10 Febbraio 2023

Gas/elettricità 2023 in Europa: la visione mediamente ottimista di Icis

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Pur in contesto che rimane delicato e sensibile a molteplici incertezze, il 2023 dovrebbe poter essere gestito con meno preoccupazioni e con più strumenti rispetto al 2022. Alcuni spunti dal report Icis EU gas and power outlook 2023.

Il 2022 è stato un anno molto complicato: l’invasione russa dell’Ucraina è un game changer che ha scombussolato relazioni internazionali, economie e sistemi energetici. Le commodity, sulla strada del rialzo già dal 2021, conoscono, almeno fino all’estate, una corsa senza freni, con quotazioni che hanno frantumato ogni record, con ripercussioni notevoli sulle bollette di famiglie e imprese.

Il mercato del gas era entrato  nel 2022 già corto sul fronte dell’offerta – con stoccaggi molto al di sotto della media, produzione in calo, flussi dalla Russia a malapena rispettosi degli accordi contrattuali e volumi di GNL minori di quelli attesi e contesi tra buyers europei e asiatici – e si ritrova nel corso dell’anno a dover fare i conti col venir meno del gas del principale fornitore di metano per l’UE.

Le forniture da Mosca vanno progressivamente diminuendo, determinando una nuova geografia dei flussi, a quello via tubo da Norvegia e Algeria si affianca il GNL, soprattutto americano, attratto dagli alti prezzi che l’Europa è ora disposta a pagare per strapparlo all’Asia.

Un 2022 di affannose e in parte dannose corse

Una corsa non solo tra Europa e Asia, ma anche tra gli stessi paesi europei, per riempire gli stoccaggi in vista dell’inverno, che ha determinato un’ulteriore escalation delle quotazioni, giunti ad oltrepassare, in media mensile, la soglia folle di 200 €/MWh. E alla quale si è aggiunta la corsa alle infrastrutture di ricezione del gas liquefatto nei paesi che ne sono deficitari. Ambito anche questo, nel quale sarebbe opportuno maggior coordinamento, per evitare inefficienze nella loro gestione, anziché un’autolesionistica concorrenza.

Tutto ciò fa si che la domanda di gas cominci a risentirne: la crisi inizia a mordere e spaventa lo spettro della de-industrializzazione, mentre un clima eccezionalmente mite e le misure di contenimento dei consumi poste in essere dai paesi su indicazione dell’UE (benché sia difficile quantificarne la portata) fanno il resto. Reggono, invece, i consumi di gas per il termoelettrico, perché se è vero che al peggio non c’è mai fine, quell’anno che ti viene a mancare una grossa fetta di metano, smette di piovere e le centrali nucleari d’oltralpe vengono fermate per manutenzioni non più procrastinabili.

Sul fronte elettrico, invece, il 2022 vede il mix di generazione in Europa cambiare, in parte, faccia per l’eccezionale crollo di nucleare ed idroelettrico: -118 TWh il primo (dati Icis) soprattutto in Francia (69% del calo totale per la chiusura temporanea di 32 su 56 reattori) e Germania (per la chiusura permanente nel 2021 di tre centrali); -64 TWh il secondo a causa della siccità.

Non compensano tali cali il maggior apporto del solare e dell’eolico (+59 TWh), non resta quindi che ricorrere alle vecchie, ma affidabili, fonti fossili: gas (+4 TWh) e carbone, che lungi dall’esser morto ha garantito, fra antracite e lignite, circa 25 TWh. Il resto lo ha fatto il calo della domanda (-4%) per il combinato disposto di crisi, clima mite, sensibilità dei consumatori.

Cosa ci aspetta nel 2023?

Quello delineato è, molto in breve, il quadro del 2022. Guardiamo ora cosa ci aspetta nel 2023, secondo la consultancy Icis che nel suo EU gas and power outlook 2023 mostra una visione “mediamente” ottimista. Pur in contesto che rimane delicato e sensibile a molteplici incertezze, il 2023 dovrebbe poter essere gestito con meno preoccupazioni e con più strumenti rispetto al 2022.

