21 Ottobre 2022

Un gasdotto per le allodole: dal MidCat al BarMar

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Dopo anni di incertezze, è ufficiale: il gasdotto Francia-Spagna MidCat non si farà. Al suo posto spunta il BarMar (Barcellona-Marsiglia). Progetto solo apparentemente votato alla solidarietà europea, ma a ben vedere assunto in piena autonomia da Parigi, Madrid e Lisbona, la cui realizzabilità rimane indefinita, non ci aiuterà a superare questo inverno, né verosimilmente il prossimo, che si annuncia ancora più duro.

La crisi energetica europea ci pone davanti a una nuova svolta repentina, e per certi versi epocale, della modalità con cui i governi del nostro continente affrontano in parallelo i temi della sicurezza e transizione energetica. Spagna e Francia prendono infatti le redini della situazione, dopo mesi di dialogo e rimpalli vari, e in cui il silenzio della Commissione è stato assordante, tracciando sulla mappa un nuovo percorso per trasportare il gas, perlopiù verde, tra i due paesi, incidendo sul futuro della crisi energetica continentale.

MidCat non si farà più. Riunitisi a Bruxelles per il Consiglio Europeo che dovrebbe risolvere la matassa energetica, Macron, Sanchez e il portoghese Costa hanno dichiarato la fine del gasdotto transpirenaico che avrebbe dovuto trasportare 8 miliardi di metri cubi di gas tra Spagna e Francia, raggiungendo i mercati dell’Europa centrale.

Una “risposta diretta alla chiamata di solidarietà dei partner europei” – Pedro Sanchez

Al suo posto invece prenderà vita una nuova infrastruttura. Un nuovo Corridoio verde che dovrebbe trasportare gas rinnovabili, idrogeno verde e un “limitato ammontare di gas” per la durata della crisi e che poggerà sul fondale del Mediterraneo, tra Barcellona e Marsiglia – il così chiamato BarMar pipeline.

Fonte: Ministero dell’Energia Spagnolo

Un progetto che è per Sanchez una “risposta diretta alla chiamata di solidarietà dei partner europei” dopo le azioni russe e le problematiche innescate dal taglio dei flussi gassiferi verso il nostro continente, ormai ridotti a meno del 10% dei nostri consumi, contro il 40% del 2021. Una dimostrazione incontrovertibile che sarebbe stato impossibile un taglio della totalità dei flussi di gas russo anche nell’immediatezza dell’invasione russa dell’Ucraina, come sostenuto da qualche esperto, se non innescando una crisi ancor più dirompente di quella attuale, che rischia di dare il via ad una seria de-industrializzazione del nostro continente e dai risvolti politici dirompenti.

La decisione su MidCat avviene, come si diceva, nel bel mezzo del Consiglio Europeo su energia e politica estera, due tematiche quanto mai unite nel presente e prossimo futuro, che dovrebbe dirimere questioni di primaria importanza come price cap e misure economico-finanziarie a sostegno degli Stati membri.

Il Consiglio Europeo su energia e politica estera non sembra stia dando i risultati sperati

Non sembra però che il vertice stia dando i risultati sperati, anche perché il No deciso della Germania ad un price cap generale su ogni flusso importato e il lancio del piano da €200 miliardi hanno di fatto frantumato il fronte interno, con lo stesso Draghi a ricordare spazientito, nel suo ultimo vertice europeo da Presidente del Consiglio, che le divisioni europee non fanno che rinforzare la Russia e Putin nei suoi intenti geopolitici. Un rischio di frammentazione a cui la stessa Ursula von der Leyen ha fatto più volte esplicito riferimento.

Notevole è anche il fatto che la cancellazione di MidCat avvenga a meno di un mese dall’incontro nella città spagnola di A Coruña tra il Primo Ministro Sanchez e il Cancelliere tedesco Scholz e in cui il tema principale è stato proprio la realizzazione del gasdotto.

Un progetto per rafforzare l’economia tedesca, ovvero un obiettivo “nell’interesse di tutti” secondo lo spagnolo, ma che ora frana incredibilmente quando sembrava che Parigi dovesse cedere sotto la pressione di Madrid e Berlino, coalizzatisi per accelerare la costruzione e mettere in funzione MidCat entro il 2023-2024.

L’ombra di Berlino

Ora è invece Berlino con le spalle al muro e isolata anche nel suo rapporto con Parigi, proprio per le discordanze sui temi di energia e difesa, aprendo una fase di preoccupante instabilità a poche settimane dall’inizio dell’inverno più difficile che l’Unione Europea abbia mai vissuto.

Mentre attorno le coste della Spagna attendono ormai decine di metaniere pronte a scaricare il proprio cargo, queste rimangono impossibilitate per l’assenza di slot disponibili nei terminal iberici e la sostanziale saturazione degli stoccaggi di molti paesi, tra cui quelli francesi.

e il costante ritardo della Commissione

Gas costato carissimo e importato facendo a cazzotti tra pari, nel mutismo di una Commissione che ora si attiva a richiedere una quota irrisoria di stoccaggi derivati da acquisti comuni, ma che avrebbe potuto e dovuto anticipare la concorrenza intraeuropea spingendo sin da subito ad un coordinamento attraverso la piattaforma comune degli acquisti introdotta a maggio. Un mezzo rimasto ad oggi sostanzialmente inerte, sovrintendendo tacitamente al dramma energetico europeo.

Mentre i media nostrani sono ringalluzziti alla vista dall’affondare dei prezzi al TTF, segno che la debacle economica europea è già dietro l’angolo e che al riaccendersi dei consumi per l’inverno la mazzata sarà doppia, Parigi, Madrid e Lisbona promuovono in piena autonomia un progetto la cui realizzabilità rimane indefinita e che al momento non ha alcuna tempistica di realizzazione.

BarMar non risolverà infatti né la crisi energetica europea per questo inverno, né potrà contribuire ad affrontare il prossimo, che si annuncia ancora più duro.

Il silenzio, questa volta, non è degli innocenti.


Francesco Sassi è dottore in geopolitica dell’energia presso l’Università di Pisa e analista dei mercati energetici presso Rie-Ricerche Industriali ed Energetiche


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