Adeguare le reti elettriche di trasmissione e distribuzione si sta rivelando un investimento difficile da realizzare, eppure dovrebbe essere la priorità, imprescindibile per connettere al minor costo la nuova crescente potenza rinnovabile. Come fare? L’articolo di Giovanni Goldoni su ENERGIA 4.22.
L’introduzione nel sistema elettrico di massicce quote di energie rinnovabili intermittenti (solare ed eolico) è una rivoluzione per il sistema elettrico sotto molti punti di vista. I benefici sono attesi per lo più sul fronte ambientale e climatico, ma possono esserci implicazioni negative su sicurezza e competitività. Su ENERGIA 4.22 approfondiamo alcuni aspetti critici per l’Italia e gli altri paesi impegnati nella decarbonizzazione del settore elettrico, con un quartetto di articoli che mette al centro il nesso rinnovabili intermittenti-accumuli-reti:
- i blackout elettrici in Europa e come scongiurarne l’aumento (a firma di Dominique Finon);
- il ruolo degli accumuli nell’integrazione delle rinnovabili intermittenti e nella gestione della relativa overgeneration (di Luca Marchisio, Salvatore De Carlo, Fabio Genoese, Arianna Nouri);
- l’esigenza di riformare, in tempi brevi, la regolazione del mercato (GB Zorzoli);
- l’adeguamento delle reti (di Giovanni Goldoni).
Lo sviluppo delle reti elettriche rappresenta una priorità. Forse l’ambito di intervento più importante. Un’esigenza che avevamo già evidenziato su ENERGIA 2.21, nell’articolo di Carlo Degli Esposti, Pierre Bornard e Graeme Steele sull’impatto dell’eolico offshore sulle reti elettriche e che adesso Goldoni mette sotto la sua lente dopo aver approfondito negli scorsi anni, tra le altre cose, aspetti attigui come il design di mercato per l’integrazione delle fonti rinnovabili (ENERGIA 4.20), le potenzialità e le opportunità offerte dalla demand response (ENERGIA 4.21) e aver ricostruito nel dettaglio la gestione della rete e le conseguenze durante la bufera di freddo in Texas (ENERGIA 2.21).
C’è una pianificazione dell’adeguamento delle reti elettriche? A chi vengono imputati i costi?
L’articolo affronta il tema critico dei costi aggiuntivi dovuti allo sviluppo degli investimenti nelle reti di trasmissione e distribuzione per connettere al minor costo la nuova crescente potenza rinnovabile che bisognerebbe realizzare per rispettare le prescrizioni comunitarie. Dall’analisi delle esperienze di Texas e Regno Unito, l’articolo mostra come uno degli ostacoli principali alla crescita progressiva della capacità rinnovabile nel mix di generazione derivi dall’inadeguatezza delle reti infrastrutturali, comprovata da frequenti congestioni e lunghe code di attesa per la connessione di nuovi impianti. Fenomeno evidente anche in Italia.
L’adeguamento delle reti di trasmissione e distribuzione si sta rivelando un investimento difficile da realizzare, a causa delle condizioni estremamente mutevoli. Altrettanto complessa è la ripartizione dei costi di sistema e di investimento tra tutti gli utilizzatori delle infrastrutture. “Uno dei problemi più discussi nell’ambito della transizione nel settore elettrico riguarda i maggiori costi che le nuove fonti di energia rinnovabile (FER) causerebbero ai sistemi elettrici”, tra cui rientrano quelli necessari per bilanciare la produzione intermittente con sistemi di accumulo e quelli per adattare le reti.
Le insidie del «chicken and egg problem»
L’articolo si concentra sui costi per lo sviluppo delle reti di trasmissione e distribuzione che accompagnerà la dismissione progressiva dell’attuale parco di generazione, e delle relative connessioni, e “prova a inquadrarlo nel modo più semplice: come si sta pianificando lo sviluppo delle reti elettriche per connettere al minor costo una nuova potenza FER commisurata agli obiettivi di decarbonizzazione, e a chi saranno imputati i relativi costi”.
Rispetto alle centrali termiche del passato, “i tempi più veloci di realizzazione degli attuali impianti FER pongono un classico chicken and egg problem rispetto ai tempi normalmente più lenti dello sviluppo della rete (…). Il primo paragrafo descrive le cause e gli effetti dei ritardi, frequenti e crescenti, con i quali le reti sono in grado di accogliere le sempre più numerose richieste di connessione di nuovi impianti FER” (1. Le insidie del «chicken and egg problem»).
