10 Gennaio 2023

Benzina, accise e la bestia dell’ignoranza

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Quando l’ignoranza domina, nella distribuzione petrolifera come in altri campi, uno spettro viene adombrato e urlato a pieni polmoni: speculazione, speculazione!

L’ignoranza è una gran brutta bestia. Lo constatiamo in questi giorni nel gran chiasso sui prezzi della benzina aumentati per la decisione del governo di non reiterare le riduzioni delle accise adottate dal governo Draghi (che avevano raggiunto il costo di 1 miliardo di euro al mese in termini di mancato gettito).

Una decisione sorprendente perché i prezzi del petrolio non avevano segnato i disastrosi aumenti del gas naturale e dell’elettricità e non vi era in sostanza la necessità di alleviare l’onere per gli automobilisti sussidiandone l’uso dell’auto. Una politica opposta a quella che spinse i governi dopo le crisi petrolifere degli scorsi anni Settanta a bloccare l’uso dell’auto nei fine settimana.

Fonte: MiSE

I prezzi dei carburanti sono aumentati esattamente del soppresso calo delle accise

Tornando all’oggi è importante evidenziare che dal 1° gennaio i prezzi dei carburanti sono aumentati esattamente del soppresso calo delle accise: 18,3 centesimi al litro in vigore dal 1° dicembre 2022, quando era stato ridotto rispetto ai precedenti 30,5 centesimi al litro. Non se ne era avvertito allora l’impatto sui prezzi finali per il concomitante calo delle quotazioni internazionali dei carburanti a cui quelle interne sono ancorate.

Fonte: MiSE

Quando l’ignoranza domina, nella distribuzione petrolifera come in altri campi, uno spettro viene adombrato e urlato a pieni polmoni: speculazione, speculazione!

Aggiungendo, al contempo, che essa sia frutto di una pratica di cartello delle compagnie petrolifere (una vecchia accusa dell’Antitrust che dovette poi rimangiarsi), ignorando che a fissare il prezzo non sono loro ma i gestori dei distributori.

Quella strana cosa chiamata mercato

Si è sostenuto, anche da parte di un ministro di primo piano, che non è possibile che in una stessa città la benzina possa essere venduta a 1,80 euro al litro ovvero a 2,20 euro al litro. E perché mai? Sta all’automobilista giocarsi quel che si chiama mercato, anche attraverso il suo cellulare, rifornendosi dal distributore che pratica il minor prezzo.

In Italia ve ne sono poco meno di 22.000 con 270 marchi censiti e molte migliaia di operatori indipendenti. La benzina è un prodotto omogeneo e la differenza di prezzo non riflette una sua diversa qualità, come nel confronto tra Louis Vuitton e Zara, ma il tentativo di qualche gestore di incassare di più pur vendendo meno.

Se qualche automobilista abbocca il problema è suo, non della collettività e non si capisce cosa la Guardia di Finanza abbia mai da eccepire al riguardo, mentre dovrebbe adoperarsi per eliminare la vasta area di illegalità fiscale.

Il vero problema è l’illegalità fiscale nella distribuzione carburanti

Certo, associare il termine speculazione alle compagnie petrolifere è quanto di più naturale, ma cerchiamo piuttosto di capire perché quasi tutte quelle internazionali hanno abbandonato il nostro Paese: ad ogni stormir di fronde, in un mercato altamente instabile e volatile come quello petrolifero, vi era qualcuno che si metteva sguaiatamente ad urlare: speculazione, speculazione, cartello, cartello!

Invece di preoccuparci di quel che non esiste, sarebbe opportuno pensare a quel che potrà accadere dopo il 5 febbraio quando scatterà l’embargo verso i prodotti petroliferi da cui l’Europa dipende per poco meno di un terzo dei fabbisogni.

Sostituire le importazioni russe sarà molto complesso, con un effetto boomerang per l’intera Europa, e allora sì che la speculazione potrà sguazzare così che anche i nostri prezzi potranno soffrirne.    


Alberto Clô è direttore della rivista Energia e del blog RivistaEnergia.it


Foto: Max Pixel


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