28 Ottobre 2022

Fumo di (price) cap

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Tra i 9 compiti che il Consiglio ha chiesto alla Commissione di fare (o rifare), il corridoio dinamico dei prezzi merita uno sguardo particolare, per la sua visione “futurista” e l’essere sostanzialmente inapplicabile. Tanto rumore per nulla, mentre le questioni da discutere per mantenere salda l’Unione sarebbero ben altre.

Ho visto un cap. O forse no. È la cosa di cui apparentemente più si parla; però ancora non esiste. Evito qui di entrare nel merito se un price cap sul gas naturale importato sia giusto e praticabile; e mi limito a constatare lo stato della sua (presunta) esistenza in vita.

Al Consiglio europeo  del 20 ottobre la Commissione aveva proposto una bozza di Regolamento che tra l’altro prevedeva acquisti congiunti, una piattaforma comune per gli stoccaggi, solidarietà energetica tra gli Stati Membri, un prezzo benchmark per il GNL, un meccanismo anti volatilità, e l’introduzione di un cap sotto forma di “temporaneo corridoio dinamico” di prezzo.

Il Consiglio esamina, discute, e nelle sue conclusioni “calls on the Council and the Commission to urgently submit concrete decisions”; insomma decide all’unanimità di ordinare alla Commissione di rifare i compiti. Possibilmente in fretta. Non constano, nella seduta del 20 ottobre, ulteriori decisioni del Consiglio in materia energetica.

Le conclusioni del Consiglio: la Commissione deve fare (o rifare) 9 compiti

Poi il Consiglio enumera le decisioni che vuole gli siano sottoposte; o meglio, le proposte che la Commissione gli dovrà sottoporre per decisione. Nove temi (o se preferite obiettivi), alcuni già nella proposta originaria di Risoluzione della Commissione e altri no.

Cominciamo da quelli che c’erano, e su cui il Consiglio chiede di rifare i compiti.

1. Gli acquisti comuni di gas, che però devono essere su base volontaria eccetto che per il 15% delle necessità di stoccaggio (e attendiamo di sapere come si determini e distribuisca la “necessità”).

2. Un nuovo benchmark di prezzo per il gas (e qui Bruxelles entra in competizione con Platt’s, che è una società che pubblica e vende quasi ogni benchmark possibile).

3. Un temporaneo corridoio dinamico per le compravendite di gas al fine di limitare ipotesi di prezzo eccessivo (poi ne riparliamo).

4. Miglioramenti nelle procedure dei mercati energetici per aumentarne la trasparenza, aumentarne la liquidità e ridurne la volatilità (e qui al netto dell’intervento divino la Commissione dovrà essere molto creativa).

5. Misure di solidarietà energetica tra Stati membri che devono scattare in caso di disruption delle forniture di gas naturale (Il mio stoccaggio è anche tuo. O no?).

Poi i temi/obiettivi che non erano inclusi nella proposta, ed in relazione ai quali il Consiglio chiede alla Commissione di fare anziché rifare i compiti.

6. Un temporaneo cap sul prezzo del gas naturale limitato al gas usato per generazione elettrica, insomma un’espansione dell’idea che sta alla base del tope iberico.  Usi in qualche modo parte dei ricavi della generazione non a gas – rinnovabile anzitutto – per rimborsare al generatore a gas la differenza tra prezzo d’acquisto all’importazione e prezzo cap del gas usato per generare elettricità; e se poi i ricavi scontabili non bastano, la differenza la copri col sussidio pubblico. Ne beneficiano solo le utenze finali elettriche onde la Signora Gina, che ha la cucina a gas, dovrà chiedere alla Piera che ha l’induzione il permesso di andare a fare da lei il brasato per l’Antonio).

7. Un aumento degli sforzi di risparmio energetico (che scritto così non si capisce se sia esortazione o atto di fede).

8. Una semplificazione delle procedure di autorizzazione per l’installazione di nuova capacità di generazione rinnovabile (applausi a scena aperta e magari qualche nostro doveroso ripensamento su conferenze dei servizi e utilità energetica delle Soprintendenze).

9. Infine l’ultima mission (quasi) impossible. Che cioè la proposta di decisione mobilizzi tutto il mobilitabile per proteggere famiglie e industrie salvaguardando la competitività europea (Auguri, e temo finirà che chi più chi meno tutti ci sussidiammo a stento).

Sin qui dunque non le decisioni, ma le richieste di proposte di decisione fatte dal Consiglio alla Commissione.

Come funzionerebbe il fatidico “temporaneo corridoio di prezzo”?

Una, in particolare, solletica la curiosità mediatico/popolare. Il price cap. Ecco quindi lo stato dell’arte rispetto a questa proposta.

Ripartiamo dalle conclusioni del Consiglio del 20 ottobre. Chiedono come detto che si proceda a proporre un “temporaneo corridoio di prezzo”. Insomma una banda di prezzo con un limite superiore (il prezzo massimo, il cap) e però anche con un limite inferiore (il prezzo minimo, il floor).

