23 Novembre 2022

Verso un Nuovo Ordine Energetico

LinkedInTwitterFacebookEmailPrint

Il nuovo ordine energetico sarà definito dal duplice imperativo della sicurezza e dell’azione per il clima. Quel che secondo Jason Bordoff (Columbia University) e Meghan L. O’Sullivan (Harvard Kennedy School) richiederà di fare leva sui mercati, ma anche un ruolo molto più ampio per gli Stati. Che però in passato non sempre è stato desiderabile.

Nei due decenni passati, l’ordine energetico globale è stato rimodellato dall’urgenza di ridurre le emissioni di carbonio. Gli altri aspetti di quello che viene definito trilemma energetico – ovvero sicurezza e competitività – sono di conseguenza passati in secondo piano. Complice anche la grande fase di abbondanza e globalizzazione che ha seguito l’entrata della Cina nel regime economico mondiale.

L’esplosione della pandemia prima, con la sua rottura della catena globale del valore dovuta ai lockdown in tutto il mondo e interruzione dei sistemi produttivi, e l’immediatamente successiva invasione russa dell’Ucraina, che ha riportato le relazioni diplomatiche a una divisione in blocca tipico della Guerra Fredda, segnano di fatto una cesura nell’ordine energetico mondiale, e non solo.

In cerca di un nuovo equilibrio tra Stato e mercato

Come sarà il nuovo ordine è un filone di analisi che inauguriamo su ENERGIA 3.22. Vi si affronta il terremoto nelle supply chain globali, il dominio cinese nei metalli strategici per la transizione energetica, i limiti dello shale oil nel sostituire, nonostante l’abbondanza, in qualità e quantità, il declino dei flussi convenzionali a fronte di una domanda in crescita.

Come riflessione centrale, o punto di partenza, per questo nuovo filone abbiamo tuttavia scelto un articolo di Jason Bordoff (Columbia University) e Meghan L. O’Sullivan (Harvard Kennedy School) originariamente pubblicato su Foreign Affairs. Secondo loro, il nuovo ordine sarà definito dal duplice imperativo della sicurezza energetica e dell’azione per il clima. Perseguirli entrambi senza comprometterli richiederà sia di fare leva sui mercati, ma anche un ruolo molto più ampio per il governo. Senza quest’ultimo, il mondo non riuscirà a garantire la sicurezza energetica o vivrà gli effetti peggiori del cambiamento climatico. O, peggio ancora, entrambi.

“Insieme, queste due priorità sono destinate a ridisegnare i piani energetici nazionali, i flussi energetici e, in generale, l’economia globale. I paesi porranno maggiore attenzione al loro interno, privilegiando la produzione energetica nazionale e la cooperazione regionale, anche se puntano alla transizione verso emissioni carboniche neutrali. Se i paesi si ritirano all’interno di blocchi energetici strategici, la tendenza pluridecennale verso una maggior interconnessione energetica rischia di avviare un’epoca di frammentazione energetica.

Ma oltre al nazionalismo economico e alla deglobalizzazione, il nuovo ordine energetico mondiale sarà caratterizzato da fattori che pochi analisti hanno pienamente apprezzato: intervento dei governi nel settore energetico con un’intensità inedita in tempi recenti. Dopo quattro decenni durante i quali hanno cercato di ridurre il proprio ruolo nei mercati energetici, i governi occidentali oggi riconoscono la necessità di accrescere la propria presenza su tutti i fronti, dalla costruzione (e smantellamento) delle infrastrutture fossili all’influenzare le decisioni di imprese private su dove comprare e vendere energia al fine di limitarne le emissioni attraverso il prezzo del carbonio, sussidi, obblighi e standard.

Questo cambiamento induce a un confronto con gli anni 1970, quando l’eccessivo intervento pubblico nei mercati energetici esacerbò le ripetute crisi energetiche. L’intervento dei governi non è di per sé un fatto negativo, se gestito correttamente. Opportunamente limitato e disegnato per risolvere specifici fallimenti del mercato può prevenire gli effetti peggiori dei cambiamenti climatici, mitigare molti rischi per la sicurezza energetica, agevolare la gestione delle principali sfide geopolitiche legate alla transizione energetica. (…) Come i governi rispondono a queste sfide, acuite dall’invasione russa dell’Ucraina, disegnerà il nuovo ordine energetico dei prossimi decenni”.

L’articolo muove dagli errori con cui i governi hanno affrontato la crisi degli anni ’70 (1. Peggio della malattia), delinea gli scenari che si sono aperti con l’invasione russa dell’Ucraina (2. L’incombente tempesta) e le lezioni che di conseguenza si possono trarre dagli anni ’70 “sul giusto equilibrio tra coinvolgimento del governo e autonomia del mercato” per ovviare, in particolare, a 3 fallimenti di mercato.

Chi e perché dovrebbe investire in infrastrutture che rischiano di restare sottoutilizzate e diventare presto obsolete?

Il primo di questi fallimenti (par. 3. Sicuro e protetto) riguarda la ridondanza delle infrastrutture energetiche per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti: “Il settore privato non ha incentivi ad investire in tali infrastrutture perché le interruzioni sono imprevedibili e le aziende private non sosterranno l’intero costo per la società dei conseguenti scompensi. Sono i governi quindi a dover intervenire”.

Il secondo “deriva dal poco tempo che resta al mondo per raggiungere i suoi obiettivi climatici” (4. Fuori tempo). “Potrebbe essere necessario dismettere i nuovi asset di petrolio e gas necessari per garantire la sicurezza energetica durante la transizione prima che le società possano ripagare i propri investitori (…) quale azienda rischierebbe i propri capitali per tenere accesi luce e riscaldamento nel breve e medio termine mentre i policymakers si impegnano sempre più a rendere obsolete le infrastrutture necessarie?”

Il terzo fallimento “è ormai il più familiare: le imprese private e gli individui non sono disposti a sobbarcarsi appieno il costo delle emissioni e delle altre sostanze nocive che producono. I governi devono quindi richiedere a produttori e consumatori di «internalizzare» questi costi, attraverso il carbon pricing o altri meccanismi” (5. Farsi carico del problema).

Nelle conclusioni (6. Il 9/11 dell’Europa), gli autori ripercorrono quelle che sono le opportunità e i rischi di un maggior intervento dei governi nei mercati energetici: dal miglioramento della sicurezza energetica, i minori rischi di reazioni populiste contro le iniziative per il clima, il contenimento della crescente spaccatura tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo; all’eccessiva tentazione di dirigere i loro settori energetici, di affidarsi alla diplomazia energetica o di raggiungere la sicurezza energetica scollegandosi dall’economia energetica globale.

“L’Europa ha definito l’invasione della Russia dell’Ucraina come il suo 11 settembre. Gli attacchi terroristici di quel giorno hanno portato a un nuovo ordine di sicurezza che ha dominato il panorama internazionale per 20 anni ed ancora influenza il mondo degli affari. L’eredità della guerra in Ucraina sarà un nuovo ordine energetico, che origina in Europa per irradiarsi sin verso i confini più remoti dell’economia globale”.


Il post presenta l’articolo di Jason Bordoff  e Meghan L. O’Sullivan Il nuovo ordine energetico: come i governi trasformeranno i mercati energetici (pp. 14-21) pubblicato su ENERGIA 3.22

Jason Bordoff, Columbia University
Meghan L. O’Sullivan, Harvard Kennedy School


0 Commenti

Nessun commento presente.


Login