La grande accelerazione delle rinnovabili e le loro radiose prospettive di sviluppo (Achille) stanno consentendo l’eliminazione delle fossili (tartaruga)?
Sono uscite le prime stime sui consumi di energia ripartiti per fonte nel 2022. È utile farne il punto al termine di un anno terribile, con stravolgimenti come mai emersi dalla fine della Seconda guerra mondiale.
In termini globali, i consumi di energia – anche se non si dispone di una loro stima totale – dovrebbero aver segnato un rallentamento in parallelo a quello delle economie mondiali, a rimarcare un accoppiamento energia-economia mai venuto meno, mentre per la domanda elettrica l’Agenzia di Parigi (AIE) stima una crescita del 2,4%.
L’accelerazione delle rinnovabili
Altra l’analisi della dinamica delle diverse fonti di energia. La necessità di rafforzare la sicurezza energetica dopo l’esplodere della guerra, l’implementazione dei piani verdi della Commissione Europea (prima col Fit for 55 poi col REPoweEU), la pressione degli organismi internazionale ad avviare politiche climatiche più aggressive, hanno impresso un’accelerazione alla penetrazione delle rinnovabili nel sistema energetico europeo, nonostante l’interrompersi del calo dei loro costi e la frammentazione delle loro supply chains.
L’AIE stima nel 2022 una crescita del 7% della generazione elettrica low-carbon (al netto di un calo del 3% di quella nucleare), mentre nel suo recente rapporto Renewables 2022 prevede che nel quinquennio al 2027 possano raddoppiare in Europa.
Similari le dinamiche attese a livello mondiale specie dietro la spinta della Cina, nonostante il venir medio dei sussidi erogati alle rinnovabili e negli Stati Uniti grazie all’introduzione nello scorso agosto dell’Inflation Reduction Act teso con 369 miliardi di dollari a sussidiare progetti solari ed eolici di produzione interna così riducendo la dipendenza e il dominio della Cina.
Cina, Stati Uniti (e UE?): la corsa industriale alla transizione energetica
Una decisione che ha provocato una dura reazione da parte dell’Unione Europea, specie della Francia, che la ritiene incompatibile con le regole della World Trade Organisation. Quel che potrebbe portare da parte del Vecchio Continente ad azioni similari a supporto della propria industria rinnovabile.
L’insieme di queste dinamiche, sempre secondo l’AIE potrebbe consentire un aumento della potenza elettrica rinnovabile nel prossimo quinquennio di 2.400 GW, pari all’attuale complessiva potenza elettrica cinese.
Una così forte crescita crea per contro non lievi difficoltà nell’adeguatezza delle reti di trasmissione e distribuzione su cui sarebbe necessario investire per molte centinaia di miliardi, molto oltre gli attuali livelli.
Se questo non avverrà, come indicato in diversi contributi su questo Blog, il potenziale produttivo delle rinnovabili, già limitato da ragioni tecniche, potrebbe ridursi in modo considerevole penalizzandone i costi, evidentemente più elevati in termini unitari, e quindi la competitività.
Elevati sono inoltre i rischi di blackout elettrici. Come Bill Gates ha scritto nel suo blog “We need to upgrade our grid, build more high-voltage transmission lines that can carry electricity long distances, and use those transmission lines to better connect regions and communities to one another.”
Le rinnovabili stanno quindi superando le fossili?
Alla luce delle grandi prospettive di sviluppo delle rinnovabili possiamo dedurne che il cammino della transizione energetica, un tutt’uno con quello della decarbonizzazione, sta raggiungendo il suo primo obiettivo: l’eliminazione delle fossili?
Allo stato dei numeri la risposta non può che essere negativa. Certo, le rinnovabili (in primis solare ed eolico esclusa la grande idroelettrica) potranno guadagnare un qualche punto percentuale dei complessivi consumi di energia rispetto al poco meno del 7% certificato per il 2021 dal Bp Statistical Review of World Energy.