L’oscillare dinamico rimanda a visioni futuriste, che il cane di Balla nel corridoio ci starebbe benissimo; ma quel che fuor di scherzo è rilevante è che il Consiglio fa a fini di corridoio un espresso riferimento alla necessità di mantenere le “salvaguardie” proposte dalla Commissione all’art. 23(2) nella propria precedente bozza di regolamento.

Le regole d’ingaggio sono insomma già scritte, ed è all’analisi dell’art. 23 che occorre dedicarsi per comprenderle.

Cominciamo dal 23 (1) della proposta della Commissione, che seppur non evocato dal Consiglio sarà quasi certamente ribadito. Vi si prevede che il corridoio debba su proposta della Commissione essere approvato dal Consiglio. In pratica uno Stato membro può approvarne la previsione regolamentare (e dunque l’art. 23) e poi vetarne la pratica. Il corridoio “futurista” o è unanime o non è.

Un corridoio “futurista”

Veniamo al secondo comma. Laddove ci si spiega che si determinerà un meccanismo dinamico di correzione del mercato per le transazioni effettuate sulla piattaforma TTF, e che gli altri trading hubs potranno essere connessi alla correzione dello spot TTF attraverso un corridoio di prezzo dinamico. Vorrebbe dire che se il prezzo si alza o si abbassa improvvisamente troppo si deve poter intervenire. “Come” resta misterioso, ma sic scripsit, e lascio a voi di immaginare come funzionerebbe.

A seguire, il comma 2 detta le salvaguardie cui fa espresso riferimento il Consiglio. E qui il corridoio “futurista” si muta in corridoio (quasi) impossibile. Il corridoio si può fare solo se, tra l’altro:

  • Non pregiudica le possibilità di compravendite over the counter (OTC); e dunque si applica solo alle compravendite fatte in piattaforma e non deve avere effetti sul prezzo liberamente contratto per le altre;
  • Non mette a rischio la sicurezza degli approvvigionamenti dell’Unione (il che peraltro implica che il cap deve essere abbastanza alto da consentirci di acquistare l’ultimo carico marginale di GNL necessario al nostro bisogno)
  • Non stimola un aumento dei consumi di gas naturale (il che in pratica significa, posto che la domanda non è totalmente inelastica, che il floor deve comunque essere così alto da non stimolare la Signora Gina a smetterla con le cotture brevi e a ritornare al brasato)
  • Non influenza la stabilità e l’ordinato funzionamento dei mercati dei derivati, che se non capisco male vorrebbe dire che il corridoio si applica solo agli scambi fisici e non deve influenzare i meccanismi di formazione del prezzo ad esempio dei futures (e come un prezzo corrente possa non influenzare i futures mi viene difficile da capire)

In definitiva (al netto di altre salvaguardie che qui non descrivo) stiamo parlando di un meccanismo che circondato com’è da condizioni (salvaguardie) ostative ha pochissime possibilità di vedere mai la luce; e che se anche la vedesse sarebbe solo per limitare con un prezzo massimo (il cap…) comunque necessariamente alto improvvisi picchi di prezzo (che comunque a loro volta probabilmente si affloscerebbero prima che il Consiglio abbia avuto il tempo di deliberare).

Magari un circuit breaker (chiamatela se volete e con approssimazione sospensione temporanea per eccesso di rialzo) obbligatorio per tutti gli hubs sarebbe stato più semplice e financo più efficace.

Much ado about nothing, mentre le priorità sarebbero altre

Much ado about nothing, verrebbe da dire. Però è un nothing che riempie il dibattito. Una sorta in realtà di arma di distrazione di massa. Laddove a non distrarsi ci sarebbero per l’Unione temi di assai maggior rilevanza da mettere sul tavolo. Uno per tutti. Gli aiuti tedeschi previsti per 200 miliardi e che nella parte relativa al sussidio alle forniture di gas per le imprese energivore garantiscono fino a concorrenza dell’80% dei consumi dell’anno precedente un anno di fornitura a 7 centesimi kWh.

Si dice che il distretto delle ceramiche stia per trasferirsi nei dintorni di Monaco di Baviera, da Sassuolo a Sassuolen. E così per il resto degli energivori europei.

Attenti ad evitare che l’inseguimento della chimera price cap non si faccia cortina fumogena che ci occulta o quantomeno sfuma il reale. Altre, e non il price cap, sono le priorità che ci pongono guerra, crisi e inflazione.

L’Europa si rafforza solo se nella crisi sa coordinare finanziamenti, debito e sussidi. Siamo nati mercato comune; e reagire alla crisi andandocene per aiuti di Stato ciascuno per sé e Dio per tutti sarebbe la fine del nostro poter essere coesi.


 Massimo Nicolazzi è docente di economia delle risorse energetiche presso l’Università di Torino

L’articolo è stato pubblicato su ISPI


Foto: Pixabay

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