15 Dicembre 2022

Energia e inflazione: premiare l’efficienza, non sussidiare i consumi

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L’alto tasso d’inflazione, pur molto differente all’interno dell’UE, è stato alimentato dal fattore energia. Tutti i governi europei sono intervenuti per ridurre le bollette. Meglio sarebbe stato non sussidiare i consumi, ma la loro riduzione, favorendo interventi di efficienza energetica.

Nel 2022 l’energia è stata il principale fattore che ha sospinto verso l’alto il tasso di inflazione nell’Unione Europea, balzato su base annua a ottobre 2022 all’11,5% contro il 4,4% di un anno fa. Il più alto tasso dopo quelli registrati nel 1974 e nel 1980, anni successivi rispettivamente alla prima e seconda crisi petrolifera.

Nonostante le profonde modifiche avvenute da allora nel rapporto economia-energia, con una sua minor intensità d’uso per unità di reddito, l’energia conta ancora moltissimo sulle dinamiche macroeconomiche.

Livelli d’inflazione molto differenti all’interno dell’UE, l’Italia in posizione intermedia

All’elevato tasso medio di inflazione europea hanno corrisposto però livelli molto differenziati dei vari paesi: tra massimi superiori o prossimi al 22% in quelli dell’Est Europa a minimi di Spagna e Francia di poco superiori al 7%, con la Germania attestata all’11,6% ma con prospettive di riduzione entro fine anno all’8% nella media annua. L’Italia si posiziona ad un livello intermedio del 12,6%.

La diversità nei tassi di inflazione è in larga parte riconducibile al fattore energia con un aumento nel nostro Paese dei suoi prezzi medi (su base annua ad ottobre 2022) del 71%: terzo tasso più elevato nell’insieme dei paesi Ocse, dopo Turchia e Olanda.

La media dei 27 paesi dell’UE è stata del 39%, del 44% in Germania (grazie al 40% della generazione elettrica ottenuta da carbone e nucleare), del 20% della Francia (nucleare), del 18% negli Stati Uniti, dell’8% della Spagna (46% rinnovabili elettriche) (si veda IEA, Energy Efficiency 2022).

Il motivo che penalizza il nostro Paese è sostanzialmente il mix energetico, largamente ancorato all’impiego del metano nella generazione elettrica con conseguente impatto sui prezzi dell’elettricità per via del meccanismo del marginal system price.

L’esplosione dei prezzi energetici, e di conseguenza dell’insieme dei beni e servizi, ha colpito duramente imprese e famiglie. Da qui, l’intervento di tutti i governi europei per ridurne le bollette energetiche. Nel loro insieme hanno erogato sino all’ottobre 2022 circa 570 miliardi di euro, il nostro Paese oltre 80 miliardi (proporzionalmente di più del peso dei nostri consumi energetici), mentre la Germania, oltre ai 98 miliardi euro già erogati, ha appostato 200 miliardi di euro nel prossimo triennio (proporzionalmente molto di meno).

Meglio sarebbe stato premiare l’efficienza

Permanendo i prezzi energetici molto elevati è presumibile che i governi decidano di erogare altre risorse, destinate per lo più all’insieme indistinto dei consumatori, indipendentemente dalla loro capacità di spesa.

Riducendo i prezzi e quindi sostenendo i consumi (con effetti negativi sulle importazioni per soddisfarli e sui loro prezzi) hanno costituito di fatto un sussidio alle risorse fossili che soddisfano la più ampia parte dei consumi energetici.

Meglio sarebbe stato non sussidiare i consumi, ma la loro riduzione. Si sarebbe in tal modo premiata l’efficienza energetica che costituisce la forma più certa e duratura di contributo alla riduzione delle emissioni clima alteranti.

La tutela dei consumatori è divenuta una delle nuove priorità dell’agenda politica dei governi, insieme alla sicurezza e convenienza economica delle fonti, talora anteponendosi alla lotta ai cambiamenti climatici.

La conclusione è che stante l’attuale assetto dei consumi energetici nei diversi paesi, il permanere della crisi energetica, sommata alla guerra, vedrà la nostra economia in perdurante svantaggio rispetto ai nostri più diretti concorrenti.


Alberto Clô è Direttore del trimestrale ENERGIA e del blog RivistaEnergia.it


Foto: Unsplash

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