Il ridursi della pandemia e, pur parzialmente, dei prezzi del gas naturale potrebbero avviare tendenze opposte a quelle stagflazionistiche del 2022, inaugurando un anno di passaggio verso la ripresa. Il tradizionale appuntamento nel primo numero dell’anno di ENERGIA con lo scenario macroeconomico tracciato da Sergio De Nardis.
Come orientarsi in un contesto caratterizzato da forte incertezza? Nel primo numero di ENERGIA del 2023 cerchiamo di diramare le principali sfide che ci attendono i mercati dell’energia, a partire dal gas naturale (con Alberto Clò) del petrolio (con Ed Morse e Francesco Martoccia), dell’elettricità (con Alessandro Sapio).
Premessa necessaria per tentare di prevedere come si muoveranno questi mercati nel breve-medio periodo è partire dallo scenario macroeconomico e dalle sue variabili fondamentali. Lo facciamo come ogni anno grazie al contributo di Sergio De Nardis (Luiss School of European Political Economy).
Possibili tendenze opposte a quelle stagflazionistiche del 2022 e un miglioramento definitivo nel 2024
Se lo scenario tracciato a inizio 2022 era stato immediatamente stravolto dall’invasione russa dell’Ucraina, che allargava verso il basso la forchetta dell’incertezza, il 2023 pare orientarsi con maggior fiducia verso un lento miglioramento di prospettiva (par. 1). Con la prima parte dell’anno caratterizzata dagli effetti negativi dei rincari energetici e dei tassi di interesse, mentre la seconda dall’intensificarsi dei processi di disinflazione, tali da indurre allentamenti delle restrizioni monetarie a vantaggio della ripresa delle economie.
Su questa prospettiva potrebbero influire rischi di segno opposto: di ribasso (evolversi della guerra, contrapposizione di blocchi geopolitici, condizioni finanziarie) o di rialzo (consumi insoddisfatti, accelerazione della disinflazione, spinta della transizione energetica).
L’articolo prosegue esaminando l’andamento dell’economia, le dinamiche inflattive e i principali interventi di politica monetaria e fiscale adottati per riportare le economie su una traiettoria di crescita. Confrontando le aspettative sul 2022 con i risultati economici registrati, la resilienza delle economie (par. 2) è stata più forte delle attese: “l’Europa era attesa crescere del 2,8-3%. Il tasso di incremento del PIL europeo è stato invece del 3,5%”.
Il risparmio forzoso delle famiglie dei periodi di lockdown potrebbe continuare a dispiegare effetti positivi nel corso del 2023
Da cosa è dipeso questo scarto tra previsioni e realtà? Lo shock energetico, per De Nardis, è stato attutito nel 2022 soprattutto da tre elementi:
- comportamenti virtuosi di imprese e famiglie nel ridurre i consumi,
- aiuti dei governi,
- buffer dei risparmi pregressi: “Per l’Italia è stimabile a fine 2022 nell’ordine dei 150 miliardi (Fig. 2), pari all’8% del PIL (una percentuale simile si ha per l’area euro)”.
“C’è tuttavia il rischio che l’eventuale prosecuzione nel 2023 dei fenomeni di resilienza delle economie risulti, in qualche misura, in contraddizione con gli obiettivi delle banche centrali che mirano, invece, a raffreddare le dinamiche produttive per riportare l’inflazione al target della politica monetaria (2%)”.
Una resilienza in contraddizione con i dettami delle banche centrali?
Quanto è concreto questo rischio? L’articolo risponde a questa domanda distinguendo il caso degli Stati Uniti (e della Federal Reserve), da quello dell’Unione Europea (e della Banca Centrale Europea), poiché l’inflazione, al di là e al di qua dell’Atlantico, ha avuto una diversa origine: eccesso di domanda dopo i lockdown dovuto a forti stimoli fiscali, negli Stati Uniti; shock energetico in un contesto di deboli consumi in Europa (par. 3. Inflazione e politica monetaria).
In entrambi i contesti, le Banche Centrali hanno proceduto ad aumentare i tassi di interesse. Tuttavia, “il compito della Federal Reserve è relativamente più semplice, perché la causa dell’inflazione (troppa domanda) è direttamente controllabile con lo strumento che ha a disposizione (…). La BCE non ha invece un controllo diretto sulla causa primaria dell’inflazione (shock energetico) ed è per di più percorsa nel suo Board da diversità di visioni circa l’approccio da seguire (tipicamente «falchi» e «colombe»)”.
In assenza di nuovi shock, la politica monetaria potrebbe allentare il percorso tracciato
Per tornare alla domanda iniziale sul rischio di un possibile conflitto tra recupero economico e politica antinflazionistica), “la risposta è che questo conflitto potrebbe non verificarsi, se il calo dei costi energetici in atto prende a trasferirsi senza eccessivi ritardi lungo la catena della formazione dei prezzi e se non si mette in moto una spirale prezzi-salari”.
Al di là del breve periodo (l’anno in corso), sulla prospettiva di medio-lungo termine incidono le nuove rotte che stanno prendendo le politiche economiche/industriali nelle varie aree del mondo (par. 4. Prospettive della politica economica).
Tra gli interventi pubblici più rilevanti per la concorrenza internazionale ci sono l’ambizioso Made in China 2025 e l’Inflation Reduction Act degli Stati Uniti, il piano da circa 400 miliardi di dollari volto a sostenere la transizione energetica e l’industria nazionale. Una deriva protezionistica che, sottolinea l’Autore richiamando Paul Krugman, “può essere un costo inevitabile da pagare se è necessario far passare provvedimenti funzionali al raggiungimento di un obiettivo superiore e non rinviabile, quale è il contrasto al disastro climatico”.
La deriva protezionistica di un’economia iper-globalizzata
Cosa dovrebbe fare l’Europa per non subire questa competizione? Le opzioni al vaglio sono approfondite nell’articolo di Georgina Wright (Institut Montaigne) pubblicato nello stesso numero di ENERGIA. Tuttavia, De Nardis ne evidenzia alcuni limiti, come il rischio di inefficienza e inadeguatezza nel caso di allentamento delle regole sugli aiuti di Stato: “l’obiettivo ha infatti una scala europea e molti paesi non hanno, per i vincoli di finanza pubblica, lo spazio fiscale per affrontare la portata della sfida”.
Una sfida epocale, che l’Autore non è certo riusciremo a affrontare come necessario, come emerge dalla dura chiosa sulle “le tradizionali divisioni europee”, che “fortemente attutitesi con la pandemia, stanno riemergendo proprio quando diviene necessaria l’azione congiunta verso un comune obiettivo epocale e le altre grandi economie hanno preso a muoversi con decisione nella direzione della promozione del cambiamento”.
Il post presenta l’articolo di Sergio De Nardis Scenario macroeconomico 2023-2024 pubblicato su ENERGIA 1.23 (pp. 30-25)
Sergio De Nardis, Luiss School of European Political Economy
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