Meglio, molto meglio secondo Philip K. Verleger. Sul nuovo numero di ENERGIA, l’analista dei mercati energetici argomenta perché, a suo dire, la grave crisi energetica che stiamo attraversando sia grado di imprimere una accelerazione alla transizione.
Nonostante le similitudini con la crisi energetica del 1973, la struttura dell’economia globale, l’evoluzione dei mercati, il ruolo economico dei governi, l’urgente necessità di affrontare il riscaldamento globale porteranno, secondo Philip K. Verleger, la crisi in corso a esiti molto differenti.
La transizione energetica potrebbe subirne un’accelerazione, premiando nei fatti la visione di Clayton Christensen di un modello di obsolescenza forzata rispetto a quella di Vaclav Smil di una transizione inevitabilmente lenta. Mentre il ritorno degli Stati per fronteggiare le esigenze di sicurezza e transizione energetica non è così inesorabile come da più parti sostenuto.
L’articolo di Philip K. Verleger pubblicato sull’ultimo numero di ENERGIA si colloca nel solco di un duplice filone proposto dalla rivista. Uno più recente – il sorgere di un Nuovo Ordine Energetico – e uno di più lunga data – modalità e tempistiche della transizione energetica.
Un Nuovo Ordine Energetico, ma quale?
Il sorgere di un Nuovo Ordine Energetico è il tema che abbiamo posto al centro del numero 3.22, trattato, sotto profili differenti, negli articoli di Bordoff e L. O’Sullivan, di Yergin et al., di Manfroni e di Bonnet et al. Pur stagliandosi già da tempo sull’orizzonte, per l’urgenza più artificiale che naturale di una transizione energetica verso fonti a basso contenuto di carbonio, l’avvento di un nuovo ordine energetico si è rivelata realtà molto più prossima di quanto non sembrasse.
Questo a causa degli eventi, che potremmo definire «cigni neri», che hanno dominato l’ultimo biennio – la pandemia e l’invasione russa dell’Ucraina – e che ne hanno mutato significativamente i connotati rispetto a quanto non si attendesse, in particolare per l’incedere di un processo di de-globalizzazione – avviatosi con la rottura delle supply chain durante i lockdown pandemici e rafforzatosi con il riemergere di blocchi geopolitici e commerciali – e la prepotente riaffermazione della sicurezza energetica al fianco della transizione che aveva dominato il dibattito nell’ultimo decennio.
Nel suo articolo, Verleger propone una visione dichiaratamente differente da quella di Bordoff e O’Sullivan e nella quale il ritorno degli Stati per fronteggiare la duplice esigenza di sicurezza e transizione energetica non è così inesorabile.
Una transizione energetica inevitabilmente lenta o improvvisamente rapida?
Con quali modalità e con quali tempistiche possa verificarsi la transizione energetica è invece un filone a lungo trattato su queste pagine: dalle analisi di Enzo Di Giulio sin dall’indomani del Protocollo di Kyoto (ENERGIA 2.98), a quella di de Perthius e Solier su ENERGIA 2.18, di Gracceva et al. sulla capacità delle strategie di incidere sulle traiettorie inerziali del sistema (ENERGIA 1.20) e dei ricercatori IEA sullo stato d’avanzamento delle tecnologie per la decarbonizzazione (ENERGIA 4.20), alle più recenti analisi pubblicate su ENERGIA 2.22 da Quadrio Curzio sul nesso scarsità e innovazione e da Collins e Michot Foss sulla «valle della morte» che starebbe attraversando la transizione energetica.
Su questo fronte, Verleger assume una posizione contraria a quella più volte proposta su queste pagine, di una transizione inevitabilmente lenta, mutuata dalle esperienze del passato e sostenuta da studiosi, per lo più storici dell’energia, come Vaclav Smil.
Abbracciando la visione di Clayton Christensen, Verleger sostiene sia possibile replicare in campo energetico quanto vissuto in quello delle telecomunicazioni, ovvero un modello di obsolescenza forzata in grado di avviare un processo di sostituzione con nuove tecnologie a basse emissioni delle infrastrutture fossili prima che queste abbiano concluso il proprio ciclo di vita e restituito l’investimento.
Il cambiamento nella struttura del mercato è il fattore predominante di differenziazione delle due crisi energetiche
Un modello favorito dal mutato contesto economico globale rispetto a quello «ossificato» di 50 anni – struttura, mercati, ruolo governi, necessità di affrontare il riscaldamento globale – che sarebbe in grado di imprimere una accelerazione alla transizione, spinta proprio dalla crisi energetica in corso.
L’articolo analizza le principali differenze tra le due crisi energetiche (par. 1), prendendo in considerazione
- la struttura dell’economia globale (1.1)
- l’evoluzione dei mercati (1.2)
- il ruolo economico dei governi (1.3)
- l’urgente necessità di affrontare il riscaldamento globale (1.4)
Passa quindi a confrontare le opposte visioni di Smil e Christensen sulla transizione energetica (par. 2) per poi interrogarsi su quanto sia inesorabile il ritorno degli Stati (par. 3). Le conclusioni cui giunge sono ottimiste e indicano che si stia andando verso un esito più roseo della crisi (par. 4).
Un risultato che pochi vedono arrivare
“Mentre saranno gli storici a sancire il successo o meno nel 2022 delle tecnologie dirompenti raccontate da Christensen, il tasso di innovazione nel settore energetico oggi indica un risultato molto diverso dalle opinioni di Bordoff, O’Sullivan, Smil e Yergin, che si concentrano principalmente sull’energia fossile. Entro il 2030, i combustibili fossili potrebbero essere un elemento secondario.
Questo accelerato tasso di innovazione nel XXI secolo, il finanziamento di nuove imprese e nuove idee e, soprattutto, il desiderio di molti di evitare il ricatto russo sui combustibili fossili produrranno un risultato molto migliore di quello della prima crisi energetica. Questo risultato sarà facilitato dai mercati più aperti, dalla scomparsa delle grandi aziende e dall’assenza di interferenze governative pesanti nell’innovazione tecnologica. È un risultato che pochi vedono arrivare”.
Il post presenta l’articolo di Philip K. Verleger Questa volta sarà diverso: crisi del 1973 e del 2020-22 a confronto (pp. 70-77) pubblicato su ENERGIA 4.22
Philip K. Verleger è esperto di mercati energetici, proprietario e presidente di PKVerleger LLC
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