Le auto elettriche emettono meno della auto tradizionali, ma alcune ne emettono meno di altre. Lo studio della Fondazione Caracciolo e del CARe fa il punto sulle diverse le variabili che condizionano la carbon footprint: dall’estrazione di materiali, al mix energetico usato per la costruzione fino a quello per la ricarica del veicolo.
In un’ottica di decarbonizzazione della mobilità, l’utilizzo del vettore energetico come alternativa ai combustibili fossili è prioritario. Tuttavia, per poter avere contezza dell’effettivo risparmio in termini emissivi che un’auto elettrica può generare, è necessario applicare un approccio cradle to grave (dalla culla alla tomba) che permette di stimare l’impatto generato da un veicolo elettrico durante il suo intero ciclo di vita: dalla produzione alla distribuzione del vettore energetico, dalla produzione all’uso del veicolo, fino alla sua dismissioni/rottamazione/riciclo.
Lo studio della Fondazione Caracciolo (Centro Studi dell’ACI) e del CARe – Center for Automotive Research and Evolution dell’Università degli Studi Guglielmo Marconi Le variabili emissive dell’auto elettrica: ricariche, tragitti e stili di guida analizza l’impronta carbonica di diverse tipologie di veicoli elettrici, per diverse tipologie di utilizzo e ricarica.
L’impatto emissivo di diversi veicoli elettrici può variare considerevolmente
Il lavoro stima le emissioni di CO2 di quattro veicoli elettrici di quattro segmenti diversi:
- A (mini cars)/compatte città – 2020 Smart EQ fortwo coupé
- B (small cars)/compatte città – 2019 Peugeot e-208 GT
- C (medium cars) /compatte famiglia (auto piccola famiglia) – 2019 Nissan Leaf SL Plus
- D (large cars)/compatte famiglia (auto famiglia con maggiori esigenze di spazio) – 2021 Tesla Model 3 Performance AWD

Per ciascuno dei 4 veicoli considerati e per entrambe le tipologie di utilizzo (privato e aziendale) vengono identificati 3 scenari uno di prospettiva (con soluzioni emissive ottimali) e due da analisi dello stato attuale, ipotizzando un “caso migliore” (dove si considera, ad esempio, un maggior apporto delle fonti elettriche rinnovabili nelle fasi di ricarica o costruzione, o basse percorrenze annue) e un “caso peggiore” (dove invece massivo è l’apporto delle fonti fossili e km percorsi sono sensibilmente maggiori).
Il totale complessivo degli scenari considerati è di 24. La differenza tra i vari scenari può risultare anche molto rilevante, tanto che alcuni modelli a batteria registrano nel caso migliore valori ottimali della carbon footprint, espressa dalle emissioni annue di CO2 equivalenti [kg/anno e g/km], 25 volte più bassi rispetto a quelli registrati nel caso peggiore.

Fonte: Fondazione Caracciolo (centro studi ACI) e CARe
Nella stima delle emissioni si è tenuto conto delle variabili legate alla fase di costruzione del veicolo (tanto del glider quanto della batteria), a quella di utilizzo (percorrenze annue suddivise per ambito Urbano, Extra-urbano, Autostradale), ai cicli reali di guida sul territorio nazionale e specifiche tipologie di utenza, nonché alle soluzioni di ricarica e alle fonti di produzione dell’energia prescelte.
Sull’impronta carbonica di un veicolo elettrico pesa tanto l’estrazione dei materiali quanto il mix energetico con cui è costruita
Tra le variabili, alcune hanno un peso maggiore di altre nel computo delle emissioni equivalenti. A pesare di più sono l’estrazione dei materiali che servono alla realizzazione delle batterie di trazione e il mix energetico utilizzato per la costruzione e l’assemblaggio del veicolo, batterie comprese.
Un’auto, ad esempio, costruita e assemblata in Cina, in cui il mix è a prevalenza di fossili ha una carbon footprint che supera di oltre il 35% quella dello stesso veicolo costruito e assemblato in Europa a parità di tutti gli altri parametri di utilizzo.
A impattare significativamente sull’impronta carbonica è poi la modalità di produzione e distribuzione dell’energia elettrica per la ricarica del veicolo. L’energia elettrica che viene considerata può essere prodotta, anche in modo parziale, in loco (come nel caso del fotovoltaico integrato), oppure essere prelevata dalla rete pubblica.
L’analisi dei sei scenari mostra che – a parità di tutti gli altri parametri di costruzione, assemblaggio e utilizzo del veicolo – la carbon footprint nel caso di energia prelevata dalla rete è circa 9 volte maggiore rispetto al prelievo da un impianto di produzione da fotovoltaico.
Infine, un peso per nulla trascurabile sull’impronta carbonica lo hanno le caratteristiche del veicolo (massa e capacità della batteria). La differenza tra un modello del segmento A (Smart EQ) e quello più virtuoso in termini di efficienza nella sua gamma del segmento D (Tesla Model 3) è di quasi il 40%.
Le modalità di ricarica impattano meno di quanto si pensi
A pesare meno, invece, sono le modalità di ricarica dei veicoli, dal momento che i rendimenti medi dei diversi sistemi di ricarica sono molto simili tra loro. Poco significativo (meno del 10%) è il peso dei km annuali percorsi da un veicolo elettrico sulla carbon Footprint specifica chilometrica (kg/km).
Il che si spiega perché se da un lato le emissioni allo scarico per i veicoli elettrici sono considerate nulle per qualunque percorrenza, quelle legate agli indicatori tipicamente indipendenti dai chilometri percorsi (in particolare la costruzione del veicolo) verranno comunque divise per i chilometri percorsi, praticando in tal modo una normalizzazione rispetto alle distanze.
Al contrario, nel valutare il Life Cycle Assessment (LCA) delle batterie, il peso delle percorrenze sarà diverso, in quanto verrà considerata la carbon footprint annuale (kg/anno), che, a parità di modello, vede incrementi superiori a 4 volte nei casi in cui la percorrenza media chilometrica annua è maggiore.
Pur nella consapevolezza dell’importanza e dell’imprescindibilità di guardare al vettore elettrico per il trasporto del futuro, lo studio analizzato ha il merito di fornire una lucida analisi dei limiti di un approccio “approssimativo” che non consideri la diversità delle caratteristiche che differenziano un veicolo a batteria dall’altro.
Si fa presto a dire auto elettrica, ma parafrasando Orwell, se è vero che tutte le auto elettriche sono ambientalmente sostenibili, è anche vero che alcune lo sono più di altre. Da qui urge il bisogno di un’azione di policy mirata e oculata, ispirata piuttosto ai principi della neutralità tecnologica e non guidata da ciechi ottimismi irrazionali.
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Foto: Pixabay
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