Lato offerta, la stima è di volumi di gas via tubo sostanzialmente stabili: scontata ormai l’indisponibilità o comunque la marginalità del gas russo, si dovrebbe poter contare su flussi costanti da Norvegia e Algeria. Il GNL, invece, continuerà ad essere cardine con una domanda che, secondo Icis, aumenterà almeno del 4% in ragione sia della ripartenza dell’impianto USA di Freeport (fuori uso da giugno scorso a causa di un incendio), sia per l’entrata in funzione nei Paesi Bassi e in Germania di diversi terminal.

Ma un’incognita pesante incombe sul mercato: i buyers asiatici, con la Cina in testa, i cui consumi di GNL nell’ultimo anno sono stati sottotono per molteplici ragioni (alti prezzi, rallentamento economico, politica zero-Covid di Pechino).

Gas: maggiore offerta e domanda ancora sottotono

Lato domanda, la stima è di consumi ancora sotto la media 2017/2021 per il combinato disposto di: temperature miti, nuova campagna di ricostituzione delle scorte, misure di contenimento dei consumi (per un risparmio previsto del 15-20%) e il ritorno, anche se ancora lontano dal pieno regime, del nucleare francese che eroderà spazio al gas nella generazione elettrica.

Ovviamente, del domani non c’è certezza: basta una coda di inverno o un inizio primavera di freddo, una ripresa più veloce del previsto dell’industria, o una nuova fame di energia degli acquirenti asiatici a far rivedere le proiezioni.

Tutto ciò avrà delle evidenti conseguenze sui prezzi, che dovrebbero mantenersi molto più bassi rispetto ai livelli record dell’anno passato, anche se difficilmente potrebbero rientrare fino ai livelli pre-crisi.

Sembra unanime fra i vari istituti di ricerca l’idea che ormai un new mood sui prezzi sia strutturale, anche se persiste qualche voce fuori dal coro, come quella del direttore di ENERGIA Alberto Clò. Ancora una volta però, l’andamento delle quotazioni potrebbe essere suscettibile, tanto al rialzo quanto al ribasso, degli eventi che segneranno il mercato nei prossimi mesi. In ogni caso, qualora dovessero salire troppo, dal 15 febbraio potrà essere applicato il price cap! (ammesso e non concesso che sussistano tutte le condizioni necessarie).

Mercato elettrico: permane una forte volatilità

Tra le variabili che possono impattare sui prezzi del gas c’è il clima, in grado di incidere massicciamente sulla domanda di gas quanto sulla producibilità delle rinnovabili. Quel che contribuisce al permanere di una forte volatilità nel mercato elettrico.

Lato offerta, la più grossa novità dovrebbe essere il ritorno del nucleare francese, anche se a 38 TWh da atomo recuperati fanno da contraltare quelli persi dalla dismissione delle centrali belghe e tedesche (-40 TWh circa). Anche l’idroelettrico dovrebbe fare meglio dell’annus horribilis appena passato, anche se ancora è difficile capire in che termini. Buone dovrebbero essere infine le performance di solare ed eolico: +82 TWh attesi, sempre meteo permettendo!

Lato domanda, invece, così come per il gas, a meno di eventi al momento solo ipotizzabili, i consumi dovrebbero mantenersi contenuti: d’altronde la crisi non è ancora passata e i prezzi sono ancora troppo alti da pensare a una ripresa rapida dei consumatori industriali.

Che la proposta di riforma del mercato elettrico avanzata dalla Commissione possa fungere da risoluzione al problema del caro energia in Europa già da questo anno non è tesi credibile nemmeno per gli analisti Icis. Maggiore è il rischio che la fretta produca misure mal pensate (ill-thought-out measures). Preoccupazione d’altronde condivisa e condivisibile.


Agata Gugliotta è analista di politiche energetiche, collabora con Rie-Ricerche Industriali ed Energetiche


Foto: Pixaby

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