Molta strada deve però essere ancora fatta e molti anni devono passare per scalzare la quota dell’82% e più delle fossili. Ricordandosi, come ci insegna la storia, che le nuove fonti si sono per lo più addizionate a quelle preesistenti senza quindi sostituirle.
Somma o sostituzione?
Il consumo di candele è oggi superiore in valore a quelle di un lontano tempo, così come quello del carbone nonostante la sua detronizzazione da parte degli idrocarburi. Quello attuale è superiore di circa tre volte a quello dei primi anni Sessanta.
Nel suo recente rapporto Coal 2022 l’AIE sostiene che nel 2022 ha raggiunto un nuovo massimo storico oltre gli 8 miliardi di tonnellate con una crescita dell’1,2%, che li ha riportati a livelli superiori a quelli precedenti la pandemia, anche in paesi nominalmente refrattari al suo impiego come quelli europei e nonostante gli impegni a ridurli solennemente presi dalla generalità dei paesi alla COP 26 di Glasgow.
All’origine di questo aumento sta la sua convenienza economica nella generazione elettrica, l’ampia reperibilità in assenza di tensioni geopolitiche, la necessità di sostituire il gas russo.
Chi è il re?
Quanto al re petrolio, prima fonte energetica consumata nel mondo, i numeri sono ancor più eclatanti con un livello dei suoi consumi che è parso in modo inaspettato resiliente alla crisi economica. Sempre l’AIE nel suo Oil Market Report di gennaio 2023, ha stimato che nel corso dell’anno il suo consumo possa salire sino a 103,5 mil.bbl/g contro i 100 del 2019, prima della pandemia.
Che il crollo della domanda di 10 mil.bbl/g registrato nel 2020 potesse costituirne il ‘picco’, come da molti sostenuto, si è dimostrata un’ennesima errata profezia.
Quanto al gas naturale nel 2022 si è registrata una sua minima riduzione percentuale, ma non per l’incalzare della transizione energetica bensì per la necessità di sostituire in Europa il gas russo, la bassa crescita economica e della domanda di energia in Cina, il manifestarsi di rallentamenti delle economie in tutto l’Occidente.
Rallenta il gas (la fossile più low-carbon), ma torna il nucleare
Venuti meno questi motivi, la domanda riprenderà a crescere, al di là degli obiettivi di riduzione dei piani verdi europei, come dimostrato dagli elevati investimenti infrastrutturali in corso o progettati un po’ ovunque.
Anche il nucleare va risorgendo dalle ceneri, alla faccia di chi ha scritto che tutt’al più è un argomento di discussione al bar. La Francia intende aumentare di 50 anni la vita delle centrali esistenti e costruirne da 6 a 14 di nuove. Sulla medesima lunghezza d’onda il programma del Giappone. Mentre la Germania sta ritardando lo spegnimento delle ultime tre centrali che era previsto a fine 2022.
In conclusione: grandi sono le prospettive di crescita delle rinnovabili ma nondimeno, ancora lunga pare la vita delle fossili. Come nel celebre paradosso di Zenone viene da chiedersi se, nonostante la velocità, l’Achille delle rinnovabili sarà mai (o per lo meno entro i tempi desiderati) in grado di raggiungere la tartaruga delle fossili.
Alberto Clô è direttore della rivista Energia e del blog RivistaEnergia.it
Potrebbero interessarti anche:
Economist Intelligence: 6 previsioni per il 2023, di Redazione, 24 Gennaio 2023
Le 10 previsioni energetiche Wood MacKenzie per il 2023, di Redazione, 3 Gennaio 2023
Venti favorevoli (e contrari) per le rinnovabili negli Stati Uniti nel 2023, di Redazione, 4 Gennaio 2023
Rinnovabili e reti: rimettere i buoi davanti al carro, di Alberto Clò, 23 Gennaio 2023
Per aggiungere un commento all'articolo è necessaria la registrazione al sito.
0 Commenti
Nessun commento presente.
Login