrogativo riguarda infine l’effetto complessivo delle sanzioni. (…) da un lato indeboliamo le forze dell’aggressore ma, dall’altro, forniamo a Putin crescenti risorse per fare fronte alla guerra di Ucraina”.

La riflessione conclusiva è dedicata alla Germania, “dove il combinato disposto fra scontro militare e guerra energetica sta producendo maggiori conseguenze”.

“Una pluridecennale politica di scarso impegno nella difesa si è trasformata di colpo in una strategia di crescita delle spese militari che, in pochi anni, porterà il bilancio tedesco della difesa al terzo posto del mondo (…). Tutto questo, a rigore di logica, dovrebbe spingere la Francia, l’Italia e la Spagna a prendere l’iniziativa per creare una difesa comune europea, ma qui entriamo nel delicato rapporto fra Stati nazionali e solidarietà europea, un rapporto complicato non solo nel campo energetico”.


Il post è presenta l’articolo di Romano Prodi Il tempo della guerra e quello della speranza (pp. 8-12) pubblicato su ENERGIA 3.22

Romano Prodi, Fondazione per la Collaborazione tra i Popoli

Foto: Unsplash

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