Le comunità energetiche consentono di condividere virtualmente l’energia prodotta da fonti rinnovabili, accedendo ad un incentivo garantito per 20 anni dallo Stato, ma come come si gestisce la redistribuzione economica?
Nel nostro primo articolo su RivistaEnergia.it abbiamo cercato di fare un po’ di chiarezza sulle Comunità Energetiche Rinnovabili. In due parole, le cosiddette CER (Comunità Energetiche Rinnovabili) sono un modello innovativo che permette ad un insieme di cittadini di condividere virtualmente tra di loro energia rinnovabile localmente prodotta, accedendo ad un incentivo garantito per 20 anni dallo Stato. Le CER sono quindi al contempo uno strumento economico, ambientale e sociale.
In questo secondo appuntamento entriamo più nello specifico di come si gestisce la redistribuzione economica dei flussi delle comunità energetiche rinnovabili quindi daremo per assunti un po’ di termini e conoscenze base.
Cooperativa o associazione, questo è il (primo) dilemma
Ripartiamo brevemente da dove ci eravamo lasciati. La CER, da decreto-legge, deve essere un soggetto giuridico di diritto autonomo. Si deve quindi creare uno statuto per ogni singola comunità energetica, a cui i partecipanti dovranno aderire, e registrare poi la stessa nella forma giuridica prediletta: cooperativa o associazione, queste le due opzioni più vantaggiose.
La scelta tra costituire una cooperativa oppure virare su un’associazione non riconosciuta dipende da quali aspetti si intende privilegiare. La cooperativa è una forma giuridica ampiamente utilizzata in Italia che permette ai suoi soci di beneficiare di uno schema sicuro e già “rodato”. Tutela maggiormente i partecipanti, ma prevede maggiori costi iniziali e di gestione. Il costo e la complessità giuridica spesso spaventano i partecipanti, rallentando lo sviluppo delle CER. Per questo, prediligere la forma di associazione non riconosciuta sta prendendo molto consensi tra gli addetti ai lavori (non c’è bisogno del notaio e i costi di creazione sono molto bassi).
In entrambi i casi sarà necessario redigere uno statuto molto forte che regola in maniera chiara e precisa la redistribuzione dell’incentivo erogato dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), ma soprattutto le regole interne della comunità. Esse variano da caso a caso, ma in generale trattano tutti quei temi relativi ai costi di gestione, entrata di un nuovo membro, accordi per servizi aggiuntivi e molto altro.
La nostra start-up Enco è finalizzata proprio ad agevolare lo sviluppo di comunità energetiche, aiutando (anche) ad individuare la formula legale più adatta alle proprie esigenze/caratteristiche.
Il ricavato verrà redistribuito tra i partecipanti a seconda delle modalità indicate dallo statuto
Cosa succede dopo aver trovato l’accordo sullo statuto? I partecipanti della CER firmano, viene caricata tutta la documentazione necessaria sul portale del GSE (procedura sconsigliata ai deboli di cuore), si aspetta la conferma ufficiale e poi la CER prende ufficialmente vita.
I partecipanti iniziano la loro nuova vita da membri di una comunità energetica, senza dover affrontare opere murarie o dover cambiare il proprio fornitore di energia. Tutto uguale a prima, se non che, in maniera virtuale essi stanno consumando energia 100% rinnovabile localmente prodotta, generando un incentivo che, passato qualche mese, sarà pari all’energia condivisa nella CER.
A questo punto, a seconda delle modalità indicate da statuto, il ricavato verrà redistribuito tra i partecipanti. Tutto viene bilanciato dal GSE che registra le transazioni e poi sta al responsabile della comunità energetica, o alla società che ne cura la gestione, farlo arrivare sui conti bancari degli iscritti alla CER. L’approccio che stiamo tenendo con Enco vede una ripartizione dell’incentivo tra le due categorie di partecipanti, i prosumer e i consumer, in equa misura (45%) e basata sui consumi effettivi di essi, mentre un 10% rimane alla compagnia che gestisce la CER, per tutti i servizi necessari alla sua esistenza stessa. Essendo ogni CER differente, prendete questi numeri come un “esempio standard”.
