Il rischio blackout cresce per la scarsità di investimenti di adeguamento e ammodernamento delle reti elettriche a fronte della consistente penetrazione delle tecnologie green, accelerata ulteriormente a seguito della guerra in Ucraina.
“Aiutateci a venirne fuori” è l’accorato appello a ridurre per quanto possibile i consumi di elettricità lanciato pochi giorni fa alla popolazione della Germania meridionale dal locale gestore della rete elettrica. In caso contrario, è la conclusione, vi è un alto rischio di un diffuso e prolungato blackout.
La ragione è data dalla consistente penetrazione delle tecnologie green – centrali eoliche, pannelli solari, pompe di calore, auto elettriche – che ha fatto seguito alla guerra ucraina, a fronte di una rete elettrica inidonea ad assorbirle.
Un mismatch che sta interessando non solo la Germania, che va predisponendo una rigida regolazione dall’inizio del prossimo anno sull’uso delle diverse apparecchiature, ma diversi altri paesi: l’Olanda, che si è trovata del tutto impreparata ad affrontare la penetrazione di queste tecnologie; la Finlandia ove gli automobilisti sono pregati di non caricare le auto elettriche in mattinata; la Gran Bretagna con la richiesta a ridurre i consumi tra le 16 e le 19 pomeridiane.
Sull’ultimo numero di ENERGIA, Dominique Finon fa il punto del problema. A suo dire, l’instabilità del sistema e i ridotti margini di manovra (per la minor produzione controllabile e la mancanza di flessibilità) possono determinare blackout di vasta portata, in particolare quando la quota di produzione da rinnovabili intermittenti (solare ed eolico) supera il 30% e il sistema elettrico nazionale è strettamente integrato con quelli attigui.
Per ogni euro investito nelle rinnovabili, 50 centesimi dovrebbero infatti andare al rafforzamento delle reti
La ragione all’origine è la scarsità di investimenti di upgrading delle reti elettriche sia di trasmissione che di distribuzione che, secondo l’associazione delle imprese elettriche europee Eurelectric, dovrebbero ammontare a 375-425 miliardi di euro, con una crescita di gran lunga superiore a quella che si va osservando.

Per ogni euro investito nelle rinnovabili, 50 centesimi dovrebbero infatti andare al rafforzamento delle reti. Le conseguenze sono nefaste: disagio per i consumatori, allentamento degli investimenti green e della spesa parte dei consumatori, spreco di risorse.
E l’Italia come è messa? Nello stesso numero di ENERGIA, in un lungo saggio Giovanni Goldoni analizza in modo puntuale le criticità che interessano il nostro Paese ed i costi aggiuntivi dovuti allo sviluppo degli investimenti nelle reti per connettere al minor costo la nuova potenza rinnovabile che bisognerebbe realizzare per rispettare le prescrizioni comunitarie.
L’inadeguatezza delle infrastrutture sta causando costi aggiuntivi di sistema e disincentiva i nuovi investimenti in capacità rinnovabile
Connessioni che stanno avvenendo con crescenti ritardi che disincentivano i nuovi investimenti al di là degli ostacoli autorizzativi, per la difficoltà ad assorbire produzioni addizionali di rinnovabili (nel 2020 non si è riusciti ad immettere in rete il 4% di quella eolica).
L’inadeguatezza delle infrastrutture sta causando costi aggiuntivi di sistema accrescendone l’incidenza nei progetti di investimento delle rinnovabili con conseguenze sulla loro fattibilità e convenienza.
È da parecchi anni che i piani di sviluppo decennali di Terna mettono al centro l’adeguamento della rete di trasmissione con investimenti previsti nell’ultimo piano a 18 miliardi di euro. Con la maggiore potenza rinnovabile da installare entro il 2030 – 70 GW seguendo il Fit for 55, 85 GW secondo REPowerEU – potrebbero crescere ad almeno 30 miliardi di euro.
Le connessioni alla rete di trasmissione dovrebbe essere una (pre)condizione per la costruzione di impianti rinnovabili. Mettere il carro davanti ai buoi, agevolando queste fonti senza essersi preventivamente preoccupati di poterle assorbire è politica miope.
Ma è quel che accade in assenza di una qualsiasi parvenza di programmazione che lascia al caso non al mercato il succedersi degli accadimenti, con conseguente gran spreco di risorse economiche spesso a carico della collettività.
Alberto Clô è direttore della rivista Energia e del blog RivistaEnergia.it.
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Foto: Pixabay
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