Il dominio cinese nei metalli strategici è pressoché totale e suscita molteplici timori legati alla transizione energetica. La Cina ha colto prima degli altri l’importanza chiave dei metalli per la transizione energetica e si è mossa per divenire leader mondiale nell’estrazione e raffinazione di molti di questi, agevolata anche da normative ambientali poco severe. Quali opzioni restano all’Europa per ridurre la propria dipendenza dalla Cina? Su ENERGIA 3.22, i ricercatori CEPII propongono alcune linee strategiche per l’UE.
“I metalli sono elementi chimici classificabili in base alla loro presenza nella crosta terrestre come «abbondanti» (calcio, ferro, silicio), «rari» (cobalto, rame, nickel) (1) e «molto rari» (argento, oro, platino, per esempio). La loro natura strategica, tuttavia, è definita secondo criteri economici e geopolitici. Sono «strategici», infatti, quei metalli che rivestono un ruolo indispensabile per la politica economica, difesa, politica energetica, industriale o ambientale di uno Stato (2)”.
ENERGIA 3.22 propone una riflessione su quello che si va delineando come Nuovo Ordine Energetico. In questo contesto un ruolo cruciale lo giocheranno i metalli strategici, oggetto dell’articolo dei ricercatori CEPII Tanguy Bonnet, Carl Grekou, Emmanuel Hache, Valérie Mignon, che analizzano come la Cina sia giunta prima degli altri a dominarne la catena del valore e intenda rafforzare ulteriormente la propria posizione, diventando entro il 2049 la prima potenza mondiale nelle future tecnologie. L’articolo delinea anche alcune linee strategiche per l’UE per affrancarsi da questa nuova rischiosa dipendenza.
30 i metalli strategici per la Commissione europea, 50 per gli Stati Uniti
“Ciascun metallo svolge un ruolo molto specifico. In particolare, ogni elemento è necessario ma non sufficiente per lo sviluppo di tecnologie low-carbon (Fig. 1). (…) La distribuzione geografica della produzione mondiale è molto disomogenea. È qui che si fondono le nozioni di scarsità (geologica) e strategicità (economica, geopolitica)”.
“Alcuni paesi occupano naturalmente un ruolo centrale nell’estrazione di minerali (5), (…) solo la Cina, però, è in grado di combinare una produzione diversificata e specifica, poiché rappresenta almeno il 30% della produzione mondiale per otto diversi minerali e più del 70% per cinque di essi.
Tuttavia, come altri paesi, non è in una posizione dominante nella produzione di tutti i minerali e al contempo l’attività mineraria nazionale non soddisfa per intero il suo fabbisogno. Per ovviare a questa carenza e diventare indispensabile sui vari mercati, ha sviluppato un’ambiziosa strategia di investimenti diretti all’estero (IDE), ponendo così gli altri paesi in una posizione di forte dipendenza”.
La strategia cinese: investimenti diretti all’estero e capacità di raffinazione nazionale
“Sebbene possieda un sottosuolo ricco di risorse naturali, che la rende un importante produttore in diversi mercati (Fig. 2), la Cina ha iniziato a rivolgersi all’estero per l’approvvigionamento di metalli strategici” (1. Cina: abbondanza di risorse nazionali e strategia d’investimento all’estero).
“Gli IDE rappresentano solo una parte della presenza cinese in questi settori in ragione della diversità dei mezzi che utilizza: acquisizioni e partecipazioni in società locali e/o internazionali, sviluppo di nuovi progetti minerari, baratto di progetti infrastrutturali con materie prime, joint-venture, prestiti”.
Investimenti cinesi in metalli non ferrosi: circa 125 mld doll. (quasi un Piano Marshall)
“L’Australia è una destinazione privilegiata per gli investimenti cinesi (…) grazie al suo ricco sottosuolo – in particolare per il litio (…) – ma anche alle sue grandi aziende internazionali attive nel settore minerario, che forniscono alla Cina un’ulteriore porta di accesso alla produzione mondiale”.
“Gli IDE nella Repubblica Democratica del Congo (…), come quelli effettuati in Australia, mirano principalmente a garantire le forniture di cobalto e, in secondo luogo, di rame. (…) Allo stesso modo, la Cina si è assicurata la fornitura di platinoidi (iridio, palladio, platino) dal Sudafrica, che detiene circa il 90% delle riserve mondiali”.
“Gli altri minerali e metalli strategici non fanno eccezione per la Cina. (…) In Africa – Repubblica Democratica del Congo, Zambia e Congo – la Cina ha già investito più di 13 miliardi di dollari nel settore del rame. Questa tendenza potrebbe accentuarsi con le nuove Vie della Seta nei due Continenti”.
La regina dei metalli «elettrici»
“A partire dai primi anni 2000 la Cina ha progressivamente aumentato il proprio peso anche nella raffinazione, diventandone leader mondiale (Tab. 1). Un esempio emblematico sono i metalli necessari alla fabbricazione delle batterie dei veicoli elettrici, che vengono lavorati per l’80% in Cina” (2. La posizione dominante della Cina nella raffinazione dei minerali).
“In ragione dei costi ambientali che ha accettato di sostenere, la Cina ha un ulteriore vantaggio sul mondo occidentale. (…) Con standard ambientali meno restrittivi rispetto ai paesi occidentali, la Cina si è fatta carico del costo ecologico e ciò le ha permesso di assicurarsi un ruolo «indispensabile»”.
L’importanza del riciclaggio per l’Europa
“La continua ascesa della Cina nel settore strategico dei minerali e dei metalli – e più in generale a livello economico e industriale – è stata percepita solo di recente come una minaccia dalle economie occidentali, mettendole davanti a numerose sfide. Quattro le strade percorribili:
- lo sfruttamento delle risorse sul suolo europeo,
- il riciclaggio,
- la costituzione di scorte di alcuni metalli strategici,
- la diversificazione delle fonti di approvvigionamento”.
“Mentre queste politiche dovrebbero contribuire a ridurre la dipendenza dalla Cina nel medio termine, resta il fatto che nel breve termine – e la guerra in Ucraina lo ha dimostrato ancora una volta – l’emergenza climatica richiede una riflessione approfondita sui nostri modelli di società, con particolare enfasi sulla sobrietà”.
Il post presenta l’articolo di Tanguy Bonnet, Carl Grekou, Emmanuel Hache, Valérie Mignon Metalli strategici: il dominio cinese (pp. 40-44) pubblicato su ENERGIA 3.22.
Tanguy Bonnet e Carl Grekou, Centre d’Études Prospectives et d’Informations Internationales (CEPII)
Emmanuel Hache, IFPEN, IRIS, EconomiX
Valérie Mignon, CEPII, Université Paris Nanterre, EconomiX
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