Il gas naturale è tornato al centro dello scacchiere energetico mondiale, proprio quando l’Unione Europea e i principali scenari internazionali ne annunciavano la fine. Servono nuova capacità produttiva, ma le compagnie sono riluttanti. Si installano nuove infrastrutture, ma la domanda deve calare. L’analisi di queste contraddizioni nell’articolo di Alberto Clò su ENERGIA 1.23.
L’incertezza che ha sconvolto il quadro energetico mondiale e non solo nel triennio 20-21-22 ci spinge ad offrire nel primo numero dell’anno, più di quanto siamo soliti fare, una prospettiva di ciò che il 2023 ci potrebbe riservare, a livello macroeconomico (con Sergio De Nardis) e dei diversi mercati energetici, dal petrolio (con Ed Morse e Francesco Martoccia) all’elettrico (con Alessandro Sapio).
Quelle del mercato del gas sono affidate alla penna del nostro direttore Alberto Clò che, dopo aver ammonito già nell’agosto 2021 a non sottostimare l’impennata dei prezzi del gas, ha continuato a monitorare con attenzione “la più grave crisi dal 1973”, scrivendone numerosi commenti su RivistaEnergia.it, diversi articoli su ENERGIA (si vedano i numeri 4.21, 1.22 e 2.22) e il saggio Il ricatto del gas russo.
Una duplice contraddizione da cui dipendono gli equilibri energetici mondiali ed europei
Commenti e analisi che si sono avvicendate con quelle di altri esperti del mercato, come Goldoni e Repetto che, sempre su ENERGIA 1.22, hanno ricostruito l’evoluzione del mercato del gas e il sistema di formazione dei prezzi o Paltrinieri e De Giorgio che su ENERGIA 3.22 si sono concentrati sugli aspetti tecnico-finanziari di TTF e Henry Hub.
In questo nuovo articolo, Clò esamina le 2 grandi contraddizione destinate a segnare il futuro del gas naturale: “Da un lato, la necessità di ampliare la capacità estrattiva di petrolio e metano a fronte della ritrosia delle compagnie a riprendere stabilmente una crescita degli investimenti. Dall’altro, la necessità di investire nelle infrastrutture di metano e nella sottoscrizione di nuovi contratti di importazione di lungo termine a fronte della prospettiva di crollo della sua domanda da qui a fine decennio, se i piani decisi dalla Commissione verranno realizzati ed accettati di buon grado dai governi dei paesi europei.”.
Dal modo in cui si risolveranno queste contraddizioni, a suo dire, dipenderanno gli equilibri energetici mondiali ed europei.
Prima grande contraddizione: il dilemma delle compagnie
L’introduzione contestualizza i due motivi del ritorno del metano (crisi energetica e ricatto russo) e le due priorità che ne sono conseguite (nuova capacità estrattiva per soddisfare la domanda mentre si cerca di affrancarsi dalle forniture russe). “Priorità che richiedono su entrambi i versanti nuovi copiosi investimenti, da adottarsi in una situazione di grande incertezza sul futuro prossimo e remoto.”
L’autore prende quindi in esame la prima grande contraddizione: il dilemma delle compagnie (par. 1) come fronteggiare l’insufficienza della capacità estrattiva da cui originò la crisi energetica a fronte della “ridotta disponibilità delle compagnie petrolifere occidentali ad accrescere gli investimenti minerari, motivata da più ragioni”.
“Le compagnie stanno affrontando una sfida esistenziale, schiacciate da sentimenti pubblici negativi e da richieste di boicottaggio (…) vanno di conseguenza tirando i remi in barca nei loro business tradizionali, cercando piuttosto di massimizzare gli shareholeder returns, con più dividendi per azione e operazioni di buy back per sostenere l’attrattività degli investitori e ridurre l’esposizione debitoria”.
Seconda grande contraddizione: il dilemma della domanda
Segue l’analisi della seconda grande contraddizione: il dilemma della domanda (par. 2), ossia “l’impegno vincolante dei governi dell’Unione Europea a ridurre nel giro di pochi anni la domanda di gas naturale nonostante si stiano effettuando copiosi investimenti nelle sue infrastrutture e concludendo nuovi contratti di importazione di lungo termine”.
Per inquadrare il dilemma, l’Autore mette a confronto gli scenari tracciati dall’Agenzia Internazionale per l’Energia con gli investimenti in essere in infrastrutture di generazione e distribuzione legate al gas naturale, destinate a produrre un effetto lock-in e quindi ad attenuare il calo della domanda.
La terza parte si concentra sugli impegni legali a ridurre la domanda nell’Unione Europea nel quale agli scenari di Parigi si sostituiscono gli impegni assunti dai governi europei nei piani Fit for 55 del 2019 e REPowerEU del 2022, nonché i vincoli della European Climate Law del 2021.
Delle due l’una
“delle due l’una: se gli Stati europei ritengono che i piani per la transizione energetica dell’Unione siano impossibili da perseguire o comunque contraddittori rispetto ad altre prioritarie esigenze nazionali, allora sarebbe opportuno lo denunciassero, realizzando in tal caso gli investimenti che reputano necessari ed urgenti. (…) Qualora gli Stati ritengano invece che tali piani siano pienamente perseguibili, rinuncino conseguentemente a investire, assumendosi però in tal caso rischi di enorme portata.”
“Seguire entrambe le vie – in assenza di una qualsiasi parvenza di programmazione energetica di lungo periodo – non può che portare a dissennate perdite di denaro dell’intera collettività o a scarsità di offerta che procurerebbe non minori danni.”
Nelle conclusioni (par. 5) trova spazio una riflessione sulla permacrisis che stiamo attraversando, “che il dizionario britannico Collins definisce come «un periodo esteso di instabilità e insicurezza»”, la cui incertezza intrinseca riduce di molto l’affidabilità degli scenari, rendendo ancor più difficili le decisioni di lungo periodo che vanno adottate oggi.
Il post presenta l’articolo di Alberto Clò Le due grandi contraddizioni nel futuro del gas naturale (pp. 16-23) pubblicato su ENERGIA 1.23
Alberto Clô è Direttore responsabile rivista «Energia»
Foto: Unsplash
Per aggiungere un commento all'articolo è necessaria la registrazione al sito.
0 Commenti
Nessun commento presente.
Login