21 Febbraio 2023

Automotive: le sfide della supply chain

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Dopo quella di semiconduttori e cablaggi, l’automotive teme nuove carenze nella supply chain: nichel, rame e altri materiali critici. Un estratto dall’articolo di Daniel Yergin, Chris Williamson, Matteo Fini, Jim Burkhard pubblicato su ENERGIA 3.22.

Se fino al 2021 le catene di approvvigionamento erano argomento degli addetti a lavori, da allora sono diventati “una voce determinante dei risultati economici delle grandi aziende, rappresentando un fattore significativo dell’inflazione e, per alcuni paesi, del prodotto interno lordo.”

La crisi delle supply chain colpisce diversi comparti dell’economia, compreso quello automotive che a causa di ciò ha registrato lo scorso anno un rallentamento della produzione. A dare contezza della portata della crisi è un articolo degli analisti di S&P Global comparso su ENERGIA 3.22, le cui prospettive restano tuttora valide.

Proponiamo alcuni passaggi del paragrafo Sofferenza e guadagno: la nuova normalità della supply chain nel settore automotive a cura di Matteo Fini, Vice President, Automotive Supply Chain and Technology, S&P Global Mobility.

La carenza dei semiconduttori e la nuova realtà manifatturiera

Nel 2022, a limitare la produzione automobilistica è stata soprattutto la carenza di semiconduttori: “a scarseggiare sono i chip analogici, i transistor discreti e i diodi”. Una criticità che si sovrappone “ad altri shock localizzati, come la carenza di cablaggi a causa della guerra in Ucraina o i lockdown in Cina che hanno impattato su diversi componenti”. 

Carenze che hanno costretto “i fornitori ad adattarsi a una nuova normalità manifatturiera” che se da un lato  “non è necessariamente una cattiva notizia per le case automobilistiche, poiché ha consentito loro di imporre una maggiore disciplina dei prezzi, con meno sconti, aumentando così la loro redditività”, dall’altro costituisce una scure “per i fornitori, che hanno difficoltà a trasferire l’aumento dei costi ai propri clienti, le case automobilistiche, e sono gravati da una struttura a costi fissi progettata per volumi del settore superiori del 20% a quelli attuali.”

Ciò che più preoccupa è che “i consumatori e l’industria automobilistica continueranno a subire la carenza di semiconduttori anche nel 2023. Mentre per alcune loro parti potrebbero esservi scorte sufficienti e persino eccessive, i tempi di consegna per altre parti essenziali sono ancora tre o quattro volte più lunghi rispetto a quelli pre-Covid”.

“Ci sono pochi segnali di un allentamento imminente” anche in ragione “dell’aumento del contenuto di semiconduttori nelle automobili che, per mettere le cose in prospettiva, sarà raddoppiato in un veicolo medio entro il 2023 rispetto al 2018 a quasi 800 dollari”.

“Una dinamica che né l’industria dei semiconduttori né quella automobilistica erano e sono in parte ancora attrezzate a sostenere (e che) deriva dai divari strutturali di capacità, poiché la componente dei semiconduttori nei veicoli è prevista superare la barriera di 1.000 dollari entro il 2027 se le case automobilistiche vogliono offrire l’experience elettrificata e digitale che hanno promesso ai consumatori e che stanno pianificando”.

Quale sarà la prossima interruzione?

Un problema, quello dei semiconduttori, non isolato e circoscritto. “Che si tratti di acciaio magnetico per motori elettrici, palladio per convertitori catalitici, nichel e litio per batterie di veicoli elettrici, l’industria non può che chiedersi quale sarà la prossima interruzione che le impedirà di tornare ai volumi pre-Covid”.

“Sebbene siano diversi i cigni neri che possono rendere impossibile questa missione, le carenze strutturali e la volatilità dei prezzi intorno a materie prime critiche per batterie come nichel, litio e cobalto sono attualmente al centro dell’attenzione.” Per una panoramica delle prospettive di mercato di questi metalli nel 2023 si rimanda alla recente analisi Dentro le batterie, cosa riserva il 2023? di Giovanni Brussato.

Altro osservato speciale è il rame, i cui consumi sono stimati raddoppiare “entro il 2035 in uno scenario a emissioni nette zero al 2050” per soddisfare, da un lato, la domanda tradizionale e, dall’altra, quella per la transizione, visto che i veicoli elettrici impiegano “una quantità̀ due volte e mezzo superiore rispetto a un’auto convenzionale”.

Un aumento che l’industria del rame non è pronta a sostenere, come sostenuto sempre da S&P Global in un report ad hoc. Ancor più perché “le risorse sono anche altamente concentrate, con il 38% della fornitura di rame proveniente da Cile e Perù.”

Il disequilibrio domanda/offerta di batterie può determinare aumento dei prezzi

Dato un contesto così incerto e caratterizzato da prezzi volatili, “il timore è che le case automobilistiche siano costrette ad aumenti strutturali dei prezzi dei veicoli, rendendo così quelli elettrici meno convenienti e affrontabili per il maggior costo delle materie prime a fronte di una domanda di batterie in espansione e di un’offerta incapace di tenerle il passo.

Per evitare ciò e in risposta alle lezioni apprese dalla carenza dei semiconduttori, gli OEM stanno attivamente cercando di assicurarsi le materie prime necessarie alle batterie tramite l’integrazione verticale di alcuni segmenti operativi o fornendo finanziamenti alle società che operano nel settore minerario in cambio di accordi sui prezzi”.

Una tendenza avviata da Great Wall nel 2017 con l’investimento nel progetto al litio Pilbara in Australia e seguita da Toyota in Argentina. “Da allora, altri otto OEM hanno annunciato investimenti sul litio. Per quanto riguarda il nichel, quattro OEM hanno annunciato investimenti in estrazione, diretti o tramite joint-venture, tra ottobre 2021 e marzo 2022.”

Netta la conclusione che ne trae Matteo Fini, “i piani di investimento sui veicoli elettrici degli OEM e il quadro normativo di supporto hanno come presupposto una riduzione dei costi delle batterie e un’ampia disponibilità di materie prime necessarie. Se una di queste condizioni non dovesse essere soddisfatta, le case automobilistiche e i fornitori potrebbero trovarsi in una situazione difficile nel perseguire i loro piani di elettrificazione.”


Il post riporta un estratto dell’articolo di Daniel Yergin, Chris Williamson, Matteo Fini, Jim Burkhard, Il terremoto nelle supply chain globali: industria, automotive ed energia, comparso su ENERGIA 3.22

Daniel Yergin, Chris Williamson, Matteo Fini, Jim Burkhard (S&P Global)


                        

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