7 Febbraio 2023

Elettricità in Europa e il volto nascosto della luna

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Il nuovo rapporto Ember European Electricity Review 2023 sostiene che la transizione elettrica in Europa sta accelerando. Eppure, le emissioni di CO2 sono aumentate. Come mai? Ci sono alcune variabili che Ember lascia nell’ombra. Sul lato nascosto della luna, quello che non vediamo mai.

Quale sarà l’effetto della guerra tra Russia e Ucraina sulla transizione energetica? La scarsità di gas e, in generale, gli alti prezzi delle fonti fossili favoriranno le rinnovabili? Procederemo più rapidamente verso emissioni nette zero? Queste sono alcune delle domande che si sono sollevate sin da subito, tra studiosi e operatori, dopo la sciagurata discesa dei carri armati russi nelle pianure ucraine.

Oggi, dopo meno di un anno, il think tank Ember, nel suo recente report sull’elettricità in Europa nel 2022, ci dà una risposta fortemente positiva. Ecco le prime due frasi che compaiono nell’Executive Report: “La transizione elettrica dell’Europa emerge dalla crisi energetica più forte che mai (…) La risposta politica dell’Europa all’invasione dell’Ucraina nel 2022 è stata di accelerare la sua transizione energetica”.

Solare ed eolico viaggiano a velocità nettamente superiore quella di gas e carbone…

A sostegno di questa tesi, Ember cita una serie di dati, tra i quali il fatto che per la prima volta nella storia della generazione elettrica europea la quota di solare ed eolico (22%) ha superato sia quella del gas (20%) che quella del carbone (16%). Come si può vedere dalla figura la crescita di queste due fonti verdi è continua, dal 2000 in poi, e nel 2022 la pendenza della curva aumenta parecchio.

Sì, è vero che contestualmente sono cresciute, seppure di poco, anche le quote del gas e del carbone, ma è certo che solare ed eolico viaggiano a velocità nettamente superiore.

…ma le emissioni continuano ad aumentare!

Il 2022 è stato un anno particolare, a ragione della contrazione del nucleare, principalmente in Francia, e della siccità marcata – unicum su un orizzonte temporale di 500 anni, secondo Ember – che ha letteralmente mandato in secca l’idroelettrico europeo. Sono state proprio queste due contrazioni a rilanciare il carbone – la cui curva mostra un andamento discendente dal 2000 in poi – e, in certa misura, il gas naturale.

Alla fine, l’effetto combinato di queste variazioni è stato quello di un aumento delle emissioni di CO2 del 3,9% rispetto all’anno scorso. Basterebbe quest’ultimo dato di sintesi, sulla variabile cruciale della transizione – le emissioni, appunto – a sollevare dubbi sull’accelerazione della transizione europea. Come si fa a dire che c’è stata un’accelerazione se le emissioni sono aumentate?

Ma Ember si mostra ottimista, sostenendo che la crescita del carbone è fenomeno transitorio, tanto che negli ultimi mesi del 2022 il suo consumo è risultato in calo. Ecco perché Ember si spinge a prevedere una diffusione ancora più robusta delle rinnovabili nell’ambito del mix elettrico europeo.

L’incognita della domanda

Nel 2023, solare ed eolico dovrebbero crescere di 86 TWh contro i 72 del 2022, mentre gas e carbone dovrebbero sprofondare di 211 TWh (+33 nel 2022) a ragione del recupero di nucleare ed idro. Su tale riflessione quantitativa grava, ovviamente, l’incertezza sul lato della domanda: nel 2022 è crollata di 79 TWh – principalmente a causa del risparmio energetico, secondo Ember – mentre nel 2023 è prevista in diminuzione di 84 TWh.

Non è un buon dato nella misura in cui esso è figlio, più che dell’energy saving, di una contrazione subita dall’attività industriale.

Certo è che il futuro non lo conosce nessuno, come nessuno aveva previsto una guerra così distruttiva nel cuore dell’Europa e un prezzo del gas con picchi di 20 volte rispetto ai suoi valori storici. “Fare previsioni è una cosa molto difficile, specialmente se riguardano il futuro”, diceva l’ironica e famosa frase del fisico danese Niels Bohr. E tuttavia qualche riflessione può essere fatta su un paio di domande chiave, ovvero: qual è la forza delle rinnovabili in Europa? Quando il mix verde estrometterà le fonti fossili, come prevede l’obiettivo di emissioni nette zero nel 2050?

Quale forza intrinseca di solare ed eolico?

La cosa più semplice da fare per cercare di rispondere a queste domande è capire quale sia la forza intrinseca di solare ed eolico. Di certo, il dato sulla crescita della loro quota nel mix elettrico europeo rappresenta una variabile fondamentale per chiarirsi le idee. La figura seguente mostra i tassi di crescita annui della quota di solare ed eolico.

Elaborazione dell’autore su dati Ember

Emergono due dati di fondo: primo, i tassi tendono a diminuire, e ciò è intuitivo poiché la crescita della quota di solare ed eolico fa aumentare il denominatore della variabile “variazione quota/quota”, ovvero del tasso di crescita. Secondo, c’è molta varianza nei tassi che nel giro di un anno possono diminuire o aumentare di 15-20 punti percentuali, segno che il processo è tutt’altro che uniforme.