L’importanza dei numeri
Prendiamo l’esempio di una CER è composta da solo due partecipanti, un prosumer e un consumer. Quando Francesco, il prosumer che sta producendo elettricità grazie ai suoi pannelli fotovoltaici, immette in rete l’elettricità che non usa, e Giulia, il consumer, sta guardando la televisione, si genera un incentivo di 12 c€/kWh. Di questi, 5 andranno a Francesco, 5 a Giulia, e 2 alla compagnia.
Quindi Francesco, il proprietario dell’impianto che ha sostenuto l’investimento iniziale, beneficia dell’incentivo in misura pari a Giulia che di spense non ne ha sostenute. Questo potrebbe apparire iniquo, ma la logica può risultare più chiara al crescere del numero di partecipanti.
Se ad esempio la CER di Francesco e Giulia si ampliasse di altri 4 consumer, Francesco resterebbe l’unico prosumer ricevendo sempre 5 centesimi, mentre Giulia e gli altri vicini si andrebbero a ripartire l’altro 45%, che corrisponderebbe a 1 centesimo a testa (ipotizzando che consumino tutti lo stesso ammontare di elettricità).
Per esistere una CER ha infatti bisogno tanto dei consumer quanto dei prosumer. Senza i primi, i secondi non potrebbero condividere la loro energia in eccesso. Inoltre, per essere bilanciata, una comunità energetica vedrà sempre in proporzione un numero maggiore di consumer rispetto ai prosumer. In questo modo, man mano che la CER accresce di partecipanti, ai prosumer viene lasciata una fetta pari a quella dei consumer, ma da spartire tra meno utenti.
Un po’ è giusto, troppo è disonesto.
Questo semplice calcolo di ripartizione, tanto semplice non è. Infatti, si deve poi moltiplicarlo per tutta l’energia che viene condivisa, così da ottenere l’incentivo totale e il guadagno di ogni parte. Inoltre, si deve considerare che ogni prosumer e ogni consumer immette e/o consuma in maniera diversa. Aggiungendo diverse variabili che vanno poi a determinare l’incentivo generato. Le percentuali scritte sopra sono solo una delle possibili scelte che possono essere intraprese in fase di statuto.
Piccola nota di avvertenza. Essendo un tema molto trattato in Italia, e con un grosso potenziale di mercato, molti addetti ai lavori stanno spostando la loro attenzione dall’ormai in parabola discendente superbonus 110% alle comunità energetiche. Tuttavia, non sempre le cose fatte di fretta portano a risultati vantaggiosi per tutte le parti. Fortunatamente, il decreto-legge 199 di Dicembre 2021 scrive in maniera esplicita che ognuno può entrare ed uscire quando vuole da una CER.
Quindi occhio a non farsi vincolare da contratti ventennali che c’entrano poco o niente con quello che la legge consente. E occhio alla percentuale che ogni compagnia “trattiene” come compenso per i propri servizi. Abbiamo assistito nel corso di questi mesi a compagnie che sono arrivate a trattenere fino all’80% dell’incentivo generato. Un po’ è giusto, troppo è disonesto.
Con questo concludiamo il nostro secondo appuntamento sperando di aver posato un altro mattoncino di conoscenza sulle comunità energetiche. Vi anticipiamo in tre parole ciò di cui tratteremo nel terzo contributo: normativa, condomini, modelli proprietari. Alla prossima allora!
Duccio Baldi e Tommaso Tiozzo Bastianello, ingegneri energetici e fondatori di Enco
Potrebbero interessarti anche:
Comunità energetiche rinnovabili per il decoupling del mercato elettrico, di G.B. Zorzoli, 8 Settembre 2022
Comunità energetiche a fonti rinnovabili: stato e prospettive di sviluppo, di Redazione, 31 Maggio 2021
Crowdfunding e comunità energetiche: la chiave di volta nel permitting, di Redazione, 6 Agosto 2020
Foto: Unsplash
Per aggiungere un commento all'articolo è necessaria la registrazione al sito.
0 Commenti
Nessun commento presente.
Login