“L’inadeguatezza delle infrastrutture di trasmissione sta causando costi di sistema che sarebbero evitati se esse fossero tempestivamente adattate alle nuove condizioni. D’altra parte, bisogna riconoscere che le tempistiche degli investimenti sono difficili da allineare perfettamente a condizioni estremamente mutevoli, e l’allocazione tra gli utilizzatori delle infrastrutture delle due famiglie di costi (costi di sistema e costi di investimento) non è mai scontata”.
L’articolo prosegue quindi con l’esame dei contributi in letteratura di Joskow e Hogan (2. Lo sviluppo efficiente delle reti di trasmissione nella teoria economica). “La teoria economica suggerisce il ricorso a criteri ispirati all’analisi costi-benefici per selezionare i progetti di sviluppo delle reti di trasmissione e per allocare i relativi costi di investimento tra i beneficiari. All’atto pratico, la loro applicazione in uno scenario che sta affrontando una mutazione radicale non porta ai risultati attesi”.
La transizione da fossili a rinnovabili rappresenta un cambio di paradigma tecnologico ed economico, per il quale occorreranno tempi molto lunghi
Ma la teoria è una bussola che può guidare solo in parte, una volta fatte diverse esperienze occorre raccoglierle e compararle per aggiustare il tiro (3. Dalla teoria alla… FERC). “Negli Stati Uniti, i principi che gli operatori di sistema (ISO) devono seguire per pianificare gli investimenti nelle reti di trasmissione soggette alla regolamentazione federale e per allocare i relativi costi in tariffa sono contenuti nell’Order 1000 del 2011. Joskow (2019) dimostra come per una serie di ragioni questo Order non abbia stimolato a sufficienza gli investimenti nelle reti di trasmissione”.
“Tra i sistemi elettrici americani, quello del Texas è un caso a parte almeno per un paio di ragioni” (4. Il caso texano). “La prima è avere una rete di trasmissione quasi per nulla interconnessa con altri Stati e quindi sottratta alla regolamentazione federale. La seconda è il suo potenziale enorme di risorse rinnovabili da sfruttare, che si concentra, come al solito, in zone lontane dai centri di carico”. Con tali premesse, in che modo il regolatore ha provveduto a stimolare gli investimenti nelle reti?
Anche l’Europa è alle prese con uno sviluppo insufficiente delle reti di trasmissione, che potrebbe ritardare e rendere più costoso il processo di decarbonizzazione
Successivamente, “l’articolo prende in esame due casi molto diversi”: quello britannico (5. Il piano di sviluppo della rete di trasmissione nel Regno Unito), “con i suoi progetti eolici offshore e le sue tariffe zonali”, e quello italiano (6. Il piano di sviluppo Terna), “dove la lentezza con la quale sta crescendo la nuova potenza FER in esercizio dipende, forse solo apparentemente, più dagli ostacoli disseminati lungo gli iter autorizzativi degli impianti di generazione che dall’attività di adeguamento della rete di trasmissione nazionale”.
Nelle conclusioni (par. 7), Goldoni rileva, tra le altre cose, come “facilitare le connessioni degli impianti FER e assicurarsi che il problema delle congestioni di rete nelle aree più vocate alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili sia sotto controllo sono aspetti a cui dare priorità, almeno nella prima fase di decarbonizzazione del settore elettrico. Alla luce delle evidenze riportate, questo implica socializzare nelle tariffe pagate dagli utilizzatori finali gran parte degli investimenti necessari per il potenziamento e per l’adeguamento delle infrastrutture di rete, sempre che i loro benefici, inclusi quelli della decarbonizzazione del settore, siano superiori ai loro costi”.
“Quando il mix di generazione sarà in prevalenza costituito da FER e i benefici marginali della decarbonizzazione dovrebbero essere sempre meno apprezzabili, lo scenario di sviluppo della rete sarà diverso e si dovranno valutare gli effetti degli investimenti soprattutto sui prezzi di mercato (…) e sui generatori (…). A quel punto, probabilmente, anche l’approccio «efficiente» di Hogan di imputare i costi degli investimenti ai loro beneficiari «più diretti» verrà rispolverato dai regolatori”.
Il post presenta l’articolo di Giovanni Goldoni La priorità è lo sviluppo delle reti elettriche (pp. 40-51) pubblicato su ENERGIA 4.22
Giovanni Goldoni, Università di Verona e Comitato Scientifico di «Energia»
Foto: Pexels
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