Nonostante tale variabilità si possono fare alcuni semplici esercizi per capire quando solare ed eolico spiazzeranno in toto carbone e gas. Ad esempio, assumendo che la quota di idroelettrico e nucleare si stabilizzi negli anni intorno al 35%, e ipotizzando che il tasso di crescita della quota di solare ed eolico sia uguale a quella dell’ultimo anno (16,6%), occorrerebbero solo 7 anni per eliminare del tutto carbone e gas naturale. Se invece il tasso fosse quello medio degli ultimi 3-5 anni occorrerebbero 11-12 anni per spiazzare del tutto le fonti fossili.

L’elettricità in Europa potrebbe essere del tutto decarbonizzata addirittura entro il 2030, ma attenti alla viscosità della realtà

Dunque, nel primo caso l’elettricità europea sarebbe del tutto decarbonizzata addirittura nel 2030, nel secondo caso tra il 2034 e il 2035. Sono numeri impressionanti che in un pugno di anni fanno calare il sipario sui fossili all’interno della generazione elettrica europea.

Sappiamo che la realtà ha una viscosità che i numeri non registrano, che vi sarà sempre la necessità di backup da parte di centrali ad alta densità energetica a sostegno delle variabili rinnovabili, che lo stesso processo di decarbonizzazione è carbonico e che, come dice Smil, “wind turbins are pure embodiment of fossil fuels”.

Sappiamo anche che solare ed eolico non sono solo pannelli e pale, ma anche rete e storage, e che i costi di adeguamento di queste infrastrutture crescerebbero in misura rilevante e forse proibitiva con la progressiva espansione delle fonti rinnovabili.

Le variabili nascoste

Di tutto questo il report Ember non parla, lasciando queste variabili nell’ombra o, per usare un’immagine, sul lato nascosto della luna, quello che non vediamo mai. Più di questi elementi, rimane sul lato coperto della luna una variabile che Ember, purtroppo, non approfondisce, ed è un peccato perché si tratta di un aspetto chiave: la penetrazione elettrica.

Va ricordato, infatti, che tutta la questione della transizione energetica riposa, oltreché sulla decarbonizazione del mix elettrico, sulla penetrazione dell’elettricità nei consumi finali di energia. A poco vale decarbonizzare il mix elettrico se poi l’elettricità non va a sostituire le altre fonti all’interno dei consumi energetici europei e mondiale. Su questo fronte, sfortunatamente, non ci sono progressi.

Come si può vedere dalla figura che segue, l’elettricità non si espande: se nel 2013 la sua quota era pari al 20,8%, nel 2021 essa era ancora ferma sullo stesso valore.

Fonte: Eurostat

Secondo la IEA, non si dà Net Zero Emissions senza una quota di elettricità all’interno dei consumi finali pari ad almeno il 50%. Nel caso dell’Europa non solo mancano circa 30 punti percentuali ma – ed è questa la contraddizione – non si scorgono segni di progresso. D’altra parte, l’aumento della quota significherebbe un’accresciuta generazione di elettricità e dunque potenziali spazi di crescita, di nuovo, per il gas.

Elettricità che cresce nei consumi finali significa, prima di tutto, due cose: trasporti elettrificati e pompe di calore che rimpiazzano i boiler a gas nel residenziale. Su quest’ultimo punto destò stupore il dato IEA che, quale implicazione di NZE, metteva fuori mercato i fossil boiler dal 2025.

Ed è proprio questa la battaglia che l’Unione Europea si appresta a fare: rendere verdi, entro il 2050, trasporti e residenziale. È possibile? E come?

Il dilemma delle policy (riflesso del rebus della transizione)

Quello che si intuisce è che in corso una lotta – consapevole? – tra le due strategie classiche delle policy ambientali: command & control contro strumenti economici, ovvero standard contro carbon pricing.

Dopo avere fondato la propria policy climatica, con l’ETS, sul carbon pricing, nello scorso dicembre la UE ha annunciato una riforma dell’ETS che ne estende l’utilizzo proprio a trasporti e residenziale, due settori che tradizionalmente, stando ai libri di testo, non s’intonano con il cap & trade, a ragione dell’enorme numero di agenti.

Ma l’Unione Europea è andata avanti sulla sua strada annunciando l’applicazione dell’ETS a trasporti e edifici commerciali a partire dal 2024, per poi estenderla a quelli privati dal 2029.

Sull’altro fronte, il “Fit for 55” prevede la cessazione della vendita delle auto a combustione interna dal 2035. E più recentemente, nell’abito del dibattito per la revisione della “Energy performance of buildings directive” si congettura, nel residenziale, l’abbandono delle caldaie a gas a favore delle più efficienti pompe di calore.

La buona regola: uno strumento di policy per ogni singolo target

Dunque, da una parte il pricing come strumento di riduzione delle emissioni, dall’altra la rigidità dello standard tecnologico che, addirittura, diventa una sciabola che taglia fuori dal mercato alcuni tipi di tecnologie.

Una regola classica delle policy prevede il binomio strumento-obiettivo: uno strumento di policy per ogni singolo target. L’attivazione di più strumenti può essere controproducente, come testimonia l’esperienza dello stesso ETS che, condizionato da una pluralità di azioni UE, è rimasto incagliato per anni su prezzi delle quote così bassi da annullarne l’efficacia.

Vedremo, il tempo ci dirà come l’Europa sbroglierà il dilemma delle policy che altro non è che il riflesso del rebus della transizione. Un rebus che non si risolve mirando solo una delle due facce della luna, quella luminosa. 


Enzo Di Giulio è economista ambientale e membro del Comitato Scientifico di ENERGIA


Foto: Unsplash


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