24 Febbraio 2023

Carbone: la sicura vecchia via cinese e il piccolo balzo momentaneo europeo 

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Lasciare la vecchia via (carbone) solo quando si è sicuri di avere trovato la nuova è il senso della strategia energetica della Cina. In Europa invece il piccolo balzo del carbone è ritenuto solo “momentaneo”, sempre che si verifichino tutta una serie di condizioni per poterci rinunciare. E poi c’è la sicurezza energetica.

Attenzione alla fretta, nel lasciare la vecchia via per la nuova. È il senso di un vecchio detto, ma anche delle recenti parole del potente Xi Jinping in tema di energia: niente strappi in nome dell’ambiente, se è a rischio la sicurezza energetica del Paese. Tanto più dopo quanto avvenuto in Europa con il gas e dopo i problemi di approvvigionamento subiti dalla stessa economia cinese.

Meglio lasciare la vecchia via quando si è sicuri di avere trovato la nuova, ha spiegato. Nel frattempo, niente di più sicuro delle vecchie abitudini.

Due volte l’intera potenza elettrica della Germania

L’ente di Stato ha pianificato almeno 165 GW di nuove centrali a carbone – per intenderci, due volte il fabbisogno di potenza elettrica della Germania – con l’obiettivo di arrivare a realizzarne 270 GW al 2025: più di quanto disponga oggi ogni altro paese al mondo. Altri 101 GW risulterebbero invece in cantiere al di fuori della Cina.

Quindi attività al massimo, anche nelle miniere dove si può, per fare scorta. Però non c’è da allarmarsi: “Useremo il carbone in maniera più efficiente e più pulita” ha specificato Xi.

Speriamo non si riferisse all’idea del Giappone di aggiungere al carbone l’ammoniaca: una tecnica che al momento non ha alcun senso, né economico, né tecnico. E neanche alle tecnologie di cattura e sequestro della CO2 (le cosiddette “CCUS”), ormai da anni solo promettenti.

Una “genuina” ambizione

Qualcuno osserva prosaicamente che si vuole solo evitare rischi, attraverso una robusta ridondanza, preservando però una “genuina” ambizione di passare alle fonti pulite: proprio la Cina, in effetti, investe su di esse più di ogni altro paese al mondo, macinando continui record.

Le centrali a carbone sarebbero dunque destinate a funzionare sempre meno e solo in ore di punta, via via spiazzate dalle rinnovabili, che si avvierebbero ad occupare la posizione di fonte primaria di energia. In pratica, quel ruolo di sostegno durante la transizione che era stato assegnato alla generazione da gas naturale: peraltro lo era stato non tanto per scelta, quanto perché oggettivamente la soluzione più adatta, sotto tutti i profili.

Intanto, l’Economist Intelligence anticipa che il 2023 vedrà nel mondo le rinnovabili continuare la loro corsa verso la leadership e che in parallelo, sia pur di poco, crescerà ancora l’elettricità da carbone, per il terzo anno consecutivo, così come quella da petrolio. Ci sarà persino il ritorno del nucleare: lo stesso Giappone, nonostante Fukushima, sembra voglia riattivare 7 centrali nucleari, la Germania potrebbe rinunciare a dismetterne tre e altri paesi, quali India o Cina, potrebbero seguire.

Un piccolo balzo momentaneo

Solo il gas naturale farà fatica un po’ ovunque, soprattutto in Europa, dove si punterà principalmente su carbone e nucleare per affiancare la poderosa rincorsa delle rinnovabili. Anzi, secondo Ember, qui il gas naturale sarà la fonte che scenderà più di tutte, nonostante il suo livello di prezzo sia già rientrato, e comunque questo “piccolo balzo” del carbone non deve spaventare, perché solo “momentaneo” e non poi così inquinante.

D’altronde l’anno scorso il prezzo europeo del gas era esploso, la siccità aveva provocato un calo dell’idroelettrico mai visto da 500 anni e le fermate delle centrali francesi avevano ridotto la quota del nucleare come mai da 40 anni.

Lo stesso import di carbone, salito eccezionalmente del 51%, è stato poi consumato solo per un terzo nelle centrali, le quali alla fine hanno funzionato a capacità minima. Sarà, ma forse dobbiamo ringraziare il clima straordinariamente clemente per questo.

Nel 2022 il carbone a fini elettrici in Europa è aumentato di un ulteriore 6,7% e le emissioni di CO2 del settore sono aumentate del 3,9%, contro un calo della domanda del 2,7%: queste peraltro erano già aumentate de10% nel 2021, l’anno della vera e propria “fuga” dal gas verso il carbone (ben 22 GW sbloccati).

Per il 2023 dobbiamo sperare che la domanda europea di elettricità continui a scendere, che le temperature rimangano miti, che l’idroelettrico rimbalzi e che il nucleare torni a marciare regolarmente: altrimenti, questo è il senso, sempre più carbone, anziché gas.

Cambio di paradigma: dalla CO2 evitata al gas non consumato

Del resto, il parametro per misurare i benefici in campo energetico è ormai per tutti il gas non consumato, non più la CO2 evitata, come fino a poche settimane fa. Insomma, la transizione ecologica soccombe dinanzi alla sicurezza energetica, il nuovo dogma che ha fatto irruzione a partire dallo scorso anno.

Eppure, il carbone rimane il combustibile che nuoce di gran lunga più di ogni altro all’ambiente, il doppio del gas, oltre che alla salute umana: il suo utilizzo a fini elettrici rende impossibile ogni obiettivo di decarbonizzazione. Senza considerare gli effetti delle miniere a monte, che peraltro permangono per i decenni successivi alla loro chiusura: solo il rilascio di metano da miniera aumenta del 23% l’impatto del carbone bruciato in centrale e provoca un’emissione di CO2 superiore a quella dell’intera Europa a 27 (Ember, 2021).

Né è credibile che le centrali a carbone possano in futuro effettuare un servizio di punta, non essendo flessibili, né efficienti, o che un paese come la Cina, di sicuro attento agli interessi economici, pensi di investire qualcosa come 100 miliardi di dollari sapendo che in breve potrebbero trasformarsi in stranded cost.

E poi c’è la sicurezza energetica

E poi c’è la sicurezza energetica. Prendiamo l’Italia. Non da ora siamo un Paese poco dotato di risorse sul piano energetico e questa debolezza già in passato è sfociata in momenti di crisi sistemiche: sta per compiere cinquant’anni quella petrolifera così famosa.

Scelte di campo e relative battaglie ci sono state negli anni e sono in corso tuttora (nucleare, gas, rinnovabili), tanto che oggi siamo in condizioni migliori rispetto a molti altri paesi: tuttavia sentiamo solo di girotondi contro gli impianti gas o quelli solari ed eolici, non contro le centrali a carbone o ad olio combustibile che continuano a marciare. Il loro processo di dimissione o riconversione, sospeso per l’emergenza, dovrebbe invece ripartire al più presto.

Bene stanno facendo ora i nostri Governi ad impegnarsi per la diversificazione degli approvvigionamenti e lo sviluppo infrastrutturale: questo in fondo è il cuore della sicurezza energetica, non l’inadeguatezza del gas naturale o la sua scarsità.

Certo, avremmo potuto pensarci prima, ma tant’è.


  Carmine Biello è Senior Advisor Apogee Global. 


Foto: Pixabay

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