Non è ammessa la partecipazione delle utility del settore energetico in qualità di membri della comunità, ma possono accompagnare e abilitare il percorso di costituzione delle Comunità Energetiche Rinnovabili e la loro gestione operativa. Un ruolo di “orchestratore” che può facilitare lo sviluppo di un nuovo ecosistema virtuoso per tutti.
Così come precedentemente approfondito in un articolo di RivistaEnergia.it volto a fare un po’ di chiarezza sulle Comunità Energetiche Rinnovabili, essere parte di una CER è una scelta aperta e volontaria. Secondo quanto previsto dalla normativa, i membri di una comunità possono essere persone fisiche, piccole e medie imprese (PMI), enti territoriali o autorità locali.
D’altra parte, al fine di garantire il carattere no profit delle comunità energetiche, non è ammessa la partecipazione, in qualità di membri della comunità, di aziende del settore energetico. Come, infatti, definito dall’articolo 31 del decreto legislativo n. 199 del 2021 “per quanto riguarda le imprese, la partecipazione alla comunità di energia rinnovabile non può costituire l’attività commerciale e industriale principale”.
Non è ammessa la partecipazione, in qualità di membri della comunità, di aziende del settore energetico
Certamente, la ragione del suddetto riferimento normativo risiede nel voler evitare che un innovativo e prezioso processo di democrazia energetica, come quello sottostante allo sviluppo delle comunità energetiche, possa essere compromesso e fagocitato da spinte oligopolistiche e monopolistiche. Eppure, lo sviluppo di queste iniziative costituisce un potenziale valore aggiunto e una leva strategica anche per le utility. In che modo?
Sembra che l’attenzione intorno al tema delle energy communities stia maturando in modo crescente all’interno della società civile, sebbene le iniziative pilota oggigiorno esistenti a livello nazionale siano ancora circoscritte. A fronte di ciò e in attesa che l’iter normativo e regolatorio giunga al termine, il mondo accademico si sta accingendo ad identificare i driver che spingono i diversi soggetti ad aderire a una comunità energetica rinnovabile, esaminando i loro potenziali interessi e priorità, siano essi economici, ambientali o sociali.
In questo contesto, rimane invece maggiormente inesplorato il ruolo delle utility del mondo energetico che pure sembrano sempre più accostarsi al tema e che, già durante la fase transitoria avviata dall’art. 42-bis col Decreto milleproroghe del 29 febbraio 2020, hanno lavorato accanto alle amministrazioni comunali per la realizzazione delle prime comunità energetiche sperimentali.
La comunità energetica Solisca realizzata da Sorgenia nel comune di Turano Lodigiano, o quelle di Blufi, Messina e Ragusa supportate nella loro realizzazione da Enel X, ne sono un esempio.
È verosimile immaginare un aumento della competizione rispetto ai servizi offerti dalle utility
Con una crescente e contrapposta preoccupazione da parte di alcune realtà della società civile organizzata che temono che questo tipo di partnership possa comportare uno sbilanciamento di interessi a favore del privato a dispetto dell’interesse collettivo e uno sviluppo di soluzioni “pronte all’uso”, fin troppo standardizzate, è verosimile immaginare un aumento della competizione rispetto ai servizi offerti dai suddetti attori per l’implementazione delle iniziative durante la tanto attesa fase a regime.
A fronte di un futuro cambiamento significativo nella struttura del sistema elettrico, è possibile concettualizzare e sintetizzare le molteplici ragioni che ingaggiano e muovono le aziende attive nei settori dell’approvvigionamento, produzione e vendita di energia verso il mondo dell’energia di comunità, nella consapevolezza che tali attori rappresentano uno snodo essenziale per ogni tipo di politica ambientale e per l’orientamento alla sostenibilità.
Quali interessi delle utility nelle CER?
In primo luogo,le Comunità Energetiche Rinnovabili costituiscono per i soggetti in questione uno strumento di comunicazione e di relazione con i territori coinvolti. Rendersi protagonisti di iniziative di “prosumerismo” energetico consente alle utility, da una parte, di rafforzare il dialogo con i territori di riferimento su cui queste sono già presenti, dall’altra di avviare attività di promozione e di posizionamento rispetto al proprio operato verso nuovi potenziali clienti.
Oltre a ciò, le Comunità Energetiche Rinnovabili possono di fatto costituire per i grandi operatori energetici, caratterizzati da competenze trasversali, un nuovo ramo di business. Infatti, nonostante il crescente fermento intorno al tema, spesso i soggetti interessati, ad esempio le amministrazioni comunali e le PMI, non possiedono le capacità tecniche necessarie all’attivazione e alla strutturazione di una energy community.
In questo contesto, risulterà decisivo capire la direzione che verrà intrapresa nella destinazione delle risorse dedicate al tema; esemplicativo risulta, ad esempio, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che pure mette a disposizione 2,2 miliardi di euro per i Comuni con meno di 5mila abitanti con l’obiettivo di favorire lo sviluppo di progetti di comunità, ma non contempla la sfida relativa al sostegno tecnico.
Le utility possono, dunque, proporsi di accompagnare e abilitare tutto il percorso di costituzione di nuove Comunità Energetiche Rinnovabili e la loro gestione operativa, mettendo le proprie competenze al servizio di chi lo richiede e sfruttando le conoscenze relative alle dinamiche di mercato.
La comunità energetica ha la possibilità di demandare il proprio ruolo di referente a un soggetto terzo
In questa direzione, un input cruciale arriva dal nuovo orientamento regolatorio definito da ARERA e aperto alla consultazione ad agosto 2022, secondo il quale la comunità energetica ha la possibilità di demandare il proprio ruolo di referente a un soggetto terzo, compresa quindi una utility del settore, a condizione che il mandato sia esplicito anche in relazione alla sua durata e/o alle condizioni di rinnovo. Il ruolo di referente, a cui viene affidata la gestione tecnico-amministrativa della configurazione può infatti distinguersi dal ruolo di membro della comunità.
Se non risulta quindi difficile immaginare, anche nel breve termine, che il ruolo di “orchestratore” di una comunità energetica possa affiancarsi alle attività core attuali delle aziende, le Comunità Energetiche Rinnovabili possono, altresì, rappresentare un ponte per attività di upselling e cross selling ovvero un mezzo di tramite che le utility utilizzano per avanzare nuovi tipi business ad esse collegate (riqualificazione urbana, teleriscaldamento, sviluppo asset, ecc.) con lo scopo di differenziare e rendere più interessanti progettualità più ampie in ambito energetico.
Se riusciranno a tener conto della specificità dei territori, assumendo il ruolo di abilitatori di soluzioni customizzate, gli operatori energetici potranno contribuire, grazie al loro specifico know-how, allo sviluppo di un nuovo ecosistema virtuoso per tutti.
Francesca Giuliano è Ph.D Student, Istituzioni e Politiche, Università Cattolica del Sacro Cuore Francesca.giuliano1@unicatt